“Folisca” su Leggere:tutti
Miriam D’Ambrosio – Folisca
Folisca. “Sembra una folata di vento che trasporta una foglia, la solleva, la trascina ancora a terra, la rialza e la lascia cadere”. Scintilla nascosta, brace sotto la cenere. È la storia di Rosetta Andrezzi, personaggio realmente esistito, una giovane sciantosa conosciuta nei teatri italiani come Rosetta De Woltery, questa narrata da un’ispiratissima Miriam D’Ambrosio. Sullo sfondo di una Milano immersa nella Belle Époque, tra la magia dei café chantant e l’incombere sordo e mortifero della Grande Guerra ormai dietro l’angolo. Folisca è il suo nome d’amore, quello attribuitole da Gino nel momento del loro sentimentale avvicinamento, pieno di prospettive e di emozioni nuove, dopo un inizio di vita molto difficile e costellato da esperienze profondamente segnanti. Purtroppo sulle loro braci si abbattono, inesorabili, violenza, sopraffazione, ansia di potere fuori controllo rappresentate dal questurino Musti, presunto difensore dell’ordine ma incarnazione perfetta delle pulsioni più basse ed egoistiche destinate a portare morte, forse non avendone neppure una giusta percezione. È proprio lui l’altra faccia della medaglia. La storia di Rosetta diventa quindi simbolo tangibile di un’intera epoca, nella quale l’apertura di un secolo percepito e raccontato come portatore assoluto di modernità, di arte, di creatività, di progresso, si ritrova quasi inaspettatamente impantanato in un’atmosfera di morte, di violenza, di regressione allo spietato gesto primordiale dell’uomo che uccide l’uomo. Dialoghi, descrizioni, luoghi… Tutto contribuisce a regalare uno spaccato fedelissimo di quegli anni, tra analisi e racconto di un fatto di cronaca nera, frettolosamente catalogato e vani tentativi di fare luce e di restituire verità. Un racconto che fila via appassionante e scorrevole, lasciando dietro e dentro di sé le tracce inequivocabili di una dialettica attualissima tra pulsioni di morte e desiderio di vita, tra sopraffazione sui simili e pura condivisione di bellezza, tra ansia di potere e desiderio di ricerca. Ogni personaggio è presentato con attenzione, colto nelle proprie umane debolezze e figlio perfetto dell’epoca raccontata. Perfino il giovane direttore dell’Avanti, Benito Mussolini, che prova a smentire la versione ufficiale intrisa di mere verità di comodo e che prova a fare giustizia, incarna anche un evidente presagio di morte che incombe sull’Italia futura. Diranno che Rosetta era solo una prostituta, una poco di buono vicina al mondo del malaffare, una poveretta suicidatasi con il sublimato corrosivo, il veleno usato proprio da quelle come lei. Ma c’è l’umanità dietro ogni etichetta sbrigativamente affibbiata ed è la caratteristica più preziosa di questa storia. Rosetta è infatti l’incarnazione di tutte le vittime innocenti che gridano ancora giustizia. Folisca è quindi, soprattutto un atto d’amore nei confronti di ogni pur minimo sguardo di speranza, di ogni fiamma smorzata, di ogni vita spezzata. Un amore profondo che è principalmente memoria preziosa. “La memoria della bellezza non muore con noi, resta”. Come brace accesa ancora sotto la cenere. Ce ne accorgiamo quando qualcuno, come riesce a fare splendidamente Miriam D’Ambrosio, soffiando amorevolmente e appassionatamente sulle braci, riesce a renderle di nuovo fiamma ben visibile. Da tenere sempre accesa. Nel tempo.
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