“I rifugi della memoria” su I libri di Mompracem
SPAGNA, LIBRI DA RICORDARE IN UN ANNO (QUASI) DA DIMENTICARE
L’anno editoriale 2020, qua in Spagna, è stato ricco di titoli interessanti, quasi tutti concepiti prima della pandemia. Se questa emergenza avrà delle ripercussioni sulla narrativa, non del tutto negative a giudicare dal malcelato entusiasmo di molti scrittori chiusi in casa, finalmente esonerati dagli impegni imprevisti, lo sapremo nel corso del 2021. A modo di preambolo, va detto che ogni lista deve fare i conti con almeno due difetti: l’impossibilità di leggere più di un certo numero di titoli e i gusti personali di chi la compila. Questo compendio li patisce entrambi, ma gli attribuisco almeno un merito: non tiene conto delle vendite. Quelle, anche in Spagna, sono spesso imperscrutabili, e come ogni buon scribacchino che si rifugia nel suo studio per cause di forza maggiore, ho scelto deliberatamente di ignorarle (in caso contrario, non avrei dovuto parlar d’altro che del fenomeno El infinito en un junco, pluripremiata storia dell’invenzione del libro che sarà tradotta da Bompiani). Se alcuni di questi libri hanno scalato le classifiche, è perché esiste un certo numero di lettori che dopo essersi imbattuti nel sorprendente successo di Irene Vallejo, ha preferito risparmiarsi i farraginosi thriller medievali che imperversano anche a queste latitudini (se Umberto Eco avesse immaginato in che razza di impiccio ci avrebbe cacciati, avrebbe sogghignato ancora di più scrivendo Il nome della rosa). Insomma, questi sono alcuni libri in lingua spagnola usciti nel 2020 di cui ci potremmo ricordarci anche tra diversi anni.
Andrés Barba, Vida de Gustavino y Gustavino (Anagrama)
Andrés Barba è ormai autore consolidato, che vanta anche in Italia un buon numero di traduzioni. Nel 2020 ha pubblicato la biografia di un architetto di Valencia, Rafael Gustavino, che nel 1881, senza parlare una parola di inglese e con quarantamila dollari in tasca, il ricavato di una sonora truffa, si recò a New York. Quel viaggio movimentato che culminò nella sua partecipazione a edifici iconici come la Grand Central Station, la Cattedrale di Saint John o il Queensboro Bridge, rappresenta qualcosa di più dell’ennesima versione del cliché del sogno americano. Gustavino è la palpabile dimostrazione di quanto possa nascere un’identità architettonica nazionale in modo del tutto casuale.
Mara Mahía, Secretos (Editorial Dieciséis)
Un’altra storia ambientata tra la Spagna e gli Stati Uniti. Mara Mahía, con il suo Secretos, è stata tra le sorprese del tartassato anno appena concluso. Ha saputo indagare sulle vicende della sua famiglia come se a parlare fosse una bambina nascosta sotto il tavolo che ascolta i discorsi seri dei genitori. Mahía ha interpretato con freschezza, acume e candore, alternando i punti di vista della narrazione, un genere spiccatamente femminile (purtroppo o per fortuna), quello delle vicende familiari che si raccontano sottovoce.
Sara Mesa, Un amor (Anagrama) e Txani Rodríguez, Los últimos románticos (Seix Barral)
Sarebbe necessario parlare di Sara Mesa, autrice di punta della corazzata Anagrama, il cui Un amor (titolo che ricorda lo splendido romanzo di Dino Buzzati) confesso di non aver ancora letto. La trama, però, mi ha riportato a un bel libro della meno conosciuta Txani Rodríguez, che invece ho avuto il piacere di conoscere quest’estate. Autrice basca di origini andaluse, Txani Rodríguez ha scritto un romanzo tenero e ben riuscito, Los últimos románticos, in cui un’impiegata in una fabbrica di carta sembra essere rimasta l’unica persona a preoccuparsi per l’anziana vicina, maltrattata dal figlio, degli scioperanti che si oppongono al licenziamento e di se stessa. Una desolata epopea romantica condotta sotto traccia, attenta a non scollarsi dal mondo delle cose per non lasciarsi risucchiare da quello delle idee, al quale si sente intimamente più vicina.
Paco Bescós, Las manos cerradas (Sílex)
Un racconto sull’invalidità della figlia Paulina si trasforma in una testimonianza autobiografica che non cede neppure un centimetro al sentimentalismo. L’aspetto migliore di questo particolare libro di Bescós, romanziere che d’altro canto aveva già riscosso successi di critica e pubblico con El baile de los penitentes, El costado derecho e El porqué del color rojo, risiede nella confutazione del mito del superamento individuale, del se vuoi puoi, un’edulcorata narrazione che funziona solo a determinate condizioni, e che ronza da un po’ di tempo a questa parte nelle orecchie dei genitori che affrontano la dura esperienza di un figlio disabile. La cronaca della quotidianità è la miglior ricetta contro l’inganno delle ricompense che dovrebbero ricadere sugli eroi che non sono tali, e consente di concentrarsi invece su una più utile analisi dei trattamenti attualmente disponibili (e accessibili) per chi si trova ad affrontare una così impervia prova d’amore e, soprattutto, di cure.
