“I tre anelli del diavolo” su la Repubblica – Palermo
Il passato ritorna a ritmo di rock
Le atmosfere cupe e sempre agli estremi alla Raymond Carver, personaggi che stridono col sottofondo di “Cry Baby” di Janis Joplin. E anime sole che consumano la loro vita nel tentativo di adeguarsi alla mediocrità che li circonda. A volte sfondandola in pieno. “I tre anelli del diavolo”, nuovo romanzo di Fabio Casano (Arkadia è un gioco narrativo di intrighi dal sapore rock. Perché nel rock annegano i suoi personaggi: Dres, ex alcolista, membro e fondatore dei Toothed Pussy, band che aveva avuto un fugace successo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, Sean Blade, icona del rock britannico e leader del gruppo Whanders, storica band degli anni Sessanta, Rosie, Dawn e Petunia, i personaggi femminili che girano attorno a una storia di incastri familiari, di servi e di padroni, di eccessi e difetti. Dres è un musicista che prova a riciclarsi un matrimonio in preda a «nebbie etiliche», i ricordi ancora vividi di una band che si è disintegrata in poco tempo a causa delle tendenze autodistruttive dei componenti e un manager imbroglione. Tra una colonna sonora di cartoni animati e l’altra, sua nuova attività palliativo, viene invitato a trascorrere le vacanze estive nella villa dell’amico Blade per registrare insieme un nuovo disco di ballate tradizionali. «Io inizio la prima strofa da solo e tu mi vieni dietro solo con gli accordi». I due fanno i colleghi amici, anche un poco maghi: perché anche «una canzone assomiglia a un gioco di prestigio. Funziona solo se non vedi il trucco». Così come il passato, che all’improvviso piomba nella vita di Dres. E le carte si rimescolano. Il romanzo prende la piega di una rincorsa ai fantasmi, dove nessun personaggio è quello che sembra. Dres scoprirà suo malgrado di avere avuto un padre «dalla vita strana e infernale» e quel disco, meditato per rinascere da musicista, finirà per diventare la sua morte, condizione necessaria per cominciare a ricordare. Casano scrive un romanzo di parole e di note, torna a divertirsi e ad arpeggiare con la fantasia dopo “Elogio di Kit Karson” (Novantacento) e “Il ritorno dei favolosi Lucky Losers” (Qanat). Come in una discografia di brani rock, che passano da lacrime di whisky a sorrisi sfrenati, queste pagine divertono e fanno soffrire. Dres e Blade non si dimenticano facilmente.
Marta Occhipinti