Il lato nascosto delle storie
1
L’inganno
Il linguaggio è un traditore, un agente segreto doppiogiochista
che scivola inavvertito tra un confine e l’altro
nel cuore della notte.
JONATHAN COE
Il cancello arrugginito si chiude alle sue spalle cigolando lungo il binario di ferro, pare il guaito di un cane ferito. Il cielo è una distesa bianca che galleggia sopra la sua testa e sfuma il paesaggio in un biancore viscoso. L’uomo è fermo sul marciapiede fuori dal carcere, assapora il silenzio che lo circonda; in una mano stringe una busta di plastica con gli oggetti che gli hanno restituito al momento dell’uscita e nell’altra una sigaretta: aspira il fumo con avidità, come fosse ossigeno. Attraversa la strada evitando le buche e aggirando un cartello azzoppato che indica dei lavori stradali lasciati a metà da chissà quanto tempo, una voragine del terreno che pare una bocca sdentata spalancata nel vuoto. Un cassone dell’immondizia è rovesciato da un lato e sputa fuori un groviglio di rifiuti, più in là una radura incendiata e resti anneriti di arbusti e foglie.
Quando arriva alla fermata del bus, si volta per un attimo con il timore irrazionale che una guardia all’ultimo momento esca a riacciuffarlo; il carcere visto da fuori è un’enorme sagoma grigia, un monolite alieno precipitato dal cielo in una zona abbandonata. Sono passati sei anni dal suo arresto: strati di delusioni, ricordi amari e rabbia che anno dopo anno si sono depositati in lui come passate di cemento.