“Con tutto il mio cuore rimasto” su L’Unione Sarda
Scusa Gesù, scrivo su fogli a quadretti
Sullo sfondo di Palermo, città natale e luogo intimo di Rosario Palazzolo, la vicenda di un ragazzino segregato e costretto a dialogare col crocifisso
La letteratura può vantarsi di avere una o mille sfaccettature. E ha la peculiarità di aderire sempre agli stati d’animo di chi legge. Non solo. Alla stregua Alcibiade, nella descrizione di Plutarco, la scrittura è mutevole come i colori di un camaleonte: se un’alchimia ora la rende gradevole e attraente, un sotterfugio altrettanto rapidamente rischia di farla apparire ispida e corrosiva. “Con tutto il mio cuore rimasto” del siciliano Rosario Palazzolo, pubblicato nella collana SideKar della casa editrice cagliaritana Arkadia, possiede intanto il pregio di non galleggiare nel guado dell’indefinitezza. Il resto, tutto il resto, si incasella nelle personali interpretazioni che intrappolano il giudizio, oppure lo deformano pur di non farsi dolorosamente investire.
La Trama
La storia è ambientata nel 1978 a Palermo, città dell’autore. Un bambino di 13 anni, chiuso, anzi segregato, in una stanza buia da due donne che hanno sprangato la porta con assi di legno per lasciarlo morire d’inedia, scrive una lettera a Gesù crocifisso. Tecnicamente si è di fronte a un lungo monologo che, pagina dopo pagina, fa emergere un flusso di coscienza che sa di diario scarmigliato, interrotto da alcune finestre che si spalancano sul presente. Al lettore lo sforzo, e la soddisfazione, di comporre la texture. L’incedere del racconto induce a una resa dei conti con un padre silenzioso, una madre arcigna e un prete che impartisce supplizi morali. Nello sfondo sempre Palermo che talvolta evapora per trasformarsi in luogo intimo e interiore. Anch’esso da abitare nell’intenzione concettuale della propria mappa mentale.
Lo stile
“Con tutto il mio cuore rimasto” non a caso è inserito nella collana SideKar. La scrittura viene definita in quarta di copertina «Stile travolgente, con inflessioni dialettali e colloquiali». Vero. È altrettanto vero però che occorre impegnarsi per non farsi sopraffare da diversi piani temporali proposti da Palazzolo o dalla scelta stilistica di uniformare e declinare i nomi propri tutti in minuscolo: «Mio padre si chiama guglielmo, e si chiama guglielmo per via che pure suo nonno si chiamava guglielmo e qui c’è questa usanza che se un nonno si chiama guglielmo anche il nipote deve chiamarsi guglielmo» E la reiterazione del nome di battesimo “guglielmo” non assomiglia forse a quell’architettura fortissimamente siciliana che è il barocco? Siamo, dunque, di fronte al ricciolo rococò della letteratura? Sosteneva il critico d’arte Philippe Daverio che il barocco «è il prodotto di una fantasia pura che è molto legata alla pasticceria, è un prodotto gastronomico prima che architettonico: il ricciolo barocco è un ricciolo di panna». Altra caratteristica, in questo lungo monologo con Gesù, le note a piè di pagina. Indirizzate sempre al Cristo crocifisso, come se il protagonista sentisse l’esigenza di dettagliare meglio ciò che scrive. «Ma per oggi basta così, caro gesù, torna qui e inchiodati un’altra volta al posto tuo, ché questo era soltanto l’inizio, un inizio per vedere se ero capace di scancellarmi, e mi pare che sono capace, gesù mio, sono capace». E qui arriva la nota 4: «Scusa gesù, il quaderno a righe non l’ho trovato, c’ho messo questo a quadretti, fa uguale?».
Il pretesto
Le penultime pagine sono bianche. Hanno un titolo: Scrivi la risposta. La domanda la si trova nell’ultimo capoverso del libro. Palazzolo si apre e spiega nelle pagine definite il Pretesto: «E dunque, mi accade di scovare personaggi per i quali provo immediatamente un’emozione, e io ne ho bisogno, beninteso, affinché una scrittura detoni». La lingua di Palazzolo è fortemente caratterizzata, intrisa di ironia e di una certa verve dissacrante e giocosa. Altrettanto vale per i personaggi. E su questa scia, libera e liberatoria, non è un delitto affermare che “Con tutto il mio cuore rimasto” è una lettura che mette in croce, invito alla riflessione.
Giovanni Follesa