“La ragazza dell’Opéra” su GLI STATI GENERALI
LA BIOGRAFIA IMMAGINIFICA DI UN PETIT RAT
La ballerina è raffigurata in piedi, può darsi in pausa, oppure nell’istante che precede l’inchino con il quale solitamente ringrazia, non importa se il pubblico, il fato che le consente di esprimersi nell’arte, o Dio che riserva la sua misericordia a chi ha da sopravvivere alla miseria. Ha le braccia rivolte verso la schiena e nascoste dal tutù. La gamba destra avanza appena, mentre la sinistra regge il corpo leggermente più indietro. Il volto della giovane, tenero e assorto, è rivolto verso l’alto. Un corpetto stringe il busto della danzatrice e blocca nella parte superiore il tutù in tela plissettato. Infine, i capelli, raccolti da una acconciatura parsimoniosa che li riunisce sulla nuca. È “La piccola ballerina di quattordici anni”, di Edgar Degas, celebre statua in cera, alta 98 cm, esistente anche in diverse versioni in bronzo, di cui una esposta al museo d’Orsay, a Parigi. Ecco, se al romanzo di Adriana Valenti Sabouret, “La ragazza dell’Opera”, edito da “arkadia”, si volesse accostare un’immagine iconografica, questa non potrebbe essere che la complessa e intensa opera scultorea di Degas, da cui i critici dell’epoca furono letteralmente scandalizzati. Non rappresentava, a loro dire, i canoni universali della bellezza adolescenziale. Ma al grande artista ottocentesco non interessava affatto raffigurare la grazia convenzionale delle ballerine adolescenti dell’Opera, preferendo rappresentarle nel realismo che modellava le loro esistenze, colto così bene dall’attenta e avveduta Valenti Sabouret, che narra una straordinaria autobiografia immaginaria, dove la scrittura, col suo segno estetico, colora di tonalità naturali i sentimenti, le mode e le relazioni sociali di un Ottocento europeo ancora chiuso alla modernità che ne rinnoverà i costumi. “Un giro di vita lusinghiero, e una silhouette in cui brillano in egual misura la grazia e la maestà, una bellezza rara che esalta ulteriormente una fisionomia felice e le forme soavi che Mademoiselle Emile Desmoulins porta in scena a ogni sua vibrante rappresentazione…”: così, viene descritta la protagonista del romanzo, “Milly”, una creatura di umile estrazione, che riflette l’ambiguità di un mondo in transizione, nel quale la legge aveva da poco abbassato il limite massimo del lavoro infantile da sedici a dieci ore e l’arte incominciava a rivoluzionarsi. La Milly sabouretiana, talentosa e tormentata ballerina, interpreta il paradosso della giornata trascorsa tra decori lussuosi, scenografie e costumi costosi, per esibirsi di fronte a un pubblico elegante e libertino, esprimendo con le movenze del corpo lo spirito delle tragedie rappresentate, per tornare la sera nella miseria familiare di una spoglia casa di quartiere, condivisa con una madre che aveva riposto su di lei ogni ambizione. Parigina di adozione, la scrittrice di origine siciliana ha plasmato un racconto mantenuto sapientemente nell’atmosfera di un verismo che non ne ha mai inclinato la valenza storica, sì da apportare al romanzo il contorno necessario e irrinunciabile per esprimere in maniera autentica e senza inganni il sentimento dell’amore, tra la grazia della danza e l’imperizia dell’età giovanile, onori e povertà, sfruttamento e ipocrisia: un quadro realistico e veritiero, dove il limite tra le danzatrici dell’Opera e il marciapiede si era assottigliato, tant’è che queste venivano soprannominate con l’appellativo sprezzante di “petit rat” (topoline). Non di rado, infatti, le ballerine dell’epoca, per mantenere la famiglia, erano costrette a cedere alle avances degli uomini nobili del pubblico. E, qui, l’autrice descrive a meraviglia il contrasto netto tra il gesto scenico e danzante, sintomatico di una bellezza senza perché, e la disarmonia della realtà, che svilisce l’esistenza stessa. Il realismo offusca la grazia, ma non distrugge il sentimento dell’amore, che a prescindere dai risvolti finali alimenta e mantiene viva, più di ogni altra cosa, la speranza di Milly, un personaggio di grande impatto, pronto a rivelarsi nella sua drammaticità, con la chiarezza e la ricercatezza delle grandi figure letterarie. Dovessi sintetizzare il romanzo di Adriana Valenti Sabouret in una sola frase, direi che è “una notevole biografia immaginifica immersa in una imprescindibile coreografia veristica.” Un’opera dalla cifra letteraria certa e con uno stile appropriato, per una lettura esigente.
Oscar Nicodemo
Il link alla recensione su GLI STATI GENERALI: https://bitly.ws/39EzT