“La lacrima della giovane comunista” su Infovercelli24
“La lacrima della giovane comunista”
Un libro di Giorgio Bona sulla vita dello scrittore russo Venedikt Erofeev scomparso nel nulla, inghiottito nel profondo di un lager, in una delle epoche più buie dell’egemonia culturale sovietica.
La lacrima della giovane comunista, di Giorgio Bona, Arkadia 2022, copertina
Non mi fu molto difficile ottenere il visto per Mosca in brevissimo tempo sfruttando la conoscenza di Viktor Demanenko. Quel giorno medesimo prenotai immediatamente un posto letto e un biglietto ferroviario, rivolgendomi all’agenzia Inturist, che mi garantì quanto avessi richiesto. Non prenotai invece l’albergo, in quanto mi sarebbe stata assegnata la sistemazione in una di quelle moderne strutture fornite di tutti i comfort di cui, a detta dei russi, ogni turista occidentale non potrebbe rinunciare e che volevo, in qualche modo, evitare. Mi sarei cercato un posto per dormire in qualche piccolo albergo destinato ai turisti dell’Ex Unione, oppure avrei cercato di sfruttare l’ospitalità di un amico.
Inizia così “La lacrima della giovane comunista” di Giorgio Bona, Arkadia editore. Si tratta di un romanzo dedicato allo scrittore russo Venedikt Erofeev scomparso nel nulla, inghiottito nel profondo di un lager, in una delle epoche più buie dell’egemonia culturale sovietica, in un momento storico in cui l’elite intellettuale tace voltandosi dall’altra parte.
Dal punto di vista dell’autore, si è trattato di un romanzo-inseguimento.
«Una premessa – dice – È trascorso quasi mezzo secolo dalla comparsa in Italia di Mosca-Petuski, l’unico libro conosciuto di Erofeev, un romanzo straordinario. Del suo autore non c’era notizia. Quel romanzo segnò un punto fermo della mia vita.»
Quando ha inizio l’inseguimento?
Nel 1981, mentre mi trovavo a Mosca. Da lì a breve ci sarebbe stata la grande svolta ma, nel frattempo, il presidente dell’Unione Sovietica e ultimo portavoce del socialismo reale era Leonid Breznev.
Cercai dal mio amico Ivan, giornalista in pensione di alcune testate importanti tra cui la Literaturnaja Gazeta notizie di Erofeev. La risposta fu molto eloquente: non sapeva chi fosse e non lo conosceva come autore. Ebbi la vaga sensazione che non fosse sincero e ne ebbi la conferma qualche anno più tardi…».
Dice ancora Bona: «Questa storia mi ha tenuto compagnia per tanto tempo prima che iniziassi a scriverla»-
Ed ecco che nasce l’idea del libro. Giorgio Bona inseguitore di Erofeev passa il testimone a un protagonista del libro.
«Sì, un io narranteuno slavista. Pensai che non potesse esserci altro che un professore di russo che ama la Russia per poterla esprimere al meglio. Durante il lungo viaggio in treno che lo condurrà alla sua meta il professore si interrogherà sulla vita di Erofeev, sulle sue opere censurate dal regime comunista, sulla tragicità del suo destino e sulla sua misteriosa fine.
E il professore riuscirà a scavare, inseguendo Erofeev.
«Dall’incontro con un’amica dello scrittore, poi, emergeranno pagina dopo pagina alcuni residui di un’esistenza travagliata e maledetta, su una Russia completamente diversa da quella dei tempi moderni.
La lacrima della giovane comunista conduce il lettore dentro un periodo contorto e affascinante, in cui bellezza e splendore si fondono con i loro opposti. Dove l’ideologia e il male sembrano prevalere senza lasciare scampo a nessuno. Bellezza e splendore si fondono nei loro opposti e l’ideologia e il male sembrano prevalere senza lasciare scampo a nessuno.»
