“La santità del padre” su SoloLibri.net
La santità del padre di Giuseppe Foderaro
Arkadia Editore, 2021 – Guardandoci bene dal minimo accenno al segreto che giustifica tutto l’impianto narrativo e che si apprenderà regolarmente, ecco il nuovo romanzo dello scrittore milanese che parla di alpinismo ma non lo ama.
Sono belli, biondi, con l’incarnato chiaro Lorenzo e Ludovico Coisson, ragazzini italiani nelle Antille, amati da tutti nella missione dei gesuiti e fuori. Sono nati uno poco tempo dopo l’altro da genitori giovani esiliati ai Tropici su consiglio del fratello prete di papà Osvaldo, per una gravidanza indesiderata e un matrimonio riservato, in avvio del romando di Giuseppe FoderaroLa santità del padre, pubblicato a giugno dalle edizioni Arkadia di Cagliari, nella collana Eclypse (2021, 214 pagine). È una storia di crescita e di formazione, che vive di estremi, di diversità che coesistono, di due in uno: la natura selvaggia del Centro America caraibico e quella asettica delle Alpi in Europa, cicloni devastanti e il candore spesso immobile e freddo delle nevi, i valori cristiani e le superstizioni pagane, le regole e la trasgressione. I due fratelli crescono unitissimi. Sono fisicamente differenti, il primo asciutto ed esile, Ludovico più robusto e prestante. Sono caratterialmente all’opposto, uno affabulatore, immaginifico e tuttavia dispersivo, l’altro per niente espansivo, silenzioso, ma concreto e operativo. La cosa principale è che si completano, stanno bene insieme, sono in costante comunicazione extraverbale. Hanno avuto l’opportunità unica di crescere in un mondo senza uguali, un Paese incantato. I genitori sono stati combattuti tra il vederli crescere come due ribelli, senza patria e senza dio, ignari al ritorno in Italia delle regole non scritte in una società civile e il timore che diventassero sofisticati, freddi, altezzosi. Ancora peggio: che si ritrovassero emarginati, incapaci di adeguarsi a un contesto sociale più restrittivo e formale. Come sempre, il problema è risolto dallo zio sacerdote, che in attesa di organizzare il rientro, consiglia un valido istitutore, Padre Andrè. Intanto i due, attraenti, disinvolti, capaci di esprimersi in italiano e francese, hanno imparato ad avere rispetto allo stesso modo di tutte le autorità, quelle ecclesiastiche dei gesuiti e quelle non ufficiali degli stregoni del villaggio. Si sono formati ascoltando le credenze locali tramandate oralmente e divorando tutti i testi della biblioteca della missione. Intelligentemente, il loro precettore si guarda bene dall’arginare la voglia di libertà dei ragazzi, tanto meno tentare di domare la loro volontà inflessibile, ritenendole qualità innate, da incanalare semplicemente nella giusta direzione: guardare ad alti ideali e fantasticare sulla costruzione di un mondo migliore. Il progressivo aggravamento delle condizioni di salute della moglie, convincono Osvaldo Coisson a condurre i ragazzi in Europa, per lasciare a Leda il tempo di “fare chiarezza su se stessa”, di “accomiatarsi dal mondo con serenità”, evitando allo stesso tempo ai due di soffrire per quello che le sta capitando. A questo punto i lettori — senza conoscere ancora i particolari — apprendono di un segreto custodito dai coniugi e ignorato dai ragazzi. Il padre è consapevole di dover fare la scelta da solo, pensando prima ai figli che a se stesso. Senza Leda, un luogo varrà un altro, l’importante sarà ripartire da capo, in un posto nuovo, in cui siano degli sconosciuti, dove nessuno farà domande e non ci saranno spiegazioni da fornire a questioni imbarazzanti. Il segreto dovrà tenere, almeno fino alla sua morte, Lorenzo e Ludovico non sono pronti a conoscerlo. Anzi, è Osvaldo che non si sente pronto a rivelarlo. Forse ne parlerà al maggiore, prima della fine. Il resto lo affiderà a un testamento spirituale, per non trovarsi di fronte a cosa fare… Sì, è un passaggio piuttosto criptico, ma necessariamente. E comunque troverà una spiegazione. I tre vanno in Europa, per i fratelli è la prima volta. Foderaro descrive bene la meraviglia innocente dei fratelli per quello che vedono. Non hanno occhi che per i grandi edifici in marmo, le vecchie chiese di pietra, i campanili svettanti verso il cielo. Cose che hanno visto finora solo nelle illustrazioni sui libri. Osvaldo lo ritrova invece un mondo ostile, trafficato, convulso, pieno di gente estranea in movimento, che passa indifferenti accanto a cumuli di immondizia. A questo punto, comincia una fase nuova a casa Coisson, sulle Alpi. L’educazione in Europa è più strutturata rispetto alle Antille, le regole pretendono osservanza e nessuna indipendenza nel collegio dei gesuiti in montagna, dove sempre lo zio prete ha voluto che avvenisse la formazione. Il romanzo si focalizza soprattutto su Lorenzo, anche per un incidente che lo condiziona pesantemente. Con Ludovico sempre pronto a supportarlo, impara a dissimulare, a fingere condiscendenza nei riguardi delle convenzioni, a nascondere le debolezze, il carattere. La società occidentale in cui si ritrovano è in costante competizione. Non è la loro, non vi si riconoscono, ma devono viverci. Poi arriva una notizia da Roma, dal nuovo conclave. Giunto a un buon terzo, il libro prende un altro ritmo, da discorsivo-preparativo ad attivo-operativo. Nell’insieme e senza trascurare la nostalgia sempre latente per la vita naturale che si conduceva nell’isola, è un romanzo che incuriosisce e prepara la rivelazione, sempre sospesa…
Felice Laudadio
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