“La ragazza andalusa” su I libri di Mompracem
Da quasi alla testa, come l‘iperventilazione prima dell’apnea, l’incipit dell’ultimo romanzo di Alessandro Gianetti, La ragazza andalusa, uscito per i tipi di Arkadia. L’attimo prima siete chiusi nella vostra stanza a sbirciare dalla finestra o ad ascoltare il bollettino giornaliero dei contagi e poi, non in un attimo ma in due pagine, siete trascinati in quel che resta della movida madrileña negli anni degli Indignados, tra crisi economica e volontà di riscatto. Passate di bar in bar – non ancora tutti identici come in altre parti del mondo – in una conturbante Festa mobile, condotti dall’alter ego di Alessandro, traduttore fiorentino che ha abbandonato l’Italia per la Spagna diversi anni or sono (lui o il protagonista senza nome? Sono domande da non fare). In uno di questi bar dal nome formidabile, Mi madre era una Groupie, incontra una ragazza e cede – senza troppa fatica – al suo mistero, cede cioè alla tentazione diabolica di possederla tramite gli strumenti del suo lavoro/arte, cioè di tradurla. Verrebbe voglia di avvertirlo con le parole di Borges… non farti ferire con l’ansia di fissarlo in parole. Ma servirebbe? Ovviamente no.
A volte cercavo di tradurla. Non le singole frasi che diceva: cercavo di tradurre lei, quella ragazza, tutta intera.
Ma la ragazza andalusa si nega all’assedio delle parole del protagonista rifiutando di entrare nella sua comfort zone o meglio di avvicinarsi alla zona di pericolo che nella corrida è delimitata dal raggio d’azione del toro (c’è molto García Lorca in questo libro, ma mescolato a Kurt Cobain, Cervantes, Verlaine, insieme a favolosi gruppi musicali che non cito incorrendo nel peccato d’omissione). La protagonista, Beatriz o ragazza dal maglioncino bianco, sfugge perché non si presta al gioco delle parole e si pone in un altro campo, quello erotico del linguaggio del corpo, poiché la lingua occasiona spesso delle incomprensioni, il corpo mai.
– Ma mi farebbe molto più piacere sapere che sei mia non soltanto sotto e sopra, ma anche dentro.
– Dentro dove? Dentro. La vidi ridere. Dentro non sono di nessuno.
Potrebbe essere un dialogo de La ragazza andalusa, ma in realtà è La noia di Alberto Moravia ambientato in una Roma anni ’60 dai connotati molto simile alla Madrid del 2015. E l’andalusa Beatriz ha molto sia della Cecilia di Moravia sia della Catherine Spaak della trasposizione cinematografica di Damiano Damiani. Stessa impossibilità di conquista con buona pace di tutti i maschi che scrutano le donne come fossero un territorio inesplorato. Potremmo continuare a lungo sulle analogie di questi due romanzi, l’ansia di possesso in primis, capitalista da una parte, intellettuale dall’altra, ma ci porterebbe fuori strada perché il fascino della ragazza andalusa non è solo nel suo essere irraggiungibile/intraducibile, ma anche di essere una sensuale guida nell’addentrarsi in un’Andalusia profonda, in quel grand tour ispanico che è l’itinerario da Madrid a Siviglia sulle tracce dei più grandi scrittori spagnoli. Siviglia è l’immagine da cartolina più consueta della Spagna – flamenco, profumo d’arance e plaza de toros -, ma il nostro protagonista le conferisce un’incredibile, quotidiana vitalità, mentre la città dell’Inquisizione si ravviva e ci porta lontano come oggi desideriamo. L’inseguimento e il tentativo di ratto si svolgono attraverso la toponomastica tutta religiosa di Siviglia – che agli occhi di un laico fiorentino sembra alquanto strana -, in un’opera di ammaliamento totale, mentre si scopre che gli andalusi pensano cantando, infatti alla prima assonanza con una canzone flamenca, smettono di parlare, cantano e battono le mani. Dunque, romanzo di viaggio, di educazione sentimentale o raffinato esercizio del traduttore di una generazione Erasmus non ancora tradita? Non ci piacciano le categorie e d’altronde Alessandro stesso ci dice che: si scrive per raccontare la meraviglia e tanto ci basta. Noi che crediamo al mistero assentiamo e non sveliamo l’epilogo dell’assedio della ragazza andalusa: diciamo solamente che Alessandro Gianetti oggi vive a Siviglia.
Massimiliano Scudeletti
Il link alla recensione su I libri di Mompracem: https://bit.ly/3nDUIsP