Venezia, estate del 1990. Il mare, i Mondiali, il primo anno di università per Feli, Barbara, Rodrigo e Ema. Quel periodo della vita in cui tutto sembra a portata di mano, dove sembra di avere tutte le risposte e ci si chiede come abbiano fatto tutti gli altri (quelli adulti e regolari) a non aver capito un accidente di quella cosa bella e fresca e facile che è la vita. Questo il ritratto ideale dei protagonisti di questa commedia veneziana che racconta di un anno irripetibile della loro vita, in cui la Vita, l’amore, la passione e il desiderio saranno i cardini delle svolte e giravolte che legano e ribaltano relazioni e amicizie. In una corsa che sembra inarrestabile fino alla conclusione, al colpo di scena inaspettato che sparpaglierà le carte e darà conto di tutto, come nelle storie migliori, come la vita vera spesso sa sorprendere. Una scrittura che sa intrattenere perché si diverte lei per prima a fare il suo lavoro. Un autore con una voce fresca, che sa riproporre ai giorni nostri un genere che due secoli fa avremmo potuto vedere in scena a teatro. Un sogno di una notte di mezza estate dove l’elemento soprannaturale sono quelle notti magiche che ricordiamo con nostalgia, quando tutto sembrava più semplice e instradato verso un futuro luminoso e il superpotere delle possibilità e del coraggio della giovinezza, che tutto può e tutto pretende, nell’innocente inconsapevolezza che non ci sia, alla fine, un prezzo per ogni cosa.
Stefano
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Sarà in libreria dal 30 giugno il nuovo libro di Paola Musa, Umor vitreo, quarto titolo della serie dedicata ai “Vizi Capitali” iniziata nel 2019 con L’ora meridiana, che racconta, senza mai cadere nella banalità e in una cornice contemporanea, i demoni dell’accidia, cui hanno fatto seguito La figlia di Shakespeare, in cui ha costruito una storia magistrale intorno alla superbia, e il più recente Nessuno sotto il letto, una commedia sull’avarizia non solo materiale ma anche spirituale e culturale, pervasa da un sottile humor nero.
Con Umor vitreo l’autrice affronta il tema dell’invidia, e lo fa attraverso una elaborata scrittura che ci porta nell’immaginario paese di Livania.
La storia:
Dopo molti anni dalla scomparsa di Marla Naiges, moglie e compagna politica del dittatore Arteno Gora, la sua amica d’infanzia Ania Ledon, oramai ultraottantenne, accetta per la prima volta di rilasciare una testimonianza del loro lungo e controverso rapporto a un noto giornalista. Ambientato in un Paese immaginario, la Livania, ma con una descrizione verosimile sulle dinamiche che conducono all’instaurazione di una dittatura, il racconto di Ania è l’estremo tentativo di difendersi dall’accusa di complicità con il regime di allora, di respingere la riduttiva definizione di amica della diavolessa, diventando poco a poco l’autoanalisi spietata di un rapporto d’amicizia avvelenato dall’invidia, dalla prevaricazione e dall’impossibilità di superare psicologicamente le differenze sociali.
L’autrice:
Paola Musa è scrittrice, traduttrice, poetessa. Vive a Roma. Ha ottenuto diversi riconoscimenti in ambito poetico. Collabora da anni con numerosi musicisti come paroliere. Ha firmato diverse canzoni per Nicky Nicolai insieme a Stefano Di Battista e Dario Rosciglione. Per il teatro ha composto le liriche per la commedia musicale Datemi tre caravelle (interpretata da Alessandro Preziosi, con musiche di Stefano Di Battista) e La dodicesima notte di William Shakespeare (per la regia di Armando Pugliese, sulla musica di Ludovico Einaudi). Ha scritto con Tiziana Sensi la versione teatrale del suo romanzo Condominio occidentale, portato in scena da attori vedenti e ipovedenti in importanti teatri romani, e al Festival internazionale Babel Fast di Targoviste (Romania). Lo spettacolo ha ottenuto la medaglia dal Presidente della Repubblica e la menzione speciale per il teatro al “Premio Anima”. Nel 2008 ha pubblicato il suo primo romanzo, Condominio occidentale (Salerno Editrice), selezionato al Festival du Premier Roman de Chambéry e al “Premio Primo Romanzo Città di Cuneo”. Condominio occidentale è diventato un tv movie per Rai 1 con il titolo Una casa nel cuore e con protagonista Cristiana Capotondi (2015). Nel giugno 2009 è uscito il romanzo Il terzo corpo dell’amore (Salerno Editrice) e nel marzo 2012 la sua prima raccolta di poesie Ore venti e trenta (Albeggi edizioni). Per Arkadia Editore ha pubblicato i romanzi Quelli che restano (2014), Go Max Go (2016), L’ora meridiana (2019), La figlia di Shakespeare (2020) e Nessuno sotto il letto (2021).
L’incipit:
Gentile signor Parsi,
sono stata costretta a meditare a lungo sulla nostra breve conversazione telefonica di ieri. Le avrò dato l’impressione di essere seccata per la sua richiesta e un po’ lo ero, non lo nascondo.
