“Il maragià di Firenze” su Toscana Oggi
Paolo Ciampi e quella (strana) statua in fondo alle Cascine
Nel volume «Il Maragià di Firenze» il giornalista/scrittore svela il mistero del giovane indiano giunto in città dall’Inghilterra
Cultura, storia e storie, fantasiae realtà, sogni, poesia e vita vissuta. Di tutto questo Paolo Ciampi, giornalista e scrittore, ormai conosciuto ben oltre i confini della Toscana, scrive in Il Maragià di Firenze (Arkadia Editore, 128 pp., 14 euro). La cultura è quella che Ciampi dimostra di avere accostando personaggi della letteratura, della politica, del sociale, italiani e stranieri. La storia è quella che nelle pagine del libro è riuscito a studiare e ricercare. Le storie sono quelle di una Firenze che in quegli anni attraversava uno dei momenti più ricchi prima di precipitare nei debiti e nei fallimenti lasciati dall’essere stata Capitale d’Italia, ma anche quelle di alcuni personaggi realmente vissuti e, soprattutto, la sua storia personale che sembra quasi accompagnare e vivere confondendosi, anzi facendosi una cosa sola, con quello che è il protagonista del volume. La fantasia poi si mischia alla realtà della fine dell’Ottocento ma anche a quella dei giorni nostri, quelli dove Ciampi vive e lavora e sogna, perché ogni giorno è fatto anche proprio di sogni, quelli che ciascuno di noi vorrebbe realizzare e che invece spesso svaniscono la mattina appena apriamo gli occhi. Infine la poesia, che lo scrittore dimostra di amare senza limiti come, però, ama quello che la vita di ogni giorno gli riserva. L’Indiano, protagonista del suo ultimo lavoro, è la statua che sorge alla fine del parco delle Cascine a Firenze, e perché quel luogo, tanto caro ai fiorentini, si chiami così, lo spiega in quest’ultima sua fatica. Ciampi è un giornalista, e si sente, si legge in ogni pagina e in ogni riga. Accompagnato da alcuni strumenti del mestiere, come la penna e il taccuino ma anche l’Ipad, dove prendere appunti, scrivere le sue sensazioni, quella che sembra essere l’illusione di riuscire a ricostruire la vita di quel giovane Maragià arrivato a Firenze dall’India, passando dall’Inghilterra della regina Vittoria. Non sarà per sempre un’illusione, perché alla fine Ciampi arriva davvero a ricostruire quanto successo al giovane indiano. Certo non è una vera e propria biografia. Piuttosto proprio grazie al suo essere giornalista/scrittore, ma anche poeta, al suo scrivere veloce sempre dando la «notizia», spesso tra le righe del libro è proprio la poesia a farla da padrona. E non è certo un difetto. Anzi, anche la bicicletta sulla quale realmente ha fatto, e continua a fare, chilometri, lo aiuta a riflettere, a pensare, come poi fa ogni volta che arriva davanti alla statua in pietra dell’Indiano e si mette a parlare con lui davanti a una birra. Ci fermiamo qui nel presentare l’ultimo lavoro di Paolo Ciampi, non raccontiamo la storia, perché pur non essendo un romanzo e meno che mai un triller, Il Maragià di Firenze va letto per capirlo e scoprirlo, per arricchirci di ciò che lo scrittore riesce a trasmettere.
Domenico Mugnani