Giorgio Bona (1956) vive a Frascaro, tra Alessandria e Acqui Terme. Autore di numerosi articoli su Thriller Magazine, Carmilla, Lavoro e Salute e Transform Italia ha pubblicato i romanzi Sangue di tutti noi (Scritturapura, 2012) in cui ricostruisce l’omicidio del dissidente comunista Mario Acquaviva, Le cicale cantano nel nostro silenzio (A&B editrice, 2019) sulla conquista delle otto ore, Da qui all’eternit (Scritturapura, 2021) incentrato sulla questione dell’amianto a Casale Monferrato.
Un estratto del libro
La Banja è una delle più antiche tradizioni qui in Russia. L’atmosfera particolare e rituale che regna all’interno si avverte già nel vicolo da cui si accede ai bagni centrali. Sul Prospekt Marx, davanti all’albergo Metropol, venditori di ramoscelli di betulla che servono per percuotersi, affollavano la via, inservienti in camice bianco entravano e uscivano incuranti della folla, mentre i clienti si disponevano in coda davanti alla cassa nell’attesa di essere ammessi. Arrivavano vere e proprie comitive con intere casse di birra da consumare durante la sauna.
Scelsi quel diversivo per scrollarmi preoccupazioni, ansie, nervoso, cattivi pensieri. Pensavo che una bella sauna rilassante fosse la terapia giusta. La Banja in Russia è quasi sempre rigorosamente maschile, come se fosse l’accesso ai più esclusivi circoli britannici.
Lasciai i vestiti a uno dei vestiboli all’ingresso e consegnai i miei oggetti personali e di valore alla cassa. Una donna di corporatura robusta, mascolina, come sono di solito le custodi in Russia, mi consegnò un braccialetto di corda con le chiavi dell’armadio dove lasciare gli abiti. Lo spogliatoio era sporco, maleodorante, ma abbastanza caldo. La custode, mentre uscivo, mi porse una cuffia e un asciugamano da utilizzare in piscina. Mi avviai verso il locale docce. L’ambiente che mi accolse era pervaso da una buona dose di cameratismo: fra risate e esclamazioni, amici e semplici conoscenti si insaponavano, si lanciavano secchiate d’acqua e si stuzzicavano con i ramoscelli di betulla per stimolare la circolazione del sangue. Procedetti oltre, trovandomi nella sauna: una luce fioca ulteriormente velata dall’umidità. Entrai. Il calore era elevatissimo. Qualcuno si alzava in continuazione per versare mestoli d’acqua sulle pietre roventi che stavano intorno alla stufa e immediatamente nuvole di vapore si levavano, facendo aumentare la temperatura. Il seguire di questa operazione era accompagnato da grida di esortazione e di entusiasmo da tutti i presenti. Nessuno fece caso al mio arrivo. Mi sedetti con molta discrezione sulla panca dopo essermi bagnato la fronte ripetutamente. La fauna era varia e colorita: di ogni ordine e grado. Bambini con i loro padri e nonni, qualche timido gay che tra i vapori gettava l’occhio qui e là.
Dopo la sauna vidi che si gettavano tutti in una piscina d’acqua fredda e io feci altrettanto lasciandomi trasportare dalla folla.
Mi buttai e avvertii subito un senso di benessere e di rilassatezza. Rimasi in acqua circa dieci minuti. Quando uscii tornai al mio vestibolo e trovai un capannello di gente, come me, che era appena uscita dalla piscina che vociferava ad alta voce. La birra scorreva a fiumi e la sete, provocata dal bagno di vapore, veniva stimolata con grandi bocconi di pesce secco e salato.
Anch’io avevo sete. Qualcuno parve leggermi nel pensiero. Il cameratismo che si vive qui è fuori discussione. Un signore di mezza età mi offrì una birra con fare molto gioviale e mi invitò a prendere parte al gruppo.
Non ero proprio dell’idea di farmi coinvolgere. Ringraziai e con un sorriso, per far capire che la sua gentilezza era a me gradita, bevvi e mi vestii in fretta e furia per andare a prendere l’ultimo mezzo che mi portava in albergo.
Il link all’intervista su Infovercelli24: https://bit.ly/3ikneDp