“Erano gli anni” su Satisfiction
DANIELE CONGIU. ERANO GLI ANNI
La scrittura di Daniele Congiu è robusta, ma al contempo elastica, capace di affrontare la navigazione di un mare attraverso gli occhi e il respiro di un bambino che solo crescendo riesce a prendere aria nei polmoni e calarsi dentro quella profondità degli abissi del perdono e del riscatto. Una saga familiare, una dinastia caduta in rovina quella degli uomini Contu: il cavaliere Leonardo, i figli Alessandro il rapace, Ettore il bello, Silvio il padre perso, Giuseppe il mondo al rovescio, Davide l’io narrante di questa storia. Una storia che attraversa le epoche: i primi del Novecento, la Prima guerra mondiale, l’avvento del fascismo, la Seconda guerra mondiale, l’arrivo degli alleati, i favolosi anni ‘60 e il boom economico e strada facendo arriviamo ai giorni nostri quando ci possiamo trovare davanti al bivio di decidere se continuare a vivere perpetuando il dolore di una arcaica durezza o provare a immergerci nella tenace volontà di aprirci a un mondo nuovo fatto di consapevolezze e di tenerezze dimenticate nel cassetto dei desideri. E poi Cagliari con la sua bellezza di un mondo lasciato a se stesso e le donne di questa storia. Forse a modo loro le vere protagoniste. “Davide! Tu sei l’ultimo dei Contu. Voi maschi della famiglia dannati siete. C’è una maledizione su di voi. Farete soffrire sempre chi vi sta vicino. Ricordati: non affidarti mai a uomini della tua famiglia. Neanche a tuo padre. Se avrai bisogno di aiuto, se vorrai capire qualcosa di più del tuo futuro affidati a una donna. Sarà una donna a liberarti.” E poi il mare. Davide cresce nel quartiere popolare di San Michele ma sogna e vive ogni estate il mare di Cala Cipolla. E’dal mare che riceve la forza e nel mare che trova la sua ragione di vita. E al mare ritorna perché la scrittura di Congiu nasce e trova respiro nel mare. E’ una scrittura, se si può dire, salina quella di Daniele Congiu. E’frammentaria, scogliosa, ruvida ma riesce a raccontare quelle sensazioni che si provano sulla pelle, sulla propria pelle. Congiu riesce a raccontare di loro, di un passato che senza la sua scrittura non sarebbe altro che un lontano ricordo. Riusciamo a seguirlo via terra attraversando strade sterrate, percorriamo insieme a lui quei quattro chilometri in mezzo a lagune salmastre, a nugoli di fenicotteri rosa che ci separano da Cala Cipolla, una cala a sud di Cagliari, sotto Capo Spartivento. Ne ha fatta di navigazione Daniele Congiu, dal suo romanzo di esordio “La chiave di Velikovsky” (Arkadia, 2013), pubblicato anche in Spagna per Editorial Bóveda ed è riuscito ad approdare a una scrittura articolata, fatta di storie e di Storia, una scrittura adulta con la voce di bambino. “Chiusi gli occhi. Sentivo le onde che mi passavano due metri sopra trascinare il mio corpo avanti e indietro, lentamente. E mi sentivo assorbire, sciogliere in quel movimento come dentro un respiro profondo… Inspirare ed espirare. Il mare respirava per me”. E infine torniamo a Cagliari, a questa città di una struggente calcarea rudezza. Torniamo a quell’attico di un palazzo in via Roma sopra al Caffè Torino. Quell’appartamento dove tutto è cominciato e tutto può concludersi con un nuovo inizio, un imprevisto non considerato, una variante, un tragitto di riscatto e libertà. Apriamo la porta-finestra e usciamo sulla veranda. Assisteremo a un spettacolo della natura. “Sopra di noi volteggiavano i gabbiani, sospesi a librarsi nell’aria come aquiloni… da lì lo sguardo poteva spaziare verso il mare aperto. Si vedeva tutto il golfo degli Angeli sino all’isola di San Macario e il Capo di Nora”. Sì erano gli anni.
Maria Caterina Prezioso
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