“Il fabbricante di giocattoli” su I libri di Mompracem
SIMON, ARCHIVIO DI DOMANDE E LUOGO DELL’ANIMA
Il fabbricante di giocattoli di Tito Barbini è un archivio: di vita, di Storia, di confronti. Si entra in un archivio cercando delle risposte a delle domande a priori e a volte dalla ricerca ne emergono di inaspettate. Quali sono le domande che in filigrana pone Il fabbricante di giocattoli (Arkadia editore)? Non sono evidenti, perché non sono connotate dal punto interrogativo, ma appaino attraverso il dipanarsi dei pensieri pagina dopo pagina. Simon Radowitzky è l’archivio delle domande personali di Tito Barbini a se stesso a cui il personaggio dà le sue risposte. I ricordi hanno valore se hanno profondità. Così scrive Barbini in relazione alla vicenda umana, offrendone una chiave di lettura. Se un libro prevedesse le istruzioni per l’uso, qui bisognerebbe indicare di leggere prima tutta la produzione dell’autore. Perché questa è la profondità che si coglie nello sviluppo della narrazione. L’irriducibilità del credo di Simon, che si manifesta in azioni reiterate e coerenti, la nostalgia della dimensione attiva nelle passeggiate messicane sono risposte, probabilmente diverse, alle stesse domande che Barbini porta con sé. Senza quelle domande forse non sarebbe esistita la sua scrittura. Questo accade quando si scrive per cercare vicende in cui dare risonanza e spazio alla propria interiorità. Come in un viaggio si fa coi luoghi. Simon è un luogo dell’anima che il viaggiatore Barbini attraversa con le mappe dei documenti raccolti in una progressiva empatia umana che lo porta ad affiancare al dato storico la ricostruzione immaginifica dei sentimenti. Capire. Capire il perché di un gesto violento in un giovane che non appare tale. Capire la resistenza nell’inferno di Ushuaia, capire il ritorno alla vita, capire l’azione e la nostalgia, capire l’amore. Tito Barbini non narra, cerca di capire. Come se quelle risposte contenessero un tassello personale in più nelle riflessioni che in lui costantemente affiorano. La storia narrata è affascinante, particolare, divergente. In ogni pagina si dialoga con un giovane assassino che è una vittima, con uomo che ha attraversato una giustizia terribile per ritornare ancora alle sue idee e all’azione, con un essere umano privato della vita che nel finale ha potuto e saputo amare. Simon ci permette di esercitare la poliedricità della riflessione senza la necessità di un giudizio perché in fondo le vite si vivono e non si giudicano. Forse è questa la risposta finale a tutte le domande.
Luisa Fazzini
Il link alla recensione su I libri di Mompracem: https://bit.ly/3pZthfL