I tre anelli del diavolo
CAPITOLO 1
Ogni volta che mi capita di attraversare quella terra di nessuno che è la M25, da Londra in direzione nord, la memoria torna al professore di Storia dei miei sedici anni, Mr. Willoby. Tipo abbastanza insignificante, con lunghe basette, filiforme, indossava quasi sempre un cardigan sdrucito dal colore tra il tortora e il beige, tutto il necessario per diventare lo zimbello di una classe di giovani delinquenti di Epping.
Eppure riusciva a incantarci. Il suo borbottio sputacchiante ipnotizzava anche i più irrequieti, incluso il sottoscritto, che, resi muti dall’incantesimo, si concedevano una pausa dalle loro nascenti carriere di bulli e impiegati in attività diversamente lecite e ascoltavano attenti.
Ricordo le sue lezioni sull’espansione coloniale nel sedicesimo secolo, le prime spedizioni verso le Indie occidentali, come riusciva a raccontare in modo appassionante cosa avrebbero potuto provare i marinai di allora, mentre i loro vascelli in legno discendevano le acque sicure del Tamigi verso l’oceano sconosciuto. Il loro ultimo sguardo alla ricerca di un volto caro, il passaggio attraverso le piane brumose, gli ultimi ricordi della terraferma, ben sapendo che per alcuni di loro quella avrebbe potuto essere l’ultima volta.
Così, mentre mi lascio alle spalle il rassicurante squallore degli ultimi sobborghi di Londra e l’automobile imbocca lo svincolo North/Hatfield, si stringe il cuore e mi sento come quei marinai in viaggio verso l’ignoto.
È successo sempre così, anche ai tempi della band, io ero quello che non guidava – mai avuta la patente – ed erano così forti l’ansia e l’insicurezza che non riuscivo a rilassarmi nemmeno un istante.
Oggi chi mi porta in giro, invece, è Petunia Leeves, la mia manager, la mia ancora di salvezza, la mia salvatrice.
Petunia Wilhelmina Leeves, con i suoi 80 kg per un metro e sessanta di statura, un piccolo autoblindo color ebano, che gorgheggia – ha cominciato da quando siamo saliti in macchina – gli inni della Chiesa Battista che abitualmente frequenta la domenica insieme alla madre, anche lei della stessa taglia e peso ma con trent’anni in più.
Scuote allegramente i dreadlocks freschi di parrucchiere, dopo essersi esibita in un amen particolarmente acuto, che di sicuro avrà trafitto il costato di Nostro Signore, e si gira soddisfatta.
«Bella la vita, Dres? Scarrozzato come un gran signore. Chi l’avrebbe mai detto?»