Il museo della solitudine
Viaggio di ritorno
Non basta il ricordo quando c’è ancora tempo.
L. CERNUDA
Poco dopo la partenza del treno, la vidi poggiare la testa sul paesaggio veloce. Il primo impulso fu quello di stendere il giornale e nascondermi lì, dietro i fogli con le notizie che non avrei più letto, notizie che erano già lontane, come di un altro mondo, spogliate improvvisamente della loro possibile rilevanza. Marta.
E con lei, con quei gesti che credevo dimenticati, quella tristezza così antica, quel modo di muovere le mani, mi venne in mente un’intera epoca che avrebbe potuto perfettamente essere d’oro. Ma ogni volta che ricordo quel tempo con la vita davanti e le lunghe ore di liceo, quel tempo con Marta e i caffè dopo le lezioni, i libri da leggere e i sabati in cui sbarcare con il coltello tra i denti; ogni volta che torno su tutto ciò, finisco per scoprire, sotto una dolce superficie di giovinezza e frenesia, il dolore delle ferite ancora aperte, alle intemperie, convertite oggi, dopo il passare degli anni, in ombre dove la memoria non vuole fermarsi e raccoglie solo di esse, nel suo sorvolo, l’inquietudine che emanano, l’eco confusa del loro lamento. A volte sono ricordi come rumori sulle scale.
Nascosto dietro il giornale, ascoltandola di tanto in tanto parlare con la signora o con i bambini che viaggiavano con lei, rivissi i volti di amici i cui nomi credevo dimenticati, abitanti di quel tempo in cui ci destavamo a un mondo che, eccitante e crudele, ci aveva già catturati; e ricordai le aule fatiscenti, l’odore del proiettore surriscaldato con cui ci mostravano le diapositive, il lunedì pomeriggio, mentre in strada, d’inverno, si accendevano i primi lampioni e le prime insegne e gli autobus rombavano sotto le finestre, pieni di storie, in viaggio verso il centro, quegli autobus che non prendevamo quasi mai ma che erano lì, come una salvezza, come una promessa, e che in cambio di pochi spiccioli avrebbero trafitto illuminati, con noi a bordo, i limiti di ciò che era noto, l’angusto palcoscenico delle nostre vite di allora.