Il posto della cenere
Il Monastero, l’arrivo
Mi accendo una sigaretta.
Interdizione. Si applica in caso d’incapacità di agire per la cura dei propri interessi a causa d’infermità mentale. La definizione è questa. Nella vallata di fronte sembra che non bastasse interdire, dovevano pure bruciarle come esempio così le altre avrebbero imparato a stare al proprio posto. Cosa facevano di male? Cercavano erbe e curavano i propri familiari ma i frati qui dentro non volevano.
La storia è buona, voglio provare a raccontarla.
Interdire: statti zitta. Impedito. Inibito. Scomunicato. Perciò chi interdice decide per qualcun altro, l’interdetto, assumendosi il compito di dirigere la vita dell’incapace, del matto, dell’originale.
Sì, qui sto bene e chi me lo doveva dire, riesco perfino a sfumacchiare di nascosto nella celletta dei frati che mi è stata assegnata.
Dovunque ci sono i cartelli: proibito fumare.
Le celle si aprono su due corridoi dipinti di bianco dalle volte a vela. Nell’aprirsi e chiudersi delle porte, i battenti in legno rimbombano nello spazio avvertendo chi è chiuso in cella d’una presenza nel corridoio. Non c’è mai un vero silenzio, piuttosto c’è un’onda continua di piccoli rumori, echi di parole, di passi.
Le giornate passano nell’ovatta delle ore. Nel continuo brusio del corridoio comincio a riconoscere le differenze: un ticchettio di passi più o meno pronunciati, quelli un po’ zoppicanti o agitati, quelli strascicati. Adesso riconosco chi è uscito in fretta dalla propria cella in cui si sentiva prigioniero, chi si muove con dolcezza, chi è nervoso e chi ha fretta di rientrare e isolarsi. Alcuni tra gli ospiti del Monastero sostengono di essere preda di coloro che ci hanno preceduti, cioè i frati che furono prigionieri tra queste mura, di queste finestre da cui non si vede che l’alta roccia della vallata. Il Monastero è poggiato su un crinale senza nessuna via d’uscita, nessun orizzonte, il sole sorge e tramonta altrove, arriva qui di già alto nel cielo.
La vallata delle streghe è di fronte a noi e si vede benissimo, mi sembra di poterla toccare.
Sono rimasta incastrata in questa storia in una serata mondana, una delle tante a cui si va per abitudine.
Accanto a me sul divano si era accomodato un tipo dall’aria sportiva, abbronzato fuori stagione. Mi annoiavo, invece lui non si annoiava affatto perché tutti gli stavano attorno con evidente ammirazione perciò aveva cominciato a raccontare, a farsi vanto delle proprie avventure in montagna.
Tra un bicchiere e l’altro non ho potuto fare altro che ascoltare il suo fantasioso racconto.