“La santità del padre” su Mangialibri
LA SANTITÀ DEL PADRE
A seguito di un misterioso evento che potrebbe arrecar loro disdegno sociale, i coniugi Coisson sono costretti a emigrare per un lungo periodo nelle Antille, alle prese con una vita immersa nella natura primordiale, molto diversa da quella di città: in questo contesto verranno alla luce i loro figli, Lorenzo e Ludovico, che fino a circa dieci anni di età quindi non vedranno mai una città. La mamma, però, già malata al momento della partenza per le isole, dopo aver resistito a lungo non ce la fa: per il signor Coisson e prole si apre una nuova vita, in cui i ragazzi conosceranno gioie e dolori dell’alpinismo, sport che scoprono ben presto essere il loro prediletto, avranno le loro prime esperienze sessuali – non tutte completamente ortodosse – e svilupperanno una personalità concreta e tutta tesa al risultato, sull’onda degli insegnamenti ricevuti dai Gesuiti. Anche se entrambi sono focalizzati più sulle mete e sulle ambizioni che sui rapporti umani, è Lorenzo quello dei due che rischia più di perdersi per strada, scoraggiato da 2/4 un incidente che gli sta facendo perdere quasi del tutto la propria forza morale. Tutto muterà per lui, e si farà gradualmente più luminoso, quando uno zio dei Coission, lo “zio prete” che a lungo è stato nume tutelare dei due fratelli, diventa niente meno che Sommo Pontefice e decide di assegnare un incarico proprio al nipote… Prevalentemente romanzo di formazione, anche se scritto con un’ottica a tutto tondo che non si focalizza mai pienamente solo sul punto di vista di un protagonista, questo libro non è affatto di semplice lettura: è riuscitissimo, potente e poetico nelle descrizioni quanto vacillante e incerto nella struttura generale. Quasi “dimentica” il discorso diretto, che nell’intera prima metà del romanzo è usato in sole due pagine, con ovvie ripercussioni sulla dinamicità e scorrevolezza della storia; e soprattutto, come si accennava, per lungo tempo – diciamo fino all’ultimo terzo della trama che è più intrigante e avvincente – rischia di divenire dispersivo non permettendo al lettore di concentrare la propria attenzione su un preciso personaggio e sulle proprie vicende. Non vi sono dubbi sull’originalità della storia, sia per argomento sia per intreccio, ma il suo dipanarsi resta a lungo compresso, nascosto nella mente dell’autore, che poi le lascia briglie sciolte solo nell’ultima parte, dove appunto l’opera assume i chiari caratteri del romanzo di formazione. Verosimilmente il senso profondo del libro è da riscontrarsi nel tema della ricerca di sé, attraverso le riflessioni sugli episodi della propria vita, ma anche tramite l’esplorazione della natura circostante, e non da ultimo grazie alla scoperta profonda e sincera del sacro. Una maggiore fusione e compattezza tra questi elementi, presi singolarmente molto ben tratteggiati, avrebbe senz’altro giovato al comunque positivo risultato finale.
Giuseppe Cirillo
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