“I giorni pari” su Letteratitudine News
I GIORNI PARI di Maria Caterina Prezioso (Arkadia)
“I giorni pari” di Maria Caterina Prezioso (Arkadia, 2024): intervista all’autrice
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Italia 1940-1955. Sara e Silvana, una specchio dell’altra. Due storie che si alternano per poi forse incontrarsi solo anni dopo. Anni vissuti l’una all’insaputa dell’altra. Anni feroci in Italia e nel mondo.
Ho letto il tuo pregevole romanzo e ne sono rimasta folgorata. Struttura ampia e convincente, coscienziosamente documentato l’apparato storico. Funzionante e ben congegnato il plot. Geniale il dipanarsi della storia attraverso le due figure femminili, strumentali allo squadernarsi di situazioni complesse e diversificate.
– Come ti sei così sapientemente documentata su questa nostra Storia ancora pungente?
Ho sempre studiato questa materia con interesse. Poi all’Università alla facoltà di Scienze Politiche, l’incontro con il professore Francesco Maria Leonardi che mi ha fatto amare ancora di più non solo la storia, ma la necessità di documentarla con la ricerca dei fatti accaduti, ho approfondito questo particolare periodo storico e in qualche modo l’ho fatto mio. Ma forse la documentazione principale viene dal sapere ascoltare i racconti di coloro che hanno vissuto in prima persona. Pungente è il termine esatto per definire la Storia dell’Italia del novecento, fatte di tante realtà e accadimenti: politici, sociali e personali. Ho provato a raccontare alcuni di questi episodi, non sempre noti, allo stesso tempo ho sperimentato una scrittura delicata e forte, che nell’insieme formasse uno spaccato di quello che abbiamo alle spalle e che purtroppo ritorna in modi nuovi.
– Sara e Silvana, l’una scampata alla Shoa, troverà rifugio a Sperlonga, l’altra verrà ricoverata al Forlanini, intrecciando le loro storie. Dalla dedica si desume che Silvana l’hai ripescata dalla memoria. Chi è questa Silvana per te?
Sì, nella dedica “A Silvana del mio ricordo. A Sara della mia immaginazione” ci sono due elementi fondamentali della mia scrittura. Il ricordo e l’immaginazione. Riuscire a creare attraverso l’elaborazione della memoria e con l’aiuto della immaginazione che è di per se stessa, appunto “immaginifica”, un tessuto nel quale il lettore possa entrare nel romanzo. Per questo voglio lasciare pensare al lettore, non voglio confermare o meno, voglio che il lettore lo creda. Silvana ha diritto di esistere negli occhi di coloro che leggono, la mia Silvana personale ora è anche vostra.
– Dalla citazione a esergo di Sepulveda capisco il potere che attribuisci alla parola come memento. Che messaggio vuoi dare ai lettori, ricordando il regime fascista e nazista e in generale le atrocità commesse?
Messaggio? L’Italia non ha fatto i conti con il suo passato. Per questo oggi ci ritroviamo in una situazione di totale strabismo storico. Sicuramente accade non solo in Italia, ma in tutta Europa e paradossalmente in America. Ma il fascismo è nato in Italia ed è da qui che deve ripartire una stagione diversa, una stagione di rinascita democratica. E per farlo c’è bisogno di prendere posizioni che non siano solo di forma ma di pensiero costruttivo e costante. Mi riapproprio delle parole di Sara “C’era qualcosa di più. A me pareva che il passato non fosse così passato e che dietro una fumosa cortina di allegria si celasse la tentazione di molti di quelli che una volta erano fascisti di tornare al potere. Un nuovo volto, una nuova storia, si sarebbero rifatti il trucco per presentarsi innocenti davanti al mondo”.
– Pensi che la natura umana sia correggibile o piuttosto sia determinata da fattori ineludibile?
Immagino la natura umana come una “danza” di foglie, una coreografia che senza libertà, solidarietà, diritti dell’uomo, uguaglianza e armonia non ha significato alcuno. Bisogna imparare a danzare perseguendo questi sentimenti.
