Cinquanta pensieri in Azione. Diritti, libertà, autonomia
Prefazione
In questi lunghi mesi di lotta alla pandemia abbiamo imparato che più del Coronavirus, che pure sconfiggeremo – ne sono certo – l’Italia corre un rischio maggiore: quello di “morire” di retorica e inanità.
La sfida che abbiamo di fronte durerà ancora molto tempo, è inutile nasconderlo. Ma resto fiducioso perché i cittadini italiani, soprattutto nel corso del primo lockdown della scorsa primavera, hanno dimostrato senso di responsabilità, attenendosi con scrupolo alle indicazioni del Governo. Loro hanno funzionato, lo Stato no.
Nel 2020 abbiamo scoperto il volto peggiore di uno Stato invasivo che indifferentemente acquista le mascherine e l’acciaio, i vaccini e le siringhe per somministrarli, distribuisce redditi di cittadinanza e bonus. Neppure il gigantesco debito pubblico che queste politiche hanno provocato sembra aver fermato la distribuzione, a pioggia, di sussidi, la spesa pubblica improduttiva e l’ipertrofia delle partecipazioni statali. Così non si genera sviluppo ma si ipoteca il futuro delle nuove generazioni.
Un’analisi impietosa che ritrovo nel libro di Aldo Berlinguer e con la quale concordo appieno. “Cinquanta pensieri in Azione”, cinquanta pillole di socialismo liberale, sono efficaci spaccati della nostra vita recente, pensieri sparsi legati da un filo comune che gettano luce sul pericoloso sentiero che l’Italia sta percorrendo, sulla china di un dirupo, nel quale rischiamo di precipitare.
Le sue idee aprono tante riflessioni su vicende, nazionali e locali, che in molti hanno colpevolmente trascurato nel frastuono di una lotta politica, inconcludente, ideologica e fatta solo di slogan. Le riflessioni di Aldo Berlinguer sono utili anche alla Sardegna e alla sua autonomia: un grande monumento regionale ingrigito e consumato. Come quelli che sovrastano tante nostre piazze e nessuno vede più, abbandonati alle intemperie del tempo.
Ora c’è bisogno di aprire una fase nuova nei rapporti tra la politica e gli italiani e c’è altrettanto bisogno di un salto di qualità perché siamo di fronte a una crisi della Repubblica più profonda di quella che affrontammo nel 1992. Quella di oggi non è solo la crisi di una classe dirigente ma dei fondamentali del nostro Paese.
La via d’uscita deve essere affidata al tentativo di instaurare un rapporto diverso con i cittadini. La pandemia ci ha insegnato un principio fondamentale: uno Stato che funziona fa la differenza tra la vita e la morte. Nel corso del 2020, invece, si sono svelate la fragilità della nostra sanità, l’arretratezza del sistema dell’educazione, l’onnipresenza della burocrazia.
Che fare? Primo: investire sulle aree in cui l’Italia ha un gap rispetto all’Europa, come nel caso dell’istruzione. Secondo: assicurare al nostro Paese la transizione digitale e ambientale come ho scritto nel mio Rapporto sulla nuova politica industriale approvato dalla Commissione Ue tre mesi fa, con il 75% dei voti favorevoli.
Oggi rinnovare la politica significa soprattutto portare al governo capacità amministrativa e gestionale, vuol dire convincere i cittadini a guardare la qualità dei programmi e sostenere i bravi amministratori locali, che devono essere coinvolti nella pratica del governo.
L’Italia è un Paese più forte di chi la vuole debole, che non merita di soccombere sotto il peso di tanto cinismo, inerzia, trascuratezza. Recuperiamo il pensiero azionista, che fu di Giuseppe Mazzini e poi di Ferruccio Parri, Emilio Lussu, Ugo La Malfa, Riccardo Lombardi e tanti altri che questa nostra Italia hanno contribuito a costruire, non a distruggere. Ed entriamo tutti in Azione, un movimento nuovo, dalle antiche origini, che oggi inaugura un lungo cammino.
Roma, 8 gennaio 2021
Carlo Calenda