Il nuovo libro di Paola Musa su Saltinaria
Saltinaria
27 aprile 2016
“Go Max Go” di Paola Musa
Definito romanzo musicale, a mio parere non solo perché racconta la biografia in forma narrativa del più importante sassofonista jazz italiano, Massimo Urbani, ma perché senza pretese accademiche e tono saggistica, è un romanzo sulla musica come energia vitale, oltre che un affresco della musica tra gli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta, con tutta la carica rivoluzionaria e creatrice che il jazz come visione esistenziale ha portato. È però soprattutto la storia di un ragazzo di borgata che il successo non riesce a a strappare al quartiere e alla sua fragilità. Paola Musa con i toni semplici, a tratti dimessi, che fanno di lei una poetessa dell’umiltà, racconta, ancora una volta, la vita e la sensibilità degli ultimi. Il racconto è piacevole e scorrevole ed è un quadro della Roma delle borgate, la storia di famiglie umili e perbene dalle quali sono nati figli randagi, non preparati ad affrontare il mondo che cambiava velocemente, un mondo vorace, fatto di successo e di abissi. Sono realtà familiari che la congiuntura storica non ha reso in grado di supportare la crescita di quei figli troppo intelligenti per stare dentro i confini di un quartiere e senza le spalle abbastanza larghe per affrontare il mondo. Il linguaggio parlato e popolare che la Musa padroneggia senza forzature e la capacità di cambiare registro linguistico a seconda sdei personaggi rende credibile il suo racconto, quasi una sceneggiatura. Su questo impianto si innesta la storia di una generazione italiana che la musica guida con il rock e il jazz nel segno della rivolta, della liberalizzazione creativa che è bisogno di spaziare, di infrangere le regole per andare oltre, allargare l’orizzonte verso nuovi mondi e insieme forza distruttiva, non solo di schemi; qualche volta di vite acerbe. In primo piano la storia di Massimo Urbani, sassofonista che muove i primi passi nella banda e si avvicina al sax diventando leggenda con una storia analoga a quella di Paolo Fresu, più giovane, che tra l’altro incontrerà e che per fortuna ha costruito un altro destino. Un giovane promettente che malgrado un successo folgorante anche di riconoscimenti personali a livello internazionale non riesce a sostenere la pressione che sente addosso, la propria inadeguatezza e insieme insoddisfazione, incapace di resistere ad alcol e droga. Malgrado una compagna amata quasi simbioticamente, seppur in un rapporto sempre più distruttivo – fatto di reciproca complicità e connivenza – e un figlio in arrivo, morirà a soli 36 anni (nato a Roma nel 1957) probabilmente di overdose. La passione per la musica non riuscirà a liberarlo dalla solitudine. Al figlio che sta per nascere lascia l’ultimo disco come un testamento con un saluto che è speranza “go Max go”, da cui il titolo del libro e che nella realtà sarà un destino. Valentina, la compagna alla quale l’autrice dedica il libro, crescerà il figlio, Massimo Urbani Junior. Tra tanto dolore è un libro che lascia speranza perché la vita è comunque più forte di tutto. L’autrice confessa di aver azzardato nello scegliere la forma del romanzo per una biografia ma le è sembrato l’unico modo per restituire una vita vissuta oltre che il percorso di un artista. Il tentativo è ben riuscito perché diventa un modo per avvicinare anche i non addetti ai lavori a questo spaccato musicale italiano e non solo. In secondo piano – ma non meno protagonista – la storia della musica di una generazione e la transizione agli anni Ottanta, quelli dei manager con i quali l’arte diventa un prodotto da confezionare e vendere come qualsiasi altro genere di consumo. Libro che si legge come una conversazione ricca di spunti dalla quale imparare molto e ricostruire un panorama.