La verità è che la mia vita è oramai scandita da regole e riti che celebro senza resistenze e con sfibrata gratitudine. Tributo che si paga volentieri, in un’età in cui potersi un altro giorno alzare dal letto, avere ancora una volta l’opportunità di ammirare le montagne innevate, sedersi con le proprie forze a tavola per la colazione o riuscire a prepararsi all’ennesima partita a carte sono una conquista sul tempo che ci fiata sul viso la fine che incombe.
Ieri, quando mi ha telefonato, stavano per passare la cena. Sentivo fame già da diverse ore e rivendicavo pertanto il diritto di essere sgarbata e frettolosa, con lei. Mi perdoni. Non è nella mia natura.
Che poi, la natura di ciò che siamo, mi lasci dire, la scopriamo proprio in questi penosi momenti di primarie necessità e d’impulsi incontrollati, quando la maschera della buona educazione – se mi permette la metafora, ogni età ha di certo le sue – è come la dentiera ancora immersa nel bicchiere, sul comodino: non ce ne rendiamo conto e sorridiamo, ignari dell’imbarazzo che provochiamo, convinti che la nostra bocca esibisca ancora tutti i suoi denti. Arriva un momento della vita in cui la tirannia del corpo diventa più forte di quella della mente.
Ho dovuto tuttavia ammettere, verso le cinque di questa mattina, quando mi sono svegliata di soprassalto con un senso di panico, che la mia irritazione per la sua telefonata non era scaturita soltanto da uno stomaco vuoto e dal pensiero di un ritardo al mio appuntamento con la torta al cioccolato, che qui passano solo il sabato sera e che per noi è occasione di festa. Mi aveva agitato molto di più, inconsciamente, la proposta di un’intervista, dalla quale non credevo di dovermi ancora difendere, dopo gli innumerevoli dinieghi di questi anni. Anche se credo che i suoi colleghi mi abbiano voluto sempre domandare di lei, per arrivare a parlare di lui, sebbene lo abbia conosciuto più tardi e lo abbia frequentato molto meno.
Stefania Petrelli
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Con L’anno che Bartolo decise di morire – per i tipi di Arkadia Editore – Valentina Di Cesare ci regala un’opera meravigliosa. Un’opera del dolore, della solitudine, della disattenzione.
«Bartolo mio, la fine è una cosa seria, bisogna aspettarsela, è imparentata con il tempo e con la fortuna, ha le ali lunghe che volano veloci e una sfumatura diversa per ognuno, tant’è che non tutti si finisce allo stesso modo. C’è chi finisce divorando, chi divorato, chi sdraiato al sole, chi al freddo senza un tetto sulla testa, ma il rumore della fine credo sia sempre lo stesso, non è che ha un suono differente, non lo credano i furbi, e io di questo sono sicuro perché la morte è l’unico equilibrio di questa recita. Sarà infingarda quanto vogliamo ma non le resta altro per continuare la sua missione».
L’anno che Bartolo decise di morire accaddero moltissime cose. Cambiarono le stagioni, si modificarono le priorità, passarono le giornate. E la vita, che scorre in maniera caotica e frenetica, non permette agli amici di Lucio e di Bartolo di rendersi conto dell’inesorabile precipitare delle situazioni. Nemmeno la spinosa questione di Lucio sarà uno shock addizionale sufficiente per modificare gli sguardi e i pensieri di tutti. Bartolo – gentile, sensibile, affabile, riflessivo e attento – ha tanti amici. Li cerca, li aiuta, ci pensa, eppure non basta. Non basta essere persone meravigliose, non basta porsi domande sulla propria vita e su quelle degli altri per essere capiti, per essere esentati dal dolore. Bartolo scivola inesorabilmente in se stesso e decide, dunque, di morire. La sua stanchezza, i suoi evitamenti, i suoi turbamenti vengono notati solo in maniera superficiale, attribuiti a cause sbagliate, non attenzionati a dovere. È così che la solitudine diventa la mano armata del dolore e uccide. Consuma prima e uccide poi. Senza alcuna pietà. Una storia massacrante narrata con una scrittura lieve. La storia di una vita che passa tentando di lasciare il segno e che, invece, se ne va in silenzio, senza clamore, senza urla che potessero essere udite da alcuno. La malattia silente, che spesso si nasconde dietro i sorrisi più splendenti e la normalità più banale, mieterà più di una vittima nel mondo di Bartolo ma, nonostante questo, la vita continuerà a camminare, a scorrere. L’umanità continuerà a girare intorno al baricentro sbagliato, a valori irrilevanti, a priorità fittizie inglobate nella mente umana attraverso la tremenda catena di montaggio che è diventata la vita umana. Un racconto di grande umanità che dona spunti di profondissima e sacrosanta riflessione, una parabola del male che ognuno di noi dovrebbe cercare di evitare guardando oltre la punta del proprio naso. Bisogna recuperare i valori reali, i sentimenti puri che vanno via via sparendo. Bisogna farlo in fretta. Bisogna farlo prima che sia troppo tardi.