– I titoli di coda li ho trovati riuscitissimi, sei forse anche una sceneggiatrice?
Non ho mai lavorato per il cinema. Ho scritto drammaturgia, questo sì. Scrivo però per immagini e mi piace molto l’idea di vedere scorrere, come al cinema, i titoli di coda dove si racconta quello che è stato di coloro che sono sopravvissuti e di coloro che realmente esistiti hanno fatto un pezzo di Storia.
– Quanto fiducia riponi nella medicina, visto che il tema della malattia è presente nella tua opera?
Il professor Giusto Fegiz è emblematico nella sua professionalità, ma soprattutto nella sua umanità. Un dottore che ha saputo offrire la sua esistenza alla cura di una malattia terribile all’epoca, la tubercolosi: una malattia che ha falciato una generazione di ragazzi e ragazze. Un esperto in pneumotorace. Silvana si fida ciecamente di lui. Ha messo la sua vita nelle mani di Fegiz. Oggi gli essere umani sono percepiti, soprattutto dalle case farmaceutiche e a seguire anche dai governi come delle “quote di mercato”.
– Quale è il target del tuo romanzo?
Lo stanno leggendo donne e uomini, le donne sono diventate lettrici “forti” come si usa dire. Sarei felice che lo leggessero anche i ragazzi e le ragazze. Sara e Silvana e molti degli altri protagonisti sono giovani che vivono un momento particolare della Storia, ma sono anche coloro che faranno la Storia di domani che oggi è diventata passato. Mi piace pensare che I giorni pari possano essere una spinta per le nuove generazioni a mettersi in gioco e a darci un futuro diverso da quello che a quanto pare abbiamo preparato per loro.
– Possiamo ascrivere il tuo romanzo nel genere neorealista. Quali sono i tuoi modelli realisti?
Un lettore ha definito I giorni pari un romanzo di un “nuovo neorealismo poetico” che ho trovato bellissimo e che fa tanto bene al cuore. I modelli realisti? Non posso non pensare a Elsa Morante e a Ennio Flaiano. La Morante mi ha dato tanto anche quando non è stata capita e attaccata dalla cultura dominante. Flaiano, per la sua umanità, un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole. Ma questa forse è un’altra storia da raccontare.
– Considerando la conclusione, quanto è forte la presenza di Dio in te?
Dio ha un approccio personale con ognuno di noi. Per me è una presenza forte, a suo modo una presenza costante. Per me Dio è memoria, resistenza e speranza.
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La scheda del libro: “I giorni pari” di Maria Caterina Prezioso (Arkadia, 2024)
Italia 1940-1955. Sara e Silvana, una specchio dell’altra. Due storie che si alternano per poi forse incontrarsi solo anni dopo. Anni vissuti l’una all’insaputa dell’altra. Anni feroci in Italia e nel mondo. Quelli del fascismo, della Seconda guerra mondiale, della sconfitta e della rinascita. Nel mezzo una Nazione allo sbando. Sara è una ragazzina ebrea che, scampata alla Shoà, troverà rifugio nel piccolo borgo di Sperlonga. Silvana, invece, è una ragazzina di Val Melaina, una borgata di Roma, immersa in una giovinezza delicata e povera che la porterà al Forlanini, il Sanatorio di Roma, luogo in cui tenterà di sopravvivere e diventare una donna. Attraverso le loro voci conosceremo gli altri personaggi, alcuni realmente esistiti altri di fantasia, le rispettive famiglie, le avventure di una stagione, la giovinezza vissuta nel periodo della guerra e gli accadimenti del periodo successivo. Come al cinema scorreranno i titoli di coda che racconteranno quale sia stato il destino di ciascuno dei protagonisti, quelli che ce l’hanno fatta e quelli che si sono arresi. Dalle loro voci ascolteremo uno spaccato di quegli anni, di un’intera stagione che, per quanto si voglia provare a dimenticare, ritorna spesso con un’attualità sconcertante.
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Giovanna Albi
Il link all’intervista su Letteratitudine News: https://tinyurl.com/82t3ky72