“Il tornello dei dileggi” su Affari Italiani
Il tornello dei dileggi, un romanzo sui compromessi dell’anima e del vissuto
“La mia intenzione era quella di ‘giocare’ sperimentando il linguaggio scritto che rarissime volte ho trovato altrove”
Intervista a Salvatore Massimo Fazio per l’uscita del suo libro Il tornello dei dileggi, Arkadia edizioni
Scrivere un romanzo, soprattutto da esordienti della narrativa, è un triplo salto carpiato nel vuoto. Ovvero, nel pieno sovraffollato, sovrabbondante, delle proposte editoriali, che poi sempre vuoto è perlopiù, Salvatore Massimo Fazio ha dimostrato grande coraggio nel dare alle stampe Il tornello dei dileggi (ed. Arkadia nella collana Eclypse); e con lui lo stesso editore.
Difficile sintetizzare la trama, forse perché proprio l’a-narratività è la chiave di questo romanzo/non romanzo sui “compromessi dell’anima e del vissuto”, spesso insostenibili. E per fortuna ci sono i libri, le storie, la lettura, anche del titolo in questione, ad aiutarci.
“Non saprei se dirti che sviluppare un romanzo con la tecniche della negazione della narratività, sia frutto di coraggio: certo è che nel progetto di pubblicare un romanzo, la mia intenzione era quella di ‘giocare’ sperimentando il linguaggio scritto che rarissime volte ho trovato altrove. Nel primo capitolo faccio un cameo, citando Isabella Santacroce” spiega lo scrittore siciliano, già autore di saggi filosofici, nonché psicopedagogista e animatore culturale con il blog molto seguito Letto, riletto, recensito, che ha anche una altrettanto frequentata pagina Facebook.
Santacroce è un suo modello letterario?
È sicuramente un’autrice che, seppur abbia letto il solo Luminal, mi ha influenzato, nella bellezza di quello stile propriamente suo. Ma incosciente lo sono sempre, di mio.
A quale scrittori o generi ti senti di ascrivere il tuo Tornello?
Nessuno, non per pretesa di assolutizzare uno stile, quanto in primis per non oltraggiare gli scrittori; secondariamente per la scelta di scrivere liberamente per poi, avendo chiaro cosa volevo fare, legare appunti, e riflessioni che coincidevano con la narrazione con l’idea di creare una meta narrazione al fine di appendere i ‘panni’ contenuti nel libro: dal titolo al codice ISBN.
Il dileggio sembra essere uno sport diffuso soprattutto sui social. Perché ne hai voluto fare il focus della tua storia?
Tanti anni fa un velleitario della follia certificata, mi ha chiesto di aiutarlo per presentare i suoi dialoghi con l’altissimo. L’ho fatto. Poi mi ha supplicato di presentare una sua opera, non l’ho fatto. Poi ancora altre. Me lo sono ritrovato a scagliarsi con dileggi contro me, nel momento in cui ho dato un parere per un fatto che esulava dalla sua persona. Mi spiace molto perché si parla di una intellighenzia potente. Frattanto tra i miei bigliettini con annotazioni rileggevo certi comportamenti che ho osservato nelle diverse città in cui ho vissuto: non è vero che la matrice sociale cambia il modus comportandi. Ad ogni categoria psicogena corrisponde del patologico, seppur io sia contro la nosografizzazione.
Sembrerebbe che tu ti sia divertito a scrivere questo romanzo.
Non ti sbagli. L’interesse, oltre ad attingere dalle fonti curate e conservate per 7 anni, è stato quello di sviluppare il gioco del linguaggio scritto, diversificandolo da ciò che fino ad allora avevo letto. Sfoltire, tagliare soggetti, rendere implicito senza annotazioni o ripetizioni. E mi è piaciuto ancor di più quando il mio agente letterario, Patrizio Zurru, dopo 3 anni che possedeva il mio lavorio, mi ha detto “qui giochiamo da arditi”. Dopo aver ricevuto alcuni ‘no’ e altri ‘sì’ nel rappresentarmi, mi ha assegnato un editor che si è divertito con me ed è stato esplicito nel dichiararlo un potenziale romanzo diverso da ciò che si legge continuamente. Certo c’è chi si è addormentato, c’è chi mi ha dato dello psicopatico, dimenticando che io li curo gli psicopatici e ne conosco gli effetti di rebound e le dinamiche psichiche che si attivano: “Ti dico che sei X perché in verità lo sono io”.
Ti sposti in tante città nel pur breve racconto. Le conosci direttamente?
Sì, sono città che non ho soltanto visitato, ma proprio vissuto. Sono rientrato a Catania quattro anni fa perché le condizioni di salute di mio padre prima e di mia madre a seguire, hanno cavalcato l’onda della mia preoccupazione, pertanto voglio essere in prima linea a capire cosa succede.
Perché la narrativa dopo tanti saggi?
Chiedilo a Piero Lipera, amico storico. Colui che negli anni mi ha sempre detto “Lo scrivi un romanzo con il tuo stile ballerino?”. È il Presidente dell’Associazione ‘Amici dell’Aiuto’, quelli che da anni aiutano i bisognosi veri, una piccola associazione catanese alla quale ho devoluto le royalities dopo l’uragano che ha colpito Catania lo scorso 26 ottobre. È anche uno dei personaggi nel libro.
Mariano Sabatini
Il link all’intervista su Affari Italiani: https://bit.ly/3IwneXF