Assolutamente da leggere.
Flora Fusarelli
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Ritornano i protagonisti de “La chimera di Vasari” con una nuova indagine in cui sarà essenziale, come nel precedente romanzo, l’aiuto di Lucia, una sagace e simpatica Intelligenza Artificiale. È fresco di stampa il nuovo romanzo di Mauro Caneschi “Il codice Stradivari” (Arkadia Editore). Il libro – Il ritrovamento a Venezia di una lettera, datata 1943, che contiene misteriosi riferimenti al trittico di un pittore del XIV secolo e al grande Antonio Stradivari innesca fin da subito una vicenda rocambolesca. I fratelli Dario e Marco Mannelli, informati della scoperta da un amico, decidono di partire per la città lagunare in compagnia della loro Intelligenza Artificiale, lucia, pronti a fare luce sull’enigma. E sarà tra calli e ponti che i nostri inizieranno un’indagine serrata sulle tracce dei pannelli smembrati dell’opera di Jacobello del Fiore, custodi di importanti indizi per venire a capo del caso. Venezia, Parigi, Berlino, sono solo alcuni degli scenari in cui si dipana la trama, in un carosello di viaggi, imprevisti e labili tracce, mentre i tre investigatori tenteranno di comprendere quali elementi uniscano un pittore trecentesco a un artista del XVIII secolo, il più famoso liutaio d’Europa. Sulla scia della loro ricerca, però, Dario, Marco e lucia non immaginano neanche lontanamente il vaso di Pandora appena scoperchiato.
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“Forse un altro” non è un libro inquadrabile nei vari generi adesso in voga, perché li sconquassa tutti con la perizia di chi conosce bene la narrazione.
«Immagina di svegliarti di soprassalto in una vettura di seconda mano guidata a folle velocità da uno scontroso sconosciuto lungo una ripida mulattiera.
Non conosci il guidatore, non sai perché sei lì, ignori verso dove sei diretto.
L’unica certezza è che il viaggio rischia di risultare molto breve e assai doloroso».
Forse un altro, uscito per Arkadia, è il primo romanzo di Michele Zatta, dirigente Rai. La vicenda è narrata in prima persona da Mike Raft, che troviamo subito alle prese con un sogno. Chrissie, la donna della sua vita, la persona con cui ha vissuto la relazione che ha dato un senso ai suoi giorni, si è materializzata nel suo appartamento. Il problema è che con Chrissie è ormai finita da un pezzo e se i sogni ci rivelano molto del nostro inconscio, Mike è convinto di non avere molte più chances con lei. Quando la scena svanisce e lui crede di essere rimasto solo, compaiono figure allineate che rappresentano i suoi pensieri. E non sono pensieri rassicuranti: «Ossequi, mio signore, sono il pensiero del tuo fallimento sentimentale. Ti accompagno fedelmente da 9 mesi e 17 giorni, ma già prima albergavo nel tuo animo come paura recondita. Sono il tuo prediletto e infatti non ti separi mai da me neanche quando dormi».
Questo libro non è inquadrabile nei vari generi adesso in voga, perché li sconquassa tutti con la perizia di chi conosce bene la narrazione. Riesce a tenerci col fiato sospeso e non solo per l’atmosfera lynchiana di alcuni passaggi o per lo humor che ricorda Woody Allen, ma soprattutto perché restiamo avvinghiati alle vicende di quest’uomo che decide di porre fine alla sua vita, dopo averne accertato alcuni non-sense. Ma attenzione: questo non è nemmeno un libro sul suicidio, tant’è che appena Mike si butta dal quarto piano, si imbatte nella Vita – e non nella Morte – come sua interlocutrice privilegiata. Una figura particolare, che fuma, lancia occhiate poco cordiali, beve Margarita, prodiga sorrisi e ricorda con una malinconia struggente. Un libro con punte esilaranti, divertente e interessante per tutti, ma utilissimo per chi non sa cogliere l’attimo, chi non sa gioire dei piccoli istanti di felicità, per chi si consuma morendo lentamente. Poi c’è qualcosa di imprevisto, dentro. Una contaminazione con le fiabe che assurge anche a osservazione sociologica, ma mai con fine didascalico. Ogni volta ci che entra dentro l’assurdo, è come se l’autore lo mettesse in riga con la logica dei suoi ragionamenti e la forza della dialettica socratica. Non capisco come mai la genesi di questa storia, in ogni sua forma, sia stata tanto travagliata, come raccontato con simpatia nei ringraziamenti: per me questo libro è pieno di amore, di curiosità, di passione. È un inno alla vita da parte di chi ne accetta le intrinseche contraddizioni, la parte arcana, con la saggia rassegnazione che mai la afferreremo. Scoprirete che il Limbo è pieno di sorprese e che vi aspetta un finale del tutto imprevedibile. Mentre leggevo pensavo alle parole di un autore purtroppo recentemente scomparