“La ragazza andalusa” su Tropismi
La ragazza andalusa – il primo romanzo di Alessandro Gianetti
Lui è un ragazzo italiano emigrato in Spagna per fuggire, forse, da qualcosa e cercare una stabilità che sembra avere le forme di uno stentato tentativo di arrivare a fine mese senza troppi inghippi.
Lei, Beatriz, indossava un foulard colorato che le avvolgeva il collo: gettava gli occhi a zonzerellare mantenendosi composta.
La storia tra il nostro protagonista e Beatriz inizia così, da una coincidenza, e finisce quasi duecento pagine dopo più o meno allo stesso modo, per una serie di coincidenze.
La ragazza andalusa, primo romanzo di Alessandro Gianetti edito da Arkadia Editore è senza dubbio il racconto di una storia d’amore. Il protagonista e Beatriz si incontrano per caso una notte di inizio estate e, come tante altre storie che conosciamo o abbiamo sentito, iniziano una storia che percorre i chilometri che separano Madrid e Siviglia in una Spagna segnata dalla crisi del 2015.
Tre sono i fili conduttori del romanzo: un Paese in crisi, il viaggio, e la lingua. Tutti e tre sono strettamente legati tra loro, tutti e tre partecipano ugualmente allo svolgersi della storia.
Sebbene il romanzo ruoti attorno alla complessa ed enigmatica storia d’amore dei due protagonisti, la questione della crisi economica che ha investito la Spagna non è marginale. Gli incontri, i viaggi, e perfino l’ultima parte della storia, sono scanditi dall’andamento della situazione spagnola. Il protagonista riuscirà a trasferirsi a Siviglia, momento cruciale per la sua relazione con Beatriz, proprio perché rimasto senza lavoro.
Se dovessi cercare un’espressione adatta a descrivere l’amore al centro di questo romanzo, userei molto probabilmente la formula in itinere nel senso più strettamente letterale del termine. L’amore tra il protagonista e Beatriz è un amore in viaggio.
Viaggiare si trasformò in un secondo alfabeto per parlare con lei, con Beatriz, che con il suo nome sorvolava su quasi tutto l’alfabeto, dalla B alla Z. Mancava soltanto la A, la lettera iniziale, per completare il tragitto. Viaggiare è disporre un punto di partenza, uno d’arrivo, e annotare cosa succede nel frattempo.
L’autore nel romanzo fa proprio questo. Fissa un punto di partenza: l’incontro causale con Beatriz. Fissa un punto d’arrivo: il parco del Buen Retiro. Nelle pagine che collegano i due momenti annota cosa succede nel frattempo: i viaggi, gli aperitivi, le mostre, le serate nei teatri.
Arriviamo all’ultimo nodo del romanzo: la lingua. Beatriz e il protagonista parlano e vivono il linguaggio in maniera diametralmente opposta. Lui, che è un traduttore, vive con le parole. Lei, invece, ama le foto e i silenzi.
Ognuno ha le proprie deformazioni professionali e io, in fin dei conti, ero un traduttore. A volte cercavo di tradurla. Non le singole frasi che diceva: cercavo di tradurre lei, Beatriz, tutta intera. Era un’operazione assurda, utopica, ma avevo un disperato bisogno di capire con chi avessi a che fare. Cercavo di trasportarla nel mondo delle mie parole italiane.
Per quanto il protagonista si sforzi, ogni suo tentativo di parlare con Beatriz o di farla parlare risulta vano.
Quando parlavo con Beatriz avevo l’impressione che impiegasse molto tempo a scartare le frasi che non voleva che varcassero il confine della sua mente. […] Beatriz rifletteva per giorni, in silenzio, mentre registrava altri avvenimenti. Scartava le relative risposte perché doveva prima studiarle e perfezionarle, era il risultato del suo respiro verbale profondo.
Beatriz è misteriosa, è un personaggio con il quale fatichiamo a entrare in empatia, a familiarizzare. È un libro al quale non riusciamo a dare la giusta chiave di lettura. Noi e l’autore siamo accomunati dalle stesse sensazioni – attrazione inspiegabile e senso di vuoto – verso ciò che non riusciamo a comprendere.
Non posso dire che Beatriz mi abbia ingannato. Posso soltanto dire che il silenzio in lei prevaleva sul verbo, e conformava una specie di omertà. E così, proprio come è entrata nella nostra storia e nella vita del protagonista – composta, compassata – Beatriz uscirà di scena – leggera, lacrimosa e ferma.
Paola D’Aulerio
Il link alla recensione su Tropismi: https://bit.ly/3pczeou