“Erano gli anni” su Sardegna Reporter
Daniele Congiu presenta il suo romanzo “Erano gli anni”
Viaggio a Cagliari e nella Sardegna del Novecento con “Erano gli anni”, il nuovo romanzo di Daniele Congiu, edito da Arkadia, che verrà presentato DOMANI (giovedì 28 marzo) alle 18 nel Foyer del Teatro Massimo di Cagliari
Viaggio a Cagliari e nella Sardegna del Novecento con “Erano gli anni”, il nuovo romanzo di Daniele Congiu, edito da Arkadia, che verrà presentato DOMANI (giovedì 28 marzo) alle 18 nel Foyer del Teatro Massimo di Cagliari nell’incontro con l’autore, a cura della giornalista e critica d’arte Alessandra Menesini (L’Unione Sarda) con letture di Michela Atzeni, per un nuovo appuntamento sotto le insegne di Legger_ezza 2024 / il progetto di Promozione della Lettura – VI edizione a cura del CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna in collaborazione con la Libreria Edumondo.
Daniele Congiu presenta il suo romanzo “Erano gli anni”
Un intrigante ritratto di famiglia, incentrato su una dinastia di imprenditori e banchieri, a partire dal capostipite Leonardo, uomo severo e autoritario e dai suoi due figli, Alessandro e Ettore, uno abile in affari ma algido e spietato l’altro affascinante e impenitente seduttore, che lascerà la famiglia per trasferirsi oltreoceano, e il suo erede Silvio, intelligente e perbene, ma troppo onesto per un’epoca intrisa di ipocrisia, per arrivare alle generazioni successive. Giuseppe, cresciuto senza un padre, nella solitudine di un collegio, dopo la tragica morte di Silvio sotto i bombardamenti, spesso nei guai per il suo temperamento irruento e impulsivo, mette la testa a posto grazie all’incontro con la giovane che diverrà sua moglie e suo figlio Davide, protagonista e voce narrante del romanzo, con digressioni e lunghi flashback da cui emergono frammenti del passato, le cui conseguenze si riflettono inevitabilmente sul presente. A dieci anni, il ragazzino sembra aver ereditato, insieme all’energia e la voglia di vivere della sua età, il carattere duro e quasi selvaggio dei suoi antenati insieme a un sentimento di rabbia, con la profonda indignazione di chi fin da piccolo è costretto a confrontarsi con le ingiustizie e la crudeltà dell’esistenza e il sordo rancore di chi intuisce di e custodisce l’amarezza di chi è vittima incolpevole dei capricci del fato e della malvagità umana. Cronache di un’infanzia e un’adolescenza in uno dei rioni popolari sorti nel secondo dopoguerra, tra miseria materiale (e morale), dove vige la legge del più forte con regole non scritte ma ben note e confini da non superare mai. Nella sua estrema giovinezza e fragilità, contrapposta a una precoce consapevolezza e lucidità quasi da adulto, pur con tutta l’inesperienza e l’ingenuità proprie dell’età, Davide è il vero “eroe” della storia, in un racconto di formazione dove incontri pericolosi si alternano a meravigliose e terribili scoperte, con in più il privilegio, ignoto ai suoi predecessori, di essere il figlio desiderato e amato di una coppia bene assortita, sia pure tra luci e ombre di una quotidianità irta di difficoltà.
“Erano gli anni”
“Erano gli anni” descrive la realtà attraverso gli occhi di un ragazzino, maturato anzitempo tra guerre di bande e tentativi di sopravvivere tra bulli di quartiere e caos del traffico, in cui le giornate trascorrono tra la scuola e la strada nel lungo “inverno” tra il grigiore dei palazzoni di cemento e il contatto con la natura e la luminosità dell’estate sotto una tenda, in un piccolo e quasi privato paradiso vicino al mare, simbolo di libertà. Nel romanzo Daniele Congiu spazia tra differenti registri e stili, dallo slang metropolitano in versione “casteddaja” alle incursioni e citazioni in sa limba, all’italiano semplice e scorrevole delle ricostruzioni della storia e della genealogia familiare, in cui di alternano i differenti punti di vista sulle cause e gli effetti della decadenza della famiglia, dai successi e i fallimenti delle imprese portate avanti dal fondatore della stirpe, capace di folgoranti intuizioni come di reggere con mano salda il timone anche durante le crisi economiche all’inadeguatezza dei suoi eredi. Esperto di comunicazione e new media, già copywriter, poi content editor per Klarsicht Verlag, Daniele Congiu ha al suo attivo collaborazioni con istituizioni e enti pubblici e progetti per la Rai, oltre a un primo romanzo, “La chiave di Velikovsky”, uscito anche in Spagna per Editorial Bóveda, la raccolta “Mare e ferro” e altri racconti inseriti in antologie come “Giganti di pietra” e “Il silenzio delle cicale”, è coautore di “Tifosi cagliaritani per sempre” e autore e sceneggiatore del documentario “On Earth as in The Sky”. «Il mio legame con la scrittura nasce dalla lettura: ho sempre letto, sin da piccolissimo. Leggo in ogni luogo e costantemente» – rivela –. «Mi interessa la ricerca della bellezza nelle sue varie forme: nell’arte, nella natura, nei piccoli accadimenti quotidiani. Sin da piccolo disegnavo, poi ho cominciato a dipingere, vincendo anche qualche premio. Dipingere ti porta sviluppare uno sguardo attento sul mondo, lo stesso di uno scrittore. Con il trasferimento per studio e lavoro a Rimini e in Olanda mi sono ritrovato a lavorare come copywriter e, anche per la mancanza di spazio per attrezzare uno studio con tele e cavalletti, il passaggio alla scrittura come forma espressiva è diventato definitivo». Nel dettaglio, pure nella dimensione creativa del romanzo, il suo è comunque un approccio “tecnologico” da cittadino europeo del terzo millennio: «Uso molto i supporti digitali. Mi trovo bene con lo sviluppo di scalette sempre più approfondite su documenti online, che poi diventano sempre più strutturati. Quando inizio a scrivere, con queste premesse, il lavoro diventa velocissimo. Ho scritto anche delle sceneggiature per docufiction, ma è una esperienza molto faticosa e, a mio parere, meno gratificante di scrivere letteratura». L’dea del romanzo ha preso forma, come spesso accade, “quasi” per caso: «Nel 2016 il mio editore, Arkadia, mi propose di scrivere un racconto breve per l’antologia “Giganti di pietra” e così mi ritrovai a scrivere, quasi di getto, un breve racconto ambientato negli anni ’70 nel quartiere di San Michele dove sono vissuto» – spiega Daniele Congiu –. «E nel farlo scoprii che dentro di me continuava a esistere, seppur nascosta, la stessa rabbia dei personaggi che descrivevo, una rabbia che aveva radici lontane. Mi ritrovai a mio agio in una scrittura per me nuova – rapida, asciutta e molto vicina al parlato – e capii che per comprendere le ragioni di quel sentimento dovevo indagare il passato, le origini e la storia della mia famiglia e della città, Cagliari». “Erano gli anni” è il risultato e la sintesi di una ricerca artistica e personale, trasfigurati in forma di romanzo: un libro che si legge tutto d’un fiato per la capacità dell’autore di lasciar intuire e svelare via via, da differenti angolature e dando così voce ai vari personaggi, gli avvenimenti e le loro implicazioni, in un racconto incentrato sulle umane passioni e debolezze sempre sul filo della suspense, tenendo desta la curiosità del lettore e il desiderio di scoprire come andrà a finire la storia.
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