“Il babbo di Pinocchio” su MasticadoresItalia
Due libri a confronto di Marisa Salabelle
IL BABBO DI PINOCCHIO, DI PAOLO CIAMPI (ARKADIA 2023)
A FIRENZE CON VASCO PRATOLINI, DI VALERIO AIOLLI (PERRONE, 2023)
Negli ultimi mesi del 2023 sono usciti, a non molti giorni di distanza l’uno dall’altro, due libri che presentano una certa affinità, sia per la città di cui parlano, Firenze, sia per l’evidente affetto che gli autori, fiorentini entrambi, nutrono verso di essa, sia perché in ciascuno dei due la città è rappresentata attraverso gli occhi di altri due fiorentini illustri e grandi scrittori. Si tratta di Il babbo di Pinocchio, di Paolo Ciampi (Arkadia editore) e di A Firenze con Vasco Pratolini, di Valerio Aiolli (Giulio Perrone editore). Due lunghe passeggiate in una città ormai scomparsa, una città vivace e popolana, oggi consegnata mani e piedi ai turisti e privata, forse per sempre, della sua anima più autentica. Ma andiamo con ordine. Partiamo con Il babbo di Pinocchio: qui un giornalista che non ha voglia di andare a dormire, e nel quale riconosciamo l’alter ego dell’autore, Paolo Ciampi, nota una figura d’uomo dall’aspetto vagamente anacronistico seduta su una panchina di piazza San Lorenzo. Il giornalista non ci pensa su due volte e si mette a sedere accanto all’uomo: per un po’ stanno in silenzio, poi lo sconosciuto inizia a parlare, definendo Firenze come “la città di Acchiappacitrulli”. Un momento! La città di Acchiappacitrulli… chi è che ha coniato questo buffo nome? Possibile che… in poche parole, lo sconosciuto si rivela essere Carlo Lorenzini, per tutti Collodi, il padre di Pinocchio. I due, lo scrittore ottocentesco e il giornalista del XXI secolo, si fanno un giro per la città, ripercorrendo i luoghi di Lorenzini detto Collodi, facendo rivivere la Firenze di un tempo, confrontandola con la Firenze di oggi, così cambiata, così snaturata. La passeggiata è anche un pretesto per ricostruire la vita e l’attività letteraria di Carlo Collodi, pardon, Lorenzini, cui l’essere diventato famoso in tutto il mondo a causa del famoso burattino da lui creato va un po’ stretto. E, essendo Paolo Ciampi l’autore di questo delizioso racconto, non possono mancare le digressioni, le riflessioni, l’affabulazione caratteristica del suo modo di scrivere. Il lettore, nel mio caso la lettrice, si lascia portare in giro per la Firenze antica e moderna, si lascia sedurre dalla conversazione di questi due uomini che nel giro di una notte si fanno tutta la città a piedi, fermandosi di tanto in tanto in qualche bar a bere qualcosa. E rimane di stucco, la lettrice, specialmente se conosce Paolo Ciampi di persona e il suo sorriso disarmante, quando a un certo punto legge che a tutti quelli che lo lodano per il suo buonumore e per il suo viso sempre sorridente, il narratore replica con sarcasmo: dovrebbero vedermi a casa mia… rivelando l’indole malinconica che comunque la lettrice aveva già percepito leggendo le altre opere del Nostro. Anche Valerio Aiolli ci porta in giro per una Firenze d’altri tempi, anche se più vicina a noi rispetto a quella in cui è vissuto Lorenzini: la Firenze di Vasco Pratolini, il quartiere di Santa Croce, San Frediano, la mitica via del Corno, dove ha vissuto gli anni dell’adolescenza e dove è ambientata Cronaca di poveri amanti. Anche per Valerio Aiolli quella Firenze è svanita: «Posso darvi un consiglio?», scrive: «Non andateci, in via del Corno. Oggi via del Corno non esiste. O meglio esiste, ma non vive.» Anche in questo caso la rievocazione di una città che non c’è più, non quella dei monumenti abbaglianti per il loro splendore e dei fast food, dei negozi di vestiti e di souvenir, ma quella dei bottegai, degli artigiani, dei ragazzi che giocavano in strada. Una città amata e magistralmente ritratta da Vasco Pratolini, la cui vita e le cui opere vengono qui sapientemente riproposte al lettore, o alla lettrice, da Valerio Aiolli.
Nota dell’editore sull’immagine
Il Giardino di Boboli è un parco storico della città di Firenze. Nato come giardino granducale di Palazzo Pitti, è connesso anche al Forte di Belvedere, avamposto militare per la sicurezza del sovrano e la sua famiglia. Il giardino, che accoglie ogni anno oltre 800.000 visitatori, è uno dei più importanti esempi di giardino all’italiana al mondo ed è un vero e proprio museo all’aperto, per l’impostazione architettonico-paesaggistica e per la collezione di sculture, che vanno dalle antichità romane al XX secolo. Il giardino di Boboli è uno dei più famosi giardini della penisola. I giardini furono costruiti tra il XVI e il XIX secolo, dai Medici, poi dagli Asburgo-Lorena e dai Savoia, e occupano un’area di circa 45.000 m². Alla prima impostazione di stile tardo-rinascimentale, visibile nel nucleo più vicino al palazzo, si aggiunsero negli anni nuove porzioni con differenti impostazioni: lungo l’asse parallelo al palazzo nacquero l’asse prospettico del viottolone, dal quale si dipanano vialetti ricoperti di ghiaia che portano a laghetti, fontane, ninfei, tempietti e grotte. Notevole è l’importanza che nel giardino assumono le statue e gli edifici, come la settecentesca Kaffeehaus (raro esempio di gusto rococò in Toscana), che permette di godere del panorama sulla città, o la limonaia, ancora nell’originario color verde Lorena.
Marisa Salabelle
Il link alla recensione su MasticadoresItalia: https://bitly.ws/3c2zc