Il tornello dei dileggi
PROLOGO
A Catania sentirsi straniera nella propria città. Ma Adriana è fuori posto ovunque, dice di sé allo specchio, in un mattino di terrore e Scirocco. Esplodono i cassetti perfettamente ordinati nel computo dei quaranta e più anni e degli uomini, a volte appaganti a volte meno, tutti in un fiat, passati da alba a flagello.
Esce la sera con amiche recenti e anche trentenni. La calura devasta meno se è trama senza ordito, se non c’è relazione ma impatto, endorfina. Qualche scopata, appunto, in presunta libertà. Non è suora Adriana, è sola. È vana in un procedere per specchi che cancellano.
Talvolta le capita di pensarsi con un ometto a passeggio, ben accolta nei luoghi rituali, nella città che raramente dorme, che non ha politica. Sa di se stessa la magia di un decollo perfetto, dell’aereo che si impenna, s’alza, vira e poi schizza. Tutto ciò da guardare come la tipa, ieri notte al centro, presa per spaccio di quattro pillole, due canne e della madre che piange.
Si conclude il rito di Adriana nel rientro a casa, a tarda notte, con l’arsura dell’alcol e con il bruciore, come si dice, nella bocca dell’anima, con la testa che pulsa, spinge, preme così forte da voler spaccare le quattro pareti.