“Il lato sbagliato del cielo” su ALIBI Online
5 DOMANDE A LAURA BALDO, AUTRICE DE “IL LATO SBAGLIATO DEL CIELO”
A meno di un mese dal lancio del suo nuovo romanzo storico, “Il lato sbagliato del cielo”, pubblicato da Arkadia nella collana “Eclypse”, ALIBI Online ha intervistato l’autrice (nonché collaboratrice) Laura Baldo.
- Come ti è venuta l’idea del romanzo?
L’idea è nata da principio come racconto. Ne avevo letto uno che parlava di un lager, e mi sono accorta di non aver mai trovato nessun racconto o romanzo a tema dove il protagonista fosse non un prigioniero ma un guardiano. Anche solo scrivere un racconto breve mi ha richiesto ore di ricerche e, soprattutto, mentre lo scrivevo mi sono accorta che era una storia che mi sarebbe piaciuto ampliare e approfondire, perché mi permetteva di trattare temi che mi stanno a cuore come il conflitto tra identità e società o i pericoli del pregiudizio.
- Al di là dei dettagli tecnici, la visita dei campi ti è servita per elaborare la storia?
La visita, in realtà, è avvenuta quando il romanzo era già terminato. Non era in programma, ma avevo una settimana di ferie e ho pensato: perché non sfruttarla per vedere qualche campo di concentramento? Più seriamente, non è sempre possibile visitare i luoghi di persona, quindi uso tutto ciò che trovo (libri, foto, mappe online) per farmi un’idea precisa. In pratica, se sono così fortunata da poterci andare, è come se ci fossi già stata: riconosco i punti di riferimento, il clima, l’atmosfera. In questo caso, ho trovato dettagli che non c’erano nei documenti e non si notavano dalle vecchie foto, ad esempio il fatto che la parte alta del lager si raggiungeva con delle scalinate (una c’è ancora). Sono piccoli dettagli, ma essendo abbastanza perfezionista avrei odiato inserirli sbagliati nel libro.
- Come hai scelto i brani musicali che dissemini nelle pagine della storia? Rivestono “significati” particolari?
La musica nei lager è un dettaglio che mi affascinava, per il contrasto con l’orrore quotidiano, quindi è entrata di diritto nell’ambientazione. Ho fatto ricerche anche per sapere che musica veniva suonata o diffusa. In una delle fonti su Flossenbürg si citavano i concerti della domenica, e in particolare “Schön ist die Welt”, proprio per sottolineare l’ironia della cosa. Per questo l’ho inserito anch’io, con l’aggiunta dell’Inno alla gioia, che ha un significato ulteriore: è l’inno europeo e un invito alla fratellanza. Suona nel momento in cui Rainer e Lucjan, un tedesco e un polacco, infine si parlano. La canzone “Remember” che Rainer cita come la preferita di Ilse, l’ho scelta — oltre che per l’ironia (il compositore era ebreo) — perché uno dei problemi di Rainer è proprio il non voler ricordare. I dischi che mette Krüger invece sono uno specchio della sua personalità contraddittoria: il canto di vendetta della Regina della notte e l’aria di Scarpia (personaggio che ha molti punti in comune con lui) si mescolano al brano lirico di Brahms, all’ingenuità di Madama Butterfly (la mia opera preferita) e alla speranza fiduciosa di Elsa nel Lohengrin, che sogna un cavaliere che la salvi. Le canzoni di Zarah Leander erano molto popolari all’epoca, ma ho scelto quelle due perché mi piacevano e avevano il significato giusto. L’attesa di un miracolo stride con l’atmosfera degli ultimi mesi di guerra, ma sottolinea anche il cambiamento che sta avvenendo in Rainer, mentre la canzone sulle rose rosse si intona all’ambivalenza di Krüger, che tra l’altro è appassionato di rose, tanto da chiamare Rose il gatto (maschio). La musica insomma ha un ruolo importante nella storia, per la sua capacità di parlare direttamente all’anima, saltando le convenzioni e le difese mentali. Ho fatto anche una playlist del romanzo, dove alle musiche citate ho aggiunto brani moderni che esprimono l’atmosfera delle varie scene.
- A pagina 34 racconti la difficoltà di Rainer con la “scrittura per sé”: stai descrivendo una situazione tua personale?
Quando inizio a scrivere non penso mai a dare tratti miei ai personaggi, ma in qualche modo finiscono sempre per ereditare qualcosa. Una volta scrivevo poesie, ma poi ho abbandonato. Quando, molti anni e vicissitudini dopo, ho tentato di nuovo di scrivere, la sensazione era la stessa descritta nel romanzo: che il mio polso fosse diventato più rigido. Non davo la colpa a una resistenza mentale, ma fisica, la stessa cosa che fa Rainer. Sono riuscita a sbloccarmi iniziando a scrivere non poesie o cose personali, ma un romanzo fantasy, qualcosa che apparentemente non c’entrava niente con me. Il fatto di dare a Rainer la passione per la scrittura è stato spontaneo, forse per rendermi ancora più facile identificarmi con lui.
- I tuoi prossimi progetti?
A breve uscirà il primo volume di una serie fantasy, a cui ne seguiranno altri tre. Pur essendo ambientata in un mondo inventato, ha molti temi in comune con il romanzo appena uscito: la relatività di bene e male, l’accettazione del diverso, l’importanza di esaminare le cose da più punti di vista. Ho terminato uno spin-off de “Il lato sbagliato del cielo”, che parla di Helmut Krüger, dall’infanzia fin dopo la fuga. Qui non ho avuto spazio per approfondire il suo personaggio, che è molto complesso e anche ostico da far diventare un protagonista. Riuscire a scrivere la sua storia — piena di eventi terribili, subiti o perpetrati — in prima persona era una sfida come scrittrice. Non è stato però troppo difficile immedesimarmi, perché anche in lui c’è molto di mio, come l’amore per i libri, la psicologia e l’opera lirica, oltre ad alcuni tratti caratteriali. Per il prossimo libro ho diverse idee, ma probabilmente sarà un altro romanzo storico, magari stavolta ambientato in Italia, o in Trentino, la mia regione.
Saul Stucchi
Il link all’intervista su ALIBI Online: https://bit.ly/38BeCjE