Carlos Castán, Cuentos (Páginas de Espuma)
Considerato da molti il miglior scrittore spagnolo di racconti, Carlos Castán è tornato nelle librerie con la raccolta completa dei suoi tre volumi Frío de vivir, Museo de la soledad e Solo de lo perdido. Nei suoi racconti non ci sono punti fermi, piuttosto un modo molto personale di raccontare e uno sguardo intelligente sulle questioni che gli stanno a cuore: la solitudine, la fragilità di tutto ciò che ci circonda, le cicatrici d’amore, la lotta contro i fantasmi interiori, contro la colpa e l’ingombrante memoria. È uno di quei rari scrittori che sembrano aver scelto di scrivere quando, in realtà, avrebbe preferito tacere, il che rende ogni parola ancora più preziosa. La traduzione italiana del secondo dei suoi libri, Museo della solitudine, uscirà prossimamente per Arkadia Editore.
Juan Marsé, Viaje al Sur (Lumen)
Libro postumo di un gigante della letteratura, quaderno impressionistico di un viaggio in Andalusia ambientato nel 1962, in cui Marsé racconta l’ultimo periodo di vagabondaggi giovanili, sulla soglia della sua evoluzione in scrittore a tempo completo. I diari di viaggio in Andalusia sono un classico della letteratura ispano-americana, basti ricordare che per quelle terre hanno transitato, taccuino in tasca e penna fremente, due maestri del reportage come Roberto Arlt e Chaves Nogales (Acqueforti spagnole e Siviglia, rispettivamente) e che lo stesso Federico García Lorca, nel suo Impressioni e paesaggi, annotò i colori, i rumori e i versi del cielo andaluso insieme alle prime poesie (si possono leggere in Granada, Casimiro Libri, 2020).
Andrés Ibañez, Nunca preguntes su nombre a un pájaro (Galaxia Gutenberg)
Andrés Ibañez, scrittore sui generis che tiene un’imperdibile colonna settimanale sul supplemento culturale ABCD, ha pubblicato un sentito omaggio ai romanzi nordamericani, in cui Horst, scrittore in una crisi creativa, si rifugia in una grande casa sperduta tra le montagne dello stato di New York. In quella dimora ha vissuto Winslow Patrick, uno dei suoi idoli letterari, che ha conosciuto quando era un giovane studente. Ora la casa è sua e anche i suoi enigmi, i suoi segreti e le sue maledizioni. Andrés Ibañez, quando riesce a tenere sotto controllo il numero delle pagine dei suoi romanzi, è trai migliori scrittori spagnoli contemporanei.
Andrés Trapiello, Madrid (Libros del Asteroide)
È il caso di segnalare poi un libro che, nelle sue intenzioni, vorrebbe essere il definitivo su Madrid. Il suo autore, il navigato e celebrato Andrés Trapiello, dà le sufficienti garanzie per credere nella consapevolezza di una tale illusione, rendendolo, se non definitivo, necessario. Madrid ricostruisce la storia della relazione amorosa tra l’autore e la capitale spagnola, una storia d’amore che dura da trent’anni. È tra i libri più belli e venduti dell’anno che abbiamo appena lasciato, di cui ha senz’altro costituito una delle poche note positive. Per me che sono tanto legato a Madrid, è una storia ricca di dati e di atmosfere, senza squilibri tra le due categorie, che terrò vicino per molto tempo.
José Luis Cancho, Cuaderno de invierno (Papeles mínimos)
José Luis Cancho, che ha fatto la sua prima apparizione in Italia con I rifugi della memoria (2020), e del quale segnalerei probabilmente anche gli appunti presi sul tovagliolo, ha pubblicato un libro di poesie, Cuaderno de invierno, che eccederebbe i limiti di questo articolo, sennonché vi compaiono alcune brevi prose di una tale forza che meritano di essere menzionate, come questa sul viaggio, per esempio:
C’è qualcosa di profondamente umano nella stanchezza. La stanchezza invita alla contemplazione. Se proprio si dovesse scegliere, ci piacerebbe essere esperti in stanchezza. Ricordiamo in particolare alcune stanchezze estreme, alle quali si è arrivati viaggiando per giorni e notti attraverso le Ande peruviane, o attraversando le steppe dell’Anatolia, oppure nei deserti africani. Certe stanchezze che ti rendevano permeabile, che ti aprivano al sentimento di comunione con il mondo, che t’innalzavano a dissoluzioni ed espansioni illimitate. Arthur Koestler lo chiamava “sentimento oceanico”. Era la catarsi assoluta, la pace che eccede la comprensione. L’io, la maledizione dell’io, si dissolveva come un fluido nel paesaggio.
Alessandro Gianetti
Il link alla segnalazione su I libri di Mompracem: https://bit.ly/2YcU6jK