“Kaiser” su La Biblioteca di Babele
KAISER | MARCO PATRONE
Mi chiedi certezze?
Eppure dovresti aver capito che sono un grande FORSE,
fedele soprattutto a me stesso.
Esce proprio oggi per Arkadia editore il nuovo libro di Marco Patrone, Kaiser, che vede come protagonista questo strano personaggio che giustamente è stato considerato “il più grande truffatore nella storia del calcio“. Dato che non ne conoscevo l’esistenza (mi sono accostata al calcio solo nel 2003 con l’arrivo di Kakà al Milan), quando ho iniziato a sentire parlare di questo libro mi sono detta che non era possibile, doveva essere un personaggio inventato da Patrone; invece poi mi sono documentata e ho scoperto che non solo il Kaiser esiste davvero, ma che soprattutto ciò che per vent’anni è riuscito a fare nel mondo del calcio non è una bufala da giornaletti. Carlos Henrique Raposo– il suo vero nome – è un ex calciatore brasiliano, di ruolo attaccante, che non sapeva giocare a calcio, ma che in tanti modi è riuscito a farsi ingaggiare da diverse squadre. Peccato che non abbia quasi mai disputato una partita. O che, quando era in campo, stranamente subisse un infortunio che non gli permetteva di tornare a giocare in breve tempo.
Leggo gli appunti, vado avanti e indietro alla ricerca delle pagine più interessanti, e vedo che la vita di Kaiser si definisce in questo meccanismo che ormai mi è diventato familiare, dopo lo stupore iniziale: arriva – failfurbo – sifagliamici – sorride – procuraledonnine – scendeincampo – siinfortuna – arrivailcertificatofalso. E giù risate, chiaro.
Com’è possibile che il mondo sportivo (e non) si sia lasciato fregare in questo modo da un uomo così furbo? Al tempo non c’era Internet, le informazioni circolavano meno e meno rapidamente, ed era più difficile restare aggiornati. Ciò che non si riusciva a sapere, lui se lo inventava magari fingendo telefonate in inglese da parte di club europei interessati a lui. Sicuramente c’è chi non si ricorda neanche più di lui, perché non ha mai segnato goal incredibili o fatto chissà cosa, però il Kaiser ha militato in squadre come il Botafogo, la Fluminense o il Flamengo. La sua – secondo l’interpretazione dell’autore nel libro di cui parliamo – è tutta una vendetta nei confronti del dio del calcio che ad altri ha dato il talento e a lui niente, a parte un fisico adatto e una somiglianza con Franz Beckenbauer (da qui è stato soprannominato Kaiser).
Questa vicenda parte da quando un giovane giornalista s’imbatte nella storia di Raposo, quel “fenomeno” che aveva gli amici (Romario, Bebeto, Edmundo…) e gli agganci giusti e si è fatto una ventina d’anni da calciatore nelle squadre brasiliane. Decide di chiedere gli appunti a un suo collega francese che ne aveva già scritto, François, ma scopre una storia molto strana in cui sono coinvolti altri giocatori e una donna. Vorrà vederci chiaro e per questo pagherà anche molti soldi.
Kaiser è un alternarsi di appunti del giornalista, scambi di e-mail con François, stralci delle interviste che il francese molti anni prima aveva fatto a Raposo, e spezzoni di vario tipo che messi insieme formano un puzzle che cerca di delineare meglio la figura del calciatore incapace. Quella che viene fuori è la storia – in parte inventata, perché il giornalista quando smette di fare cronaca diventa quasi uno scrittore e, in fondo, un artista – di un uomo furbo che non si stancava, non rischiava, eppure si è conquistato ciò che molti non hanno avuto. Entrava nelle squadre come contropartita tecnica grazie all’ingaggio di un amico ben più capace, ma sapeva tenere uniti i compagni di squadra, partecipava alle feste, senza mai compromettersi.
Si potrebbe diagnosticare a Kaiser un disturbo narcisistico della personalità; ma il problema è che parrebbe che non si sia inventato niente. O meglio, ha inventato se stesso come Kaiser, e tutti (o quasi, io cerco di resistere) gli hanno creduto.
Con uno stile ironico, dietro cui, però, si cela qualcosa di più serio, Marco Patrone racconta la storia di un bugiardo che è riuscito a ingannare il mondo. Ma gli spunti di riflessione che ne derivano sono davvero tanti, ad esempio: quanto è importante la circolazione delle informazioni? quanto è facile lasciarsi fregare da qualcuno che ci sa fare, dalle bufale? quanto siamo attenti a ciò che sentiamo e vediamo e quanto tempo perdiamo ad accertarci sulle fonti? La vicenda del Kaiser – che dalle parole di Patrone sembra uno sbruffone che se la ride per com’è riuscito a fare quello che voleva per anni – mi ha ricordato molto quella storia del ragazzo statunitense che ha poggiato gli occhiali per terra in un museo e si sono messi tutti lì ad ammirarli come fossero un’opera d’arte di chissà chi, fotografandoli anche.
Facciamoci un po’ più furbi ogni tanto, magari prima che spunti un nuovo Raposo.
Buona lettura!