“Giovani ci siamo amati senza saperlo” su Thrillernord
GIOVANI CI SIAMO AMATI SENZA SAPERLO
Sinossi. Questa è una commedia veneziana, protagonisti quattro ragazzi di vent’anni: Sabrina, detta “Feli”, Barbara, Rodrigo ed Ema. Le loro storie s’intersecano sul palcoscenico della città di Casanova, a cavallo fra l’estate del 1990, mentre l’aria è intarsiata dall’ebbrezza dei mondiali di calcio e da una canzoncina ossessiva sulle notti magiche, e la primavera del 1991 quando, da una radio di qualche mansarda sotto i tetti di Venezia, arriva una canzone che dice I’m Going Slightly Mad. La giovinezza corre sensuale nel sangue e fra le calli, al punto che i quattro non riconoscono gli indizi, quei segni malandrini che vediamo solo dopo, e che condurranno al gioco finale, al colpo di scena che lascerà di stucco i protagonisti di una storia in cui Venezia fa da sfondo alla freschezza dei nostri anni migliori.
Recensione
Torna in libreria a un anno di distanza, sempre con Arkadia Editore, Emanuele Petter, venezianoresidente in Florida, e lo fa riprendendo e sviluppando, per certi versi, i temi già visti (e amati) in “Floridiana”. Ritroviamo la giovinezza (che si fugge tuttavia), la scoperta dell’amore e del sesso, e immancabile, insondabile, irraggiungibile come una dea, lei: Venezia. La bellezza, la solitudine, le intemperanze e la disperazione dei 20 anni ci raggiungono attraverso la voce di Ema, che nel 1990 vive nella casa che era della nonna assieme al coinquilino Rodrigo, e narra le loro avventure condivise con Feli (all’anagrafe Sabrina) e Barbara, studiando lettere e girovagando per una Venezia che è “una città che non dà confidenza. Snob e altera, Venezia: mi piaceva anche per questo, quando dalla terraferma ci venivo a bighellonare con qualche ragazza. La notte, profittando dell’intimità umida delle calli, della luna complice che si bagnava nei canali, come una dea nuda e capricciosa, intessendoli di trame d’argento. Oh, Venezia, com’eri bella! Molle e languida […] quasi svogliata, quasi crudele…”
Si sente subito in queste prime righe (siamo a pagina 9) tutto il profondo e fisico amore di Pettener per la sua città: ed è in questa prima metà del romanzo che la sua prosa si fa quasi poesia, trascinata dal ballo e dai veli della sua Venezia/Salomé. Ballo in cui trascina anche i suoi lettori, inseguendo l’occhio inquieto del protagonista rincorrere ragazze, i loro corpi dalla pelle e i muscoli tesi della giovinezza, ma soprattutto i loro movimenti, i dettagli di un gesto, un particolare, un sorriso, uno sguardo, la sensualità più che la sessualità, se non altro in prima battuta.
“Non era tanto la bellezza, intesa nel senso ellenico di armonia di forme, a sedurmi quanto la femminilità, quel quid inesprimibile che percepivo, spesso, in ragazze che i miei coetanei insensibili trascuravano, tutti presi dalla triplice alleanza gambe tette culi. Che amavo, sia chiaro, ma su cui possedevo un certo controllo. A farmelo perdere erano dettagli, la delicatezza di un gesto, lo sciogliersi i capelli o riannodarseli tenendo il fermaglio in bocca, l’innocenza di un sorriso inatteso, l’orlo del vestito che si alzava o lo sfilarsi di una scarpina”.
La sensualità, tuttavia, è per Ema binomio inscindibile dal sesso, che occupa una discreta parte del suo cervello e del suo tempo, non c’è l’una senza l’altra. E a ben guardare il tutto è perfettamente coerente con l’ambientazione: non si può pensare ad altro a Venezia, sembra voler dire lo studente ventenne completamente immerso nelle sue luci, odori, colori, esattamente come lo è il perdersi fra le gambe di una femmina.
La storia prende corpo lentamente, per poi in modo insospettabile e del tutto improvviso cambiare passo, registro, azione. La vita di tutti prenderà una piega imprevedibile, ancorché ineluttabile, lasciando il lettore quasi ubriaco a chiedersi se non fosse già tutto scritto fin dall’inizio. Perché questa è Venezia, e la sua bellezza. E la sua maledizione. Che vi piaccia o no.
Sara Zanferrari
Il link alla recensione su Thrillernord: https://bit.ly/3aEUuAQ