“Il buio delle tre” su Border Liber
Il buio delle tre. Vladimir Di Prima e le “dolorose legittime aspirazioni”
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Il buio delle tre” di Vladimir Di Prima, Arkadia, 2023
Quanto è legittimo inseguire i propri sogni o le proprie aspirazioni? Ce lo chiederemo, tra una risata amara e l’altra, diverse volte durante la lettura del romanzo di Vladimir Di Prima. Lo scrittore siciliano tocca un tema caro a molti tra coloro che vanno alla ricerca di “un colpo di fortuna” che riveli al mondo il talento di cui sono dotati.
Partiamo da Pinuccio Badalà
Così si chiama il protagonista del romanzo ed è un aspirante scrittore. Lui sa fin dal principio che sarà difficile, infatti non ha competenze in materia e non è stato un grande lettore. Nonostante tutto, è convinto che basti immergersi tra i libri, studiare la tecnica, la storia della letteratura e condire le cose con quel talento naturale che qualcuno già gli riconosce. Ha anche dei solidi traumi sui quali edificare il proprio pensiero. Il padre ad esempio è rimasto coinvolto nella strage di Bologna del 1980, esperienza dalla quale si è salvato rimanendo però invalido e ostaggio della depressione; il tumore che devastò la zia, a causa di varie mutilazioni; un ambiente, quello della provincia catanese, che rende gli uomini molli e superficiali, legati alla “dote e al prestigio sociale”. Insomma, Pino Badalà crede di avere tutte le carte in regola per diventare un rinomato scrittore.
La realtà però è un’altra
È finito il tempo delle vorticose argomentazioni, dei grandi teoremi, delle scalate verso le vette del pensiero. Sono finite le sperimentazioni. Il libro è un oggetto, anzi una merce; lo scrittore è un personaggio pubblico, deve essere banale, al massimo un po’ piccato su argomenti che catturano momentaneamente l’attenzione della massa. Solo in quegli attimi, creati ad hoc dal potere, può mostrare un po’ del suo bagaglio dialettico; logicamente, fino a un certo punto. Il neo-letterato deve partecipare agli show che contano, deve essere ospitato nei salotti buoni, deve crearsi il suo zoccolo duro. Logicamente, anche la sua scrittura deve adeguarsi alle tematiche del periodo, così come il suo genio. Ma Pinuccio tutto questo non lo sa; lui è troppo distante dal centro e dalla stanza dei bottoni. Come fare, quindi?
Essere o non essere? Metafisica di un paraculo
Di Prima ha creato un personaggio simbolo della nostra epoca, diviso tra accettazione delle regole e voglia di allontanarsene. La sua lotta per rimanere se stesso, pur sapendo che questo atteggiamento lo porterà all’isolamento e alla morte civile, è forte come quella di tentare ogni strada per farsi notare. Ma questa voglia, comunque, è dettata da una volontà di riscatto che rende Pinuccio un disturbatore, un sovvertitore di ogni decalogo comportamentale. Lo stile scelto dallo scrittore siciliano è ironico, fin troppo in alcuni punti, ma tra le pagine si avverte il dramma del protagonista, il suo dolore che rimbalza contro i muri di gomma della moderna “industria culturale”. Tutto in Pino Badalà è eroico e, come sappiamo, un eroe non può essere definito tale se non vive una tragedia.
Un finale a sorpresa
Ed è quello che ci regala Di Prima. Poi, il resto si fa tra le nostre mani un atto di denuncia, perché certi episodi sono tristemente noti e, per quanto indignino, non manca giorno in cui il “paraculo” di turno non si lasci imbellettare e imbalsamare dagli onori della cronaca, diventando uomo di massa e opinione. Forse bisognerebbe ritornare alla lezione dei greci in merito alla “gloria e all’opinione”?
Martino Ciano
Il link alla recensione su Border Liber: https://bitly.ws/39I2F