“Come una barca sul cemento” su Critica Letteraria

Essere il combustibile degli incendi: l’ultimo romanzo di Roberto Saporito

Come una barca sul cemento

Fai il tuo giro armato di torcia e sfollagente, nel silenzio macchiato di arancione dalle luci che illuminano il deposito, che trasformano le barche in immobili e spettrali e silenziosi esseri mitologici. In fondo ti piace questo lavoro, ti piace che non ci sia nessuno oltre a te, ti piace l’idea che in fondo non devi fare niente, solo “esserci”. (p. 44)

Mentre scrivo mi vengono in mente almeno tre modi per fuggire dalle situazioni: emotivamente, chiudendosi a riccio per evitare di restare coinvolti dagli eventi; spazialmente, allontanandosi fisicamente da ciò che non si vuole affrontare; temporalmente, rifugiandosi – figurativamente, s’intende – in un’epoca diversa rispetto a quella in cui si vive, ossia facendosi cullare da ciò che è stato o proiettandosi nel futuro elaborando nuove prospettive.

Il protagonista del racconto lungo di Saporito, per fuggire da una normale vita a Roma durante la quale svolgeva un prestigioso incarico come professore universitario, perso per motivi che solo nel finale vengono rivelati lasciando un senso d’inquietudine non sopito, opta per un cocktail letale di tutti e tre: evita i contatti umani andando a lavorare come guardiano notturno in una rimessa per barche, rifugiandosi lontano, in un piccolo paesino sperduto in Toscana, e soprattutto prende a contattare tutte le ragazze – ormai donne – con le quali non è riuscito a concludere nulla quand’era giovane: «Tutta una serie di madeleine che hai deciso di andare a cercare, senza un vero motivo scatenante, o comunque non a livello conscio, ma una cosa che vuoi per forza fare, cioè vuoi ritrovare tutte le donne con le quali avresti voluto fare sesso» (p. 11).

Ma se il passato è un luogo caldo, morbido e comodo come un letto pieno di coperte durante un gelido mattino invernale, un luogo che sa cullare e allontanare gli spettri del presente, è pur vero che è anche il luogo delle insidie perché ciò che è stato non è più, è ormai cambiato e perduto, nonché trasfigurato: il ricordo è un Giano bifronte, qualcosa che sa accendere le passioni e cancellare le paure, ma anche edulcorare e ingannare. E soprattutto, se ciò che è stato non è più, qualcosa deve aver riempito quel vuoto di trent’anni che nel frattempo è passato, e chi lo sa quanto orrore, quante schifezze, quanto male può aver colmato una così ampia distanza temporale.

Così, senza desiderarlo troppo ma anche senza negarlo, questo ex professore che ora è un guardiano notturno si ritrova immerso nelle vicende oscure delle due famiglie di due diverse donne: ci entra di prepotenza, senza chiedere permesso, porta scompiglio come solo sa portarlo chi ha una vita irrisolta e nessun affetto da rischiare, chi è solo con i propri spettri e se ne può fregare della desolazione che porta nelle vite degli altri. Le uniche paure sono per se stesso, ma d’altronde si può sempre sparire di nuovo, si può sempre fuggire verso altri lidi, si può sempre distruggere altre esistenze. È quello che accade a chi non sa fermarsi.

Ciò che resta, alla fine di questa triste storia, è un senso di inquietudine, magistralmente costruito in poche pagine che scorrono come fotogrammi di un corto – non c’è tempo di entrare nei dettagli, le cose capitano, le cose entrano ed escono dal campo visivo e vanno raccontate prima che diventino passato stantio, vanno raccontate ora che sono presente; ma resta anche un senso di pericolo che si può avvertire quando ci si fa troppo vicini a qualcuno che si percepisce non come malvagio, ma deleterio. È una sensazione strana, dura un istante appena, abbastanza per dirci che quella persona lì va evitata.

Come una barca sul cemento è la storia di chi dovrebbe andare e restare lontano da tutti perché per propria natura sa portare solo sventure; è la storia di chi non è l’accendino che dà fuoco alle cose bensì piuttosto la benzina sparsa su mobili e tappeti. È un bel racconto lungo, reso imperfetto da qualche vicenda che sembra essere stata inserita per dare un tocco più cupo all’atmosfera (penso alla storia del bambino scomparso) ma che risulta fuori luogo in quanto tocca solo in modo tangenziale gli eventi centrali del libro.

Per il resto, promosso in pieno.

David Valentini


Arkadia Editore

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