“La chimera di Vasari” su Tuttolibri – La Stampa
Ci vuole un’Intelligenza Artificiale per risolvere il mistero etrusco
Dal lago di Garda ad Arezzo, due fratelli indagano sul sequestro di un professore che stava studiando un antico manufatto. Li aiuta Lucia, assistente virtuale in grado di trasformarsi in chef, manager, poliziotta. Gli enigmi del passato si intrecciano con i paradossi della tecnologia.
Curioso esperimento narrativo, quello operato da Mauro Caneschi nel suo romanzo La chimera di Vasari, pubblicato da una piccola ma oculata realtà editoriale di Cagliari, Arkadia. Curioso perché riesce – con adeguata disinvoltura – a coniugare intelligenze artificiali, giallo di provincia e recupero memoriale storico, incasellando quindi in un unico contesto tre diversi spunti ispiratori. Non ci sono ambizioni internazionali alla Dan Brown, certo, semmai la vicenda raccontata da Caneschi ha la leggerezza di certe operazioni più prossime a un Malvaldi, per cui il lettore troverà un contesto familiare in cui agiscono i protagonisti inserito in un paradosso tecnologico comunque non troppo lontano da certe realtà che già manovrano per un futuro alla Asimov in cui l’umanità sarà destinata a subire il potere assoluto dei robot che ha creato. Lucia, infatti, la ragazza di cui parlano in apertura di romanzo e alla quale chiedono informazioni su investimenti e diete i fratelli Marco e Dario Mannelli, rilassati nel giardino della loro bella casa sulle rive del Garda, non è la donna di uno dei due, ma una I.A. – Intelligenza Artificiale – in grado di connettere i nodi neurali e di creare ogni tipo di mondo virtuale a cui attingere. La vedremo infatti trasformata in chef, poliziotto, manager e quant’altro, nell’arco del percorso di ricerca che i fratelli intraprendono in seguito a un sequestro di persona che li riporta indietro nel tempo. Lucia è il suggeritore post-umano a cui far riferimento per ogni genere di informazioni o di ricerca, una scoperta per ora tenuta segreta da Dario, che ne intuisce il valore assoluto ma anche tutte le potenzialità negative, qualora finisse nelle mani sbagliate. Metà umana e metà artificiale, la ricerca dei fratelli è una scommessa che li porta sulle tracce del professore Anteo Baldesi, padre della bella fidanzata di Dario, Sonia. Il professore è stato rapito, ma l’autore ci dice subito tutto della sua scomparsa. In mano a due poco di buono, deve confessare il segreto che lo lega alle sue ricerche su Giorgio Vasari, e sulla scoperta di un antico manufatto di origine etrusca di cui il Vasari stesso parla in certi misteriosi documenti tracciati in forma di indovinello o di caccia al tesoro. A capitoli alterni Caneschi ricostruisce la memoria storica dell’opera che tutti cercano, tracciando un percorso che va dall’antica Aritim – poi Arezzo – del 390 a.C., fino alle pagine vergate dal Vasari sul segreto del prezioso manufatto. I tre eroi della domenica – Marco, Dario e Sonia – insieme alla fedele e più che necessaria Lucia, affrontano una indagine che li porta in Toscana, tra casolari sperduti e una Arezzo divenuta all’improvviso cupa e ostile, dove Casa Vasari sembra nascondere segreti destinati a restare tali. Aggiungiamo al tutto una coppia di poliziotti quasi galvanizzati dalla rottura improvvisa della loro placida routine di provincia, due manigoldi che rispondono al prototipo del cattivo per caso, e avremo un percorso di ricerca in cui l’antico mistero diventa ad un tratto una faccenda pericolosa che, comunque, i tre compagni d’avventura cercheranno di scoprire salvando la pelle. Il romanzo, dunque, ha una disinvolta leggerezza che lo conduce sui territori già più che sfruttati del giallo provinciale italiano, ma riesce a trovare una sua lecita – positiva – dimensione del confronto davvero epocale tra vecchi manoscritti sdruciti dal tempo e un possibile futuro in cui una I.A. riesce a contenere in sé i dati globali in grado di condizionare politica ed economia mondiali. Il giallo si evolve e si risolve comunque nel placido panorama delle colline toscane e questa, per adesso, è ancora una simpatica certezza “umana”.
Sergio Pent