Il principe delle Arene Candide. Massimo Granchi dà voce al giovane Edo
Lo confesso, non facevo le ore piccole leggendo da parecchio tempo. A tenermi incollata alle pagine di un libro, nel primo sabato sera del nuovo anno, un principe. Non uno qualunque, “Il principe delle arene candide” narrato con maestria da Massimo Granchi per Arkadia Editore. E forse non esiste momento migliore come la notte per calarsi nei panni di Edoardo, il protagonista che in prima persona racconta la sua storia, ci spinge insieme a lui giù in fondo al baratro e poi, lentamente, a fatica, ci tiene con sé nel suo lungo percorso di risalita. Edo (Edo e basta) è un ragazzo, vive a Cagliari con la sua famiglia, conduce un’esistenza apparentemente tranquilla. La morte della nonna Carmela, suo autentico punto di riferimento, riempie di crepe la sua vita, facendo emergere verità nascoste, bugie, lacune affettive che si apriranno come voragini inghiottendo Edoardo. Ci si ritrova così ad affrontare insieme a lui l’assenza, l’abbandono, la tragedia, la rabbia per essere cresciuto nella menzogna, lo sgretolarsi delle certezze acquisite fino a quel momento. L’autore Massimo Granchi è molto bravo a dar voce ad un bambino prima e ad un adolescente poi che si ritrova ad affrontare situazioni più grandi di lui e provare emozioni fortissime e contrastate, difficili da interpretare per chiunque, figuriamoci per chi è ancora alla ricerca del suo posto nel mondo. Io ho fatto il tifo per Edo, mi sono emozionata e ho pianto con lui, ho sentito mio l’atroce dolore che lo ha devastato e ho gioito, contenta di sapere che alla fine, è riuscito a definire il proprio ruolo nella società, ha trovato la sua strada e non è solo a percorrerla. Ci sono le persone che gli hanno sempre voluto bene e ci siamo noi lettori, testimoni silenziosi e partecipi. Come diceva Paul Sweeney “Capisci di aver letto un buon libro quando giri l’ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico”. Ecco, alle 2 di notte, immersa nel silenzio della casa, raggomitolata sul divano mentre scrivo queste poche righe, io mi sento esattamente così.
Simona Trevisi