“Il codice Stradivari” su SoloLibri
Il codice Stradivari di Mauro Caneschi
Arkadia, 2023 – Il romanzo narra le misteriose vicende che ruotano attorno a un’opera d’arte ‒ un trittico attribuito al pittore Jacobello del Fiore ‒ oscuramente collegata al liutaio Stradivari. I fratelli Dario e Marco Mannelli, affiancati dall’Intelligenza Artificiale LUCIA, devono risolvere il mistero.
La storia che Mauro Caneschi narra nel suo ultimo romanzo, Il codice Stradivari, da poco pubblicato da Arkadia, inizia (in senso narrativo, non cronologico) nel 1943, a Venezia. Il rabbino Franco Boralevi si appresta a fuggire in Svizzera, con altri ebrei, per evitare la deportazione. L’irruzione delle SS nella canonica della chiesa di Sant’Eufemia, dove il rabbino si sta accomiatando dall’amico don Giulio, il parroco, gli impedisce la fuga; tuttavia, poco prima di essere catturato e ucciso dai militari, Boralevi riesce ad affidare a don Giulio qualcosa di molto prezioso che appartiene alla sua famiglia. Con un salto temporale la storia ci catapulta nell’agosto del 2023, in Toscana, dove da poco Dario Mannelli ha salutato la moglie Sonia, di cui è innamoratissimo, e si appresta cupamente ad affrontare un mese senza di lei che sta volando verso New York. Lo conforta Marco, suo fratello.
A far passare il tempo più in fretta contribuisce un caso di cui i due fratelli devono occuparsi, con l’ausilio della preziosa collaboratrice Lucia, Intelligenza Artificiale che ormai fa parte della loro vita quotidiana: un ex compagno di scuola di Dario, Sandro Zanetti, mostra loro una lettera scritta nel 1943 a suo padre, Alberto, morto di recente, dal fratello, don Giulio. La lettera collega con frasi sibilline un trittico di Jacobello del Fiore a Stradivari e Sandro spera che i Mannelli riescano a comprendere di che si tratti: Non so chi leggerà questa mia lettera oltre a te, ma ti ricordo quanto mi prema il restauro del trittico di Jacobello. Tu che conosci l’arte, sai bene che, per “leggere” un’opera di tale bellezza, occorra guardare non solo quanto appare davanti allo sguardo ma anche sul retro. Te l’affido. Antonio Stradivari te ne sarà grato. Tu, che hai diviso con me la passione per la musica, la poesia e gli enigmi, mi puoi capire. Non dimenticare anche, finita questa tribolazione, di portare saluto ai Boralevi con tutto quello che la pittura ti potrà donare. Si tratta di cosa loro.
La narrazione procede in un continuo andirivieni temporale e geografico, portandoci nella Cremona secentesca in cui vive Antonio Stradivari, il liutaio, e ritornando all’attualità, passando per l’epoca nazifascista.
Al centro del romanzo c’è una promessa che il liutaio più famoso di tutti i tempi è stato costretto a fare al pittore Sebastiano Ricci. Seguendo a ritroso le poche tracce a loro disposizione – un’opera d’arte smembrata, carteggi antichi e recenti da decifrare – i Mannelli e Lucia si addentrano nei percorsi misteriosi che legano quell’antica promessa alla vicenda del rabbino Boralevi e di don Giulio, deportato durante il nazifascismo e mai tornato da Mauthausen. La storia, che ha un bel ritmo e coinvolge, presenta spunti divertenti e fa riflettere sul ruolo dell’Intelligenza Artificiale.
Significativa la dedica iniziale, che riassume in modo efficace i temi centrali: All’Arte che da sempre unisce gli uomini con un filo sottile mai interrotto dal passare del tempo, al gioco che da sempre danna gli uomini causando non
voluti passaggi di cose e di averi, all’intelligenza e alla deduzione che forse tra poco saranno appannaggio non solo della stirpe di Caino.
Rosalia Messina
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