“Il campo degli asfodeli” su L’Unione Sarda
LETTURE D’ESTATE: ARRIVA IL NUOVO MEMOIR DI FRANCO MANNONI
Quando il futuro dell’Isola passava dal Sessantotto
È la stagione delle lotte per la rinascita delle zone interne della Sardegna negli anni Sessanta e Settanta del Novecento la protagonista de “Il campo degli asfodeli” (Arkadia, 184 pagine, € 15), recente fatica letteraria di Franco Mannoni (nella foto di Daniela Zedda) , classe 1938, socialista, già insegnante, consigliere regionale dal 1979 al 1994 ed ex assessore all’Ambiente e al Bilancio. Col piglio del navigato narratore, Mannoni rievoca lo slancio riformista del Psi stretto tra le maglie della “Intesa Autonomistica” delineata dalle forze politiche maggiori.
Epoca storica
Non fa sconti quando tratta del Sessantotto, che in Sardegna fu «di frontiera, periodo di sequestri di persona e latitanti, di disagio frutto del confronto tra lo stile di vita paesano e le promesse della società dei consumi, inventata per chi aveva soldi da spendere». Parla di Peppino Catte, Sebastiano Dessanay, Giovanni Nonne, Giannino Guiso. Ricorda la volta che Bettino Craxi divorò carasau e pecorino dopo un comizio. Non tace nemmeno sugli errori marchiani, quali quello di trasformare Badu e’Carros in un penitenziario di massima sicurezza, o sulla sopravvalutazione dell’idea centralista dei processi di industrializzazione e modernizzazione del centro Sardegna.
L’industria
Liquida l’esperienza di Ottana come «fabbrica delle illusioni», parto di una «ideologia concentrata solo sul presente». Colpisce, del lavoro di Mannoni -alla sua terza esperienza nella narrativa dopo i fortunati “Disincanto e speranza” e “Se ascolti il vento”-, anche l’abilità dell’autore nel mescolare le riflessioni di più ampio respiro con riferimenti a fatti intimi riguardanti, ad esempio, la moglie Teresa, i figli, l’amata Nuoro, gli anni da dirigente della pubblica istruzione («particolarmente felici le pagine sulla burocrazia negli uffici scolastici, la vanità, le astruserie di buffi uscieri, la sciatteria di Provveditori spesso al servizio delle logiche del partito di maggioranza», sottolinea nella prefazione lo storico Gianluca Scroccu), i racconti, i sentimenti condivisi davanti al fuoco di tanti camini.
Il finale
Cosa resta, alla fine, di quell’epoca di fermenti, contraddizioni ed entusiasmi? Franco Mannoni lascia la valutazione ai posteri, evidenziando che l’energia che ha animato la sua penna è «stata la necessità etica, esistenziale, di dar conto con precisione e lealtà dei risultati, parziali e quasi mai appaganti, come delle illusioni e delle sconfitte».
Fabio Marcello