“Invece che uno” sul Corriere di Bologna
Il romanzo «Invece che uno», opera prima di Federico Muzzu è in libreria dal 14 maggio: il testo è stato tra i finalisti del Premio Calvino nel 2015
Lorenzo e Dionigi, la tragedia dei due gemelli scomparsi
Un libro nato e cresciuto a diverse velocità. Sempre, comunque, «elaborando emozioni». Per non dire dell’iter. Il libro in questione è Invece che uno, uscito il 14 maggio per Arkadia (Collana Eclypse). L’autore è Federico Muzzu e questo è il suo romanzo d’esordio. Federico, nato in quel paradiso che è l’isola della Maddalena, laureato in Lettere classiche all’Università di Bologna, città dove poi ha scelto di vivere, oltre a scrivere è modello vivente all’Accademia di Belle arti della nostra città. L’iter, dicevamo. Non è nuovo questo romanzo che ci parla della storia di due gemelli appena diciottenni, Lorenzo e Dionigi, segnati da una tragedia che non puoi dimenticare come quella di avere un padre uxoricida che con ogni probabilità aveva intenzione di eliminare anche loro.
Finalista al Premio Italo Calvino cinque anni fa, malgrado l’ottimo piazzamento è rimasto a lungo nel cassetto. Ma Federico non è rimasto con le mani in mano. «Per un giovane esordiente, anche se cinque anni fa avevo quasi trent’anni, l’impegno e la fatica sono tanti. Da una parte ti occorre tanta determinazione. Sei chiamato a un continuo lavoro di equilibrio. Dall’altra devi imparare a capire come funziona il mondo dell’editoria, e non è semplice, perché questo ti crea pressione, aspettative. In tutto ciò devi mantenerti sereno, perché non puoi restare fermo per anni, quindi continui a scrivere, ti occupi di altro, vivi».
Il romanzo è ambientato in luoghi che Muzzu conosce bene. C’è la Bologna del centro storico, da via Rizzoli a Strada Maggiore e dintorni. C’è la Bologna degli studenti, dei ritrovi, dei locali. C’è l’Appennino e quella passione quasi sacrale per le gite fuoriporta. E c’è il mare delle sue origini. «L’idea di Bologna è nata subito, senza pensarci. Per me è centrale, da anni. Vivo e ho vissuto molto il suo centro, come anche l’Appennino bolognese. Ma pur avendo scritto il romanzo poco prima del 2015, per me le descrizioni della città facevano parte di una Bologna ancora più indietro, dal 2005, quando ero molto giovane. Ho scritto il romanzo tra Bologna e La Maddalena, e la prima rappresenta il mio passato recente e il presente. È Dna, ormai. Del resto, ci vivo da 14 anni ed è stato un innamoramento lento, graduale».
Maddalena e la Sardegna rappresentano invece dimensioni disgiunte dagli accadimenti. Interiori. Riesplorare ancora qui luoghi oggi assume oggi connotati ancora diversi, ma «ripensando a quei contenuti – riflette – è stato interessante immaginare come affronterei diversamente anche la scrittura». Ora è tempo di presentazioni. L’emergenza sanitaria ha rallentato il cammino, ma si sta ragionando sulle prime date. «Purtroppo ci sarà ancora parecchio streaming». Intanto il romanzo è nelle librerie. E a dispetto di un incipit che può sembrare (post) adolescenziale, nella sua narrazione corale, si mostra al lettore come un continuo incontro-scontro tra generazioni diverse.
Paola Gabrielli