“Il tornello dei dileggi” su Lucia Libri
La sicilitudine sorniona di Fazio, un pastiche da non perdere
Con uno stile nuovo, che spazia dall’uso di una paratassi estrema alla distensione in periodi ampi e articolati, Salvatore Massimo Fazio debutta nel romanzo con “Il tornello dei dileggi”. Un’autofiction tra risate, commozione e interrogativi enormi, una storia complessa e intricata che l’autore riesce a rendere godibile
Dal suo esordio nel 2005 con un pamphlet scritto a quattro mani con Giovanni Sollima, L’albero di Farafi o della Sofferenza (C.U.E.C.M), passando per il racconto vincitore al premio “Segni d’amore”, dal titolo Villa Regnante”, ambientato a Palermo, dove Salvatore Massimo Fazio (nella foto di Donatello Scuto) ha vissuto gli anni del ritorno della Pantera, nel 1994, presso la facoltà di magistero nel corso di laurea in psicologia, per approdare nel 2011 con uno stranissimo saggio non categorizzabile, dal titolo Insonnie. Filosofiche, poetiche aforistiche (C.U.E.M.), che lo renderà noto al pubblico come filosofo puro antiaccademico ma non oppositivo.
Un filosofo approdato al romanzo
Si ferma Fazio e sparisce per diversi anni, quando nel 2016, presso il Palazzo della Cultura di Catania al Sabir Fest, il Festival del libro delle città del meridione, presenta la sua nuova opera Regressione suicida. Dell’abbandono disperato di Emil Cioran e Manlio Sgalambro (Bonfirraro). Un bel colpo per l’editore mettere in scuderia il giovane, oggi maturo, quasi cinquantenne, Fazio. Nella sua Regressione, dichiara persa la guerra contro le dipendenze intellettuali dei giovani adoratori «di un qualunque docente; e loro cosa fanno? si immedesimano, fino a recitare il ruolo di questo o quell’inventore di cavolate che per secoli ci sorbiamo, facendo dimenticare ai poveri allievi il contatto con la realtà e a riempire di denari case farmaceutiche e psichiatri che forniscono tutte le loro prove sulla vittima di turno». La Regressione di Fazio è l’opera più contestata e più amata che ha avallato il successo del precedente “Insonnie”, ma non ci si sbalordisce quando, l’agitatore culturale, presidente del comitato scientifico di Etnabook, fondatore del Blog “Letto, riletto, recensito!” e operaio che costruisce neologismi e gioca con le forme della lingua italiana scritta ci dice: «Cosa ne posso sapere io della narrativa? So che mi son messo a scrivere di storielle sette anni fa e cosa è successo che un mio parente/amico/fratello Piero Lipera e la conoscenza di un agente letterario, Patrizio Zurru, mi fanno approdare al romanzo».
Tante città, un finale doppio e ambiguo
Il tornello dei dileggi (106 pagine, 14 euro), edito da Arkadia, spunta all’improvviso nel panorama editoriale italiano. Dal titolo che si ispira da un reale format, fondato dal visionario Andrea Pennisi, tenutosi per tre anni a Catania nelle piazze pubbliche, l’autore (apolide, ha vissuto a Palermo, Roma, Torino, Eastburne in Inghilterra, Bodo in Norvegia, Biella e Firenze, per tornare nel capoluogo del vulcano etneo), sembra aver trovato la chiave per aprire al mondo del suo (ex) ‘Nichilismo cognitivo’, poi nichilismo ironico e divertente, o depotenziato come mi è piaciuto definirlo. La storia che si intreccia in diverse città, quelle che Fazio ha vissuto, sono narrate per sconfessare luoghi comuni e modus operandi, per salvaguardare dalla malattia mentale proprio quei soggetti dei quali narra nel suo romanzo. Quest’ultimo si snoda tra risate e commozione, per un finale (doppio e ambiguo), che ti lascia incastrato in un interrogativo enorme: chi è Paolo, chi Adriana, chi Giovanna e ‘chi sono’ e non quali sono, le città?
Cosa sorprende è lo stile: Fazio come il palermitano Rosario Palazzolo sembra essere riuscito a creare uno stile nuovo: una sorta di miscellanea stilistica che spazia dall’uso di una paratassi estrema alla distensione in periodi ampi e articolati. Un pastiche che giunge al suo apice in una pagina interamente composta da frasi relative che si susseguono come cavalli in corsa.
Eros morboso senza stereotipi
Interessante l’abilità dello scrittore di avventurarsi nelle pieghe di un eros morboso senza indugiare negli stereotipi della coppia che si ama ma non si ama, C’è autenticità in questi dialoghi d’amore, un aspetto di Fazio che andrebbe ripreso con rinvigorita convinzione nei prossimi lavori di narrativa. Fazio non ama miti letterari, dice solo che Cioran, Marai, Bonvissuto, Krauspenhaar, Cracco, Saporito, Permunian, Abbadessa, De Felice, Tomassini e le opere del maestro Francesco Totti (è un fissato di calcio e di Roma, tanto che in nessun suo libro manca il calcio e con molta profondità lo affronta), gli hanno dato tutto quello che compone la sua scrittura stratificata.
La sicilitudine sorniona (mi si passi il termine per un mio conterraneo) di Fazio rende leggera e godibile una storia complessa e intricata, un’autofiction che consiglio di leggere senza se e senza ma.
Antonina Nocera
Il link alla recensione su Lucia Libri: https://bit.ly/3ywHwwX