“La guglia d’oro” su SoloLibri
La guglia d’oro di Montserrat Roig
Arkadia, 2023 – In Italia il reportage sulla Russia e i russi pubblicato nel 1985 dalla scrittrice e giornalista di Barcellona, scomparsa nel 1991, dopo due mesi a Leningrado nel 1980 per un ricerca sui 900 giorni dell’assedio nazista.
Abituati alla Russia di Putin, trasparente nel rievocare i fasti zaristi e impudente nel mostrare i muscoli contro l’Occidente, fa un certo effetto ricordare che c’era un’URSS impenetrabile fino ai primi anni Novanta.
Allora, i pochi stranieri ammessi entro i confini godevano della normalità, negata invece ai cittadini russi, costretti a code interminabili per acquisire qualsiasi cosa, anche essenziale.
Le affrontavano pazientemente, diligentemente, con fatalismo. Quella del 1980 è una Russia che ritorna in mente a chi è avanti negli anni, perciò, ma che non ti aspetti, se sei nato dopo la Perestrojka.
La ritroviamo nel reportage di Montserrat Roig dal titolo La guglia d’oro, pubblicato a Barcellona nel 1985 e proposto in una recente edizione italiana da Arkadia Editore (Cagliari, settembre 2023, collana “Xaimaka”, 252 pagine), tradotto da Piero Dal Bon. Un libro dedicato ai figli Roger e Jordi, con l’augurio che potessero vivere in un mondo senza confini. Oltre trent’anni fa, l’URSS era un orso possente in dormiveglia, con le zanne ritratte. Invece, la Russia di oggi non nasconde affatto le sue armi nucleari, anzi, minaccia di usarle.
Scrittrice e giornalista spagnola, nata a Barcellona nel 1946, scomparsa nel 1991, Montserrat Roig ha scritto romanzi, racconti, libri di viaggi e articoli, per i quali ha ricevuto diversi premi. Impegnata nelle lotte femministe e anti-franchiste, ha militato in diverse organizzazioni, come il Psuc.
Nella biografia proposta sul sito Arkadia, si legge che è stata grande la sua capacità, in anticipo sui tempi, di unire la realtà e le testimonianze dirette alla letteratura. Questo ha impresso un forte realismo alla sua opera creativa, mentre le risorse della finzione hanno umanizzato la cronaca giornalistica. Valori che si ritrovano in questo reportage di esperienze personali ed echi colti della storia e cultura russe.
Nel 1980, venne ospitata a Leningrado – la San Pietroburgo di ieri e di oggi – per scrivere un libro sulla città durante l’assedio nazista. Nel soggiorno, incontrò i superstiti del terribile assedio da settembre 1941 a fine gennaio 1944, conobbe gli abitanti e ne rimane affascinata. I russi sentono molto tutto quello che è successo nei novecento giorni di accerchiamento.
Scrisse d’esser stata a Leningrado per quasi due mesi, di avere visto la neve, la pioggia e anche le “famose notti bianche”. Ringraziava i responsabili della casa editrice Progresso di Mosca, che l’avevano invitata e si erano prodigati in attenzioni. Si augurava che capissero “il piccolo scherzo” sulla storia del suo primo interprete, Nikolai, che ha fatto crollare non intenzionalmente i suoi tanti pregiudizi iniziali:
“Con lui i russi hanno cambiato aspetto, sono diventati esseri umani e l’Unione Sovietica un Paese uguale al mio”.
Il 1980 fu l’anno delle Olimpiadi di Mosca. Per alcuni mesi, una linea telefonica diretta con l’Unione Sovietica consentiva di telefonare da qualsiasi cabina. Venne interrotto a metà 1981 e tornò complicato comunicare con l’Urss.
Nella premessa, invita chi dovesse attendersi un libro sul “paradiso” sovietico a non proseguire nella lettura. Dietro front anche per chi sperasse nelle riflessioni di un’intellettuale disincantata sui tradimenti dell’URSS. “Non parlerò di economia, né di progressi sociali, ma nemmeno di gulag e di ospedali psichiatrici. Se ne fanno carico ogni giorno i giornali occidentali. Questo libro è la storia di una passione. Nel 1980 mi sono innamorata della città di Leningrado. Se qualcuno di voi la condividerà un poco con me, sarò soddisfatta”.
La passeggera che volava tremando per la paura di volare raggiunge Mosca il 17 maggio 1980, a bordo di un velivolo Aeroflot con appena cinque posti occupati. A terra l’attende Nikolai: il suo interprete (a disagio con lo spagnolo), la sua guida (quando aveva voglia di lavorare), il suo “controllore”. I connazionali le avevano raccomandato di stare in guardia dagli interpreti, “tutte spie del KGB”, ma chi l’aveva detto conosceva l’Unione Sovietica solo dai romanzi di spionaggio e soprattutto non conosceva Nikolai, refrattario a qualsiasi regola, attento a scansare la fatica e disposto solo a parlare di sé e della propria vita, dicendosi:
“Un po’ zingaro, un po’ ebreo, un po’ aristocratico”.
Più che rivelarle il mondo e l’anima russi, fa in modo che le scopra da sola.
La descrizione leggera, amena dell’accompagnatore anticipa il tono brillante di Montserrat. È davvero piacevole e in qualche modo utile, per i lettori, seguire il suo soggiorno nella Santa Madre Russia. E non abbiamo ancora detto di un altro incontro, un’altra conoscenza: lo Tsinandali, squisito vino bianco georgiano che l’accompagnerà per l’intero “viaggio di iniziazione”.
Tre i capitoli del libro. Prima parte: Il secondo Rasputin (la città delle pietre). Seconda: Pietroburgo. Terza: Le creature dell’inferno (la città delle persone), testimonianze sull’assedio.
La guglia d’oro dell’Ammiragliato, che si eleva in fondo alla strada, spicca verso il cielo all’arrivo in treno a Leningrado. Un impatto deludente: la prima sensazione che prova è di tristezza. Anche Puškin, quando veniva a studiare nel Liceo di Tsarskoye Selo, considerava Pietroburgo uniforme, amministrativa, impersonale e glaciale. La Prospettiva Nevskij le sembra stretta e meno solenne del previsto. Una patina grigia avvolge la città, plumbea e fredda.
Avrà modo di ricredersi su tanto e ne riferirà con calore e affetto, intenerita dalle cose apprese-osservate e dalle persone indimenticabili incontrate. Provava una grande nostalgia di se stessa, perduta per le strade di Dostoevskij; seduta nella Piazza delle Arti, a riflettere sotto la statua del giovane Puskin; affascinata dalle facciate neoclassiche dell’architetto Rossi indorate dai raggi di sole, dalla guglia che puntava verso il cielo in gesto di sfida. Le mancava Nikolai, che a modo suo le aveva insegnato a comprendere il Paese. E il Tsinandali, Restavano solo le sensazioni. Per due mesi, aveva sognato di vivere senza frontiere.
Felice Laudadio
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