“Il maragià di Firenze” su Azione – settimanale di Migros Ticino
La normalità turistica è ancora lontana
Viaggiatori d’Occidente – L’atteso vaccino, quando sarà disponibile, non risolverà tanto in fretta tutte le situazioni come molti del settore sperano
Qualche sera fa ho parlato a lungo su Zoom con Tony Wheeler, il più importante viaggiatore del nostro tempo. Una volta era quasi impossibile sapere dove si trovasse; anche nei momenti più complicati per la sua azienda (la celebre Lonely Planet, il numero uno tra gli editori di guide turistiche) Tony ha sempre passato sei mesi all’anno in viaggio. Adesso sta nella sua casa di Melbourne e aspetta tempi migliori, per conversare con lui basta adattarsi al fuso orario australiano (ma è facile: quando qui è sera, là è mattina e viceversa). Qualche ora dopo è la volta di Rolf Potts, uno dei più interessanti scrittori di viaggio americani. La sua opera prima, Vagabonding, ha venduto più di centomila copie e ha ispirato i nomadi digitali, i pionieri di quel lavoro a distanza ora imposto dalla pandemia. Anche Potts se ne sta nella sua piccola fattoria in Kansas, ma decisamente di umore migliore, avendo da poco sposato l’attrice Kristen Bush: l’amore al tempo del Covid-19. Questi due viaggiatori esprimono bene il senso d’attesa caratteristico di questa fase. Ma non tutti possono aspettare con pari tranquillità. Le grandi compagnie (aerei, navi da crociera, catene di alberghi) stanno esaurendo le riserve e sono in sofferenza acuta così come, all’altro estremo della scala sociale, milioni di lavoratori: cuochi, camerieri, personale delle pulizie ecc. In diversi Paesi il turismo è la principale fonte di reddito per buona parte della popolazione. A Bali, per fare solo un esempio, chi poteva è tornato nel villaggio d’origine per lavorare nei campi o nei mestieri tradizionali; ma non è facile dopo essersi abituati al bel mondo del turismo internazionale. Verso la metà di novembre l’annuncio di un possibile vaccino ha risollevato gli animi. Le azioni delle imprese turistiche sono risalite dopo aver sfiorato l’abisso, i Tour Operator hanno registrato le prime prenotazioni, anche per viaggi costosi, le ricerche in rete si sono moltiplicate. Ma si è capito presto che anche nella migliore delle ipotesi ci vorrà parecchio tempo per produrre e distribuire il vaccino; quindi l’idea di riprendere il cammino là dove si era interrotto alla fine del 2019 (ma sembra un secolo fa) pare poco probabile. La dottoressa Felicity Nicholson, specialista di medicina dei viaggi, ha dichiarato alla CNN: «Penso che sia solo una questione di tempo prima che le cose tornino alla normalità, ma di tempo ce ne vorrà molto». Anche quando il vaccino sarà disponibile, sarà distribuito prima alle persone più vulnerabili e ai lavoratori indispensabili (sanità, trasporti ecc.). Gli altri dovranno aspettare il loro turno, ben che vada l’estate 2021. E una volta vaccinati, non pensate di salire sul primo aereo che passa! Prima bisognerà trovare un sistema per provare la propria salute, un passaporto sanitario digitale per esempio. I Paesi asiatici sono decisamente avanti in questo campo. In Cina la tradizionale settimana di viaggi (Golden Week), in occasione dell’anniversario della proclamazione della Repubblica popolare (1. ottobre), ha registrato numeri sorprendenti: circa seicentoquaranta milioni di viaggiatori, con una spesa di quasi settanta miliardi di dollari. Rispetto all’anno scorso, solo il 20% in meno, un’inezia con l’aria che tira. Il tracciamento su vasta scala sembra aver funzionato e ora la Cina preme per estendere su base globale il suo sistema basato su QR code, combinando big data e le informazioni fornite dagli stessi utenti. Come nei semafori, una luce verde sul proprio smartphone indica quando è possibile viaggiare, giallo e rosso sono invece indicatori di quarantena. Ma da noi questo modello non sembra facilmente imitabile perché implica un pesante controllo sociale delle libertà e della mobilità personale, forse incompatibile con uno Stato di diritto. Infatti, in un tweet il direttore dell’Osservatorio sui diritti umani Kenneth Roth ha espresso cautela: «L’iniziale preoccupazione per la salute potrebbe facilmente diventare un cavallo di Troia per un più ampio monitoraggio e politiche di esclusione». In attesa di capire meglio, si naviga a vista. Letteralmente. Quando negli Usa i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie hanno raccomandato dei viaggi di prova prima di togliere il divieto alle crociere, i volontari sono stati numerosi. La voglia di viaggiare del resto non è mai venuta meno, anzi. Per intanto però un primo tentativo di far ripartire le navi è finito malissimo. Il viaggio caraibico della SeaDream 1, con giornalisti al seguito, voleva dimostrare che con rigidi protocolli di sicurezza, incluso regolari test a bordo, si potrebbe andare in crociera anche durante la pandemia, ma qualcosa non ha funzionato. Un passeggero si è ammalato e la nave è stata costretta a tornare alle Barbados, dove sono stati testati tutti i passeggeri, scoprendo altri positivi. Fine della crociera e tutti a casa. Va un po’ meglio per gli aerei da quando a fine ottobre una importante ricerca della Harvard School of Public Health ha dimostrato che i rischi di trasmissione di Covid-19 durante i voli sono molto bassi, addirittura minori rispetto ad altre attività quotidiane come fare la spesa o uscire a cena. Questo perché i sistemi di ventilazione della cabina cambiano continuamente l’aria e rimuovono oltre il 99% delle particelle infette. Volare sì, ma dove? Resta il problema di una possibile quarantena all’arrivo o al ritorno; inoltre i governi reagiscono con nervosismo a ogni notizia inattesa. In Inghilterra, il 22 ottobre, le Canarie sono state aggiunte alla lista delle possibili mete e molti si sono precipitati a prenotare una vacanza a novembre. Ma subito le nuove regole del secondo lockdown hanno vietato tutti i viaggi non essenziali. Julia Lo Bue-Said, rappresentante degli agenti di viaggio, ha commentato laconica: «L’industria dei viaggi è stata messa in croce».
Claudio Visentin