“La bella virtù” sul blog di Iannozzi Giuseppe
Marisa Salabelle – La bella virtù – Arkadia Editore (comunicato stampa con un estratto del romanzo)
La bella virtù – Marisa Salabelle
Un’epopea di affetti affascinante e ricca di profondità
Seguito de “Gli ingranaggi dei ricordi”, in queste pagine ritornano i giovani Felice e Maria Ausilia nel periodo del loro fidanzamento e poi del lungo matrimonio. Mentre la figlia Carla rievoca la malattia e la morte del padre, Kevin, suo figlio, studente universitario, dedica la propria tesi magistrale alle vicende della famiglia del nonno materno, ricostruendo intrecci tra casate più o meno nobili del napoletano e dell’avellinese e indagando sul legame di parentela tra il nonno Felice e il santo Giuseppe Moscati. In questa nuova puntata di una saga famigliare che si dipana nel periodo tra il dopoguerra e i giorni nostri, attraverso plurime voci narranti, conosceremo sempre più a fondo i personaggi di questo potente e sapiente affresco. Felice, giovane intelligente e volitivo ma dal carattere aspro; Maria Ausilia, che si rivela una ragazza e poi una donna molto determinata, con un sentimento ambivalente verso il fidanzato e poi marito, che ama ma con il quale ha un rapporto conflittuale. E poi Carla, molto legata al padre, del quale tuttavia non ignora i limiti e che segue con grande pietas durante la sua malattia. Infine Kevin, studente un po’ riluttante e scettico, ma impegnato con successo nel ricostruire la storia famigliare. Ancora una volta Marisa Salabelle riesce a costruire un’epopea di affetti affascinante e ricca di profondità.
Un estratto del romanzo di Marisa Salabelle
Carla
Pisa, 2019
Nel 2010 mio padre si ammalò: tumore al pancreas. Aveva 85 anni, non era giovane ma neanche poi tanto vecchio, avrebbe potuto vivere ancora cinque, dieci anni, e soprattutto io non ero pronta. Non ero pronta a perderlo. Era l’uomo che amavo, l’uomo della mia vita. Certo, avevo mio marito e mio figlio, e amavo moltissimo anche loro, ma con mio padre non c’era gara. E dire che non era neanche particolarmente amabile: non importa. Mi bastava vederlo là, sulla sua poltrona, le mani piene di macchie, il viso ancora bello, il neo in rilievo sotto l’occhio destro che era diventato un’escrescenza un po’ ripugnante, le labbra sottili, la sigaretta in mano, per sentirmi stringere il cuore.
A dispetto di quel che si dice, che negli anziani il cancro proceda con lentezza («Farà prima a morire di vecchiaia», diceva la saggezza popolare, come se poi di vecchiaia si morisse), il suo agì con determinazione e rapidità, riducendolo in pochi mesi a un mucchietto d’ossa e portandolo a finire i suoi giorni nella disperazione. Ero l’unica a potermi prendere cura di lui e di mia madre: mio fratello Piero, il primogenito, era morto giovane, in un incidente di moto, e mia sorella di mezzo, Gaia, viveva in Canada da molti anni. C’ero soltanto io, la piccolina di casa, e a me toccava assumermi l’onere. All’epoca lavoravo, insegnavo Storia all’Istituto Tecnico, e ovviamente avevo anch’io una famiglia, perciò il tempo che potevo dedicare ai miei genitori non era molto, ma cercavo di farmelo bastare. Prendevo gli appuntamenti, andavo in farmacia, facevo la spesa, accompagnavo mio padre alle visite mediche, e non passava giorno senza che facessi una scappata da loro, nella vecchia casa in cui avevo abitato anch’io, prima di sposarmi.
Da che ho memoria, erano sempre stati inseparabili: a parte quando erano al lavoro, erano insieme, simbiotici, appiccicati come cozze, e passavano il tempo a darsi sulla voce l’un l’altro. Infinite erano le ragioni per cui discutevano, dall’educazione dei figli a cosa preparare per cena, al nome della persona che avevano incontrato per strada e li aveva salutati, alle esatte parole che aveva pronunciato un politico alla televisione. Erano entrambi testardi e ognuno si accaniva sulla sua idea senza cedere di un millimetro, per quanto brillanti fossero le argomentazioni portate dall’interlocutore. Era il loro modo di stare insieme, un modo come un altro, che io avevo sempre trovato terrificante, ma che indubbiamente presentava notevoli vantaggi: tenere vivo il rapporto, avere sempre qualcosa di cui parlare, esercitare l’arte della retorica, scongiurare il pericolo di cadere nell’afasia e nella demenza.
Marisa Salabelle – Nata a Cagliari nel 1955, vive a Pistoia dal 1965. Laureata in Storia all’Università di Firenze, ha frequentato il triennio di studi teologici presso il Seminario arcivescovile della stessa città. Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola
italiana. Nel 2015 ha esordito con il romanzo L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme), seguito nel
2019 da L’ultimo dei Santi (Tarka) e nel 2022 dal giallo Il ferro da calza (Tarka). I primi due romanzi sono stati finalisti al Premio letterario La Provincia in Giallo, rispettivamente nel 2016 e nel 2020. Con Arkadia Editore ha pubblicato la saga famigliare Gli ingranaggi dei ricordi (2020), La scrittrice obesa (2022) e La bella virtù (2025).
La bella virtù – Marisa Salabelle – Arkadia Editore – Collana: Eclypse – Prima edizione: febbraio 2025 – Pagine: 156 p., Brossura – EAN: 9788868515386 – Prezzo di copertina: 15,00 €
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