“La porta dipinta” su SoloLibri
La porta dipinta di Piero Isgrò
Arkadia Editore, 2021 – Isgrò scrive d’amore e di storia, porta i lettori nella Cecoslovacchia del 1969 invasa dai russi e nelle vicende sentimentali e di formazione di un giovane siciliano, incapace di fare sempre le scelte giuste.
Quanto mai attuale. In Cecoslovacchia, nel luglio 1969, i carri armati con la stella rossa sferragliano ogni tanto nelle strade, per ricordare ai ceki di “stare zitti e continuare a servire”. L’estate prima, i russi avevano occupato Praga, per spegnere la primavera libertaria. Alla viglia degli anni Settanta, a Berlino c’è il muro, i vopos sparano senza pietà contro chi tenta di passare dal “paradiso” dell’Est comunista alle luci di un Ovest che dietro spot colorati di benessere nasconde diseguaglianze, disoccupazione e povertà. Una cortina di ferro divide l’Europa e ci sarà fino alle ultime pagine del romanzo di Piero Isgrò La porta dipinta, pubblicato dalla casa editrice cagliaritana Arkadia (collana Eclypse, settembre 2021, 244 pagine). Anche Isgrò è isolano d’origine, ma di Sicilia. Laurea in legge, con tesi sul processo di Norimberga, ha cominciato a lavorare da giornalista a Catania, per passare alla Rai regionale e al TG1, nella redazione cultura, a Roma. Ha scritto una commedia su Vincenzo Bellini, un saggio sulle dive americane del passato, una historical novel e altri quattro romanzi. Tre col marchio Arkadia: La bambina francese (2013), La sposa del Nord (2014), Finisce la notte (2016). Il giornalista e scrittore catanese è stato a Praga, da ragazzo, nel 1969, proprio come Nicola, il protagonista maschile del romanzo. Siamo certi, però, che Piero si sarà comportato in modo meno disarmante e indifendibile del suo personaggio, che in qualche passaggio risulta francamente antipatico, tanto più in confronto a Regina, che lo supera di tante spanne in romanticismo, sincerità di sentimenti, aspettative ideali e allo stesso tempo concretezza, senso di responsabilità e piedi saldi per terra, quando necessario. C’è tanta storia del secondo Novecento in questo viaggio nel centro Europa, al tempo della guerra fredda, che divideva gli Stati ma univa i giovani. Ragazzi e ragazze erano avvicinati dalla condivisione di un futuro migliore, legati dall’amore per la libertà e anche dal desiderio degli uni verso le altre e viceversa. C’è tanta profondità di pensieri, nelle menti di chi si muove nel romanzo, sebbene qualcuno si distingua in negativo, per atteggiamenti non condivisibili e scelte non prive di conseguenze. Il 20 luglio 1969, mentre la missione Apollo 11 della NASA porta i primi uomini sulla luna, tre ragazzi catanesi viaggiano a bordo di un Maggiolino Wolkswagen verso la Cecoslovacchia, attratti dall’aspettativa del sesso libero e dell’avventura, negati in patria anche con le compagne di sinistra, indisponibili.
Uno guida, uno pensa, uno fantastica. È Nicola il sognatore, poco più che ventenne, laureato e milite assolto, da furiere nell’Esercito, a Roma. Paolo Isgrò ha raggiunto Praga nell’estate 1969, piazza San Venceslao piena di giovani di tutta Europa, con i pugni chiusi e la rabbia nei denti, accolti fraternamente dai praghesi, che dimostravano di amare la libertà perché ne venivano esclusi. Ammiravano i coetanei stranieri, protagonisti delle barricate di Parigi e di Valle Giulia a Roma, delle lotte delle nuove generazioni del vecchio continente per la democrazia nel pianeta, per la rivoluzione egualitaria. A gennaio, uno studente praghese ventunenne, Jan Palach, si è immolato dandosi fuoco sulla scalinata del Museo Nazionale, per protesta estrema contro l’invasione delle forze del Patto di Varsavia che ha represso violentemente la stagione politica riformista avviata dal partito comunista cecoslovacco. È morto dopo tre giorni di lucida agonia. Le fiamme lo avevano trasformato in un vecchio. “Niente del bel ragazzo che era. Praga gridava e piangeva”, scrive Isgrò, cinquantadue anni dopo. Davanti ai fiori clandestini, in un luogo senz’altri segni, Nicola pensa al suo ’68 passato in caserma, mentre gli studenti lottavano. Crede d’essere rivoluzionario, ma nello stesso tempo aristocratico. È ascetico e gerarchico, socialista e comunque attratto da forme di vita nobili e superbe. Sta in mezzo, avvicinandosi ora all’uno ora all’altro schema. Preso da queste contraddizioni, si sente sfiorare i capelli, si gira e vede due bellissimi occhi a mandorla, azzurri con riflessi dorati: una ragazza. Zigomi pronunciati, sguardo sorridente. È vestita da mercatino rionale, un po’ zingara un po’ naive, indossa con noncuranza un paio di guanti di pizzo. “Somigli a Jan Palach”, gli dice in inglese e il sorriso diventa ancora più aperto quando sente ch’è italiano. Regina Vogel. È una tedesca dell’Est, attratta come tanti giovani dal dolore di Praga e favorita dalla presenza in città di una coppia di zii. Abita in un appartamento minuscolo, che divide con un’amica. Porta Nicola nel monolocale, si amano. Per lui è la prima volta. Diventano inseparabili finché il ragazzo resta, trascurando i due amici. Quando matura il momento del rientro in Sicilia, Regina avanza un tenero “portami con te”. Ma quello, “sazio d’avventura e di sesso”, la prende alla larga, dice che ha bisogno di tempo per organizzarsi, che il lavoro al giornale non è stabile. Si sottrae. È solo la prima delle sue viltà, in un romanzo di formazione.
Il tempo passa, la famiglia cresce, una moglie inglese e una bambina.
Anni dopo, Nicola torna a Praga…
Felice Laudadio
Il link alla recensione su SoloLibri: https://bit.ly/3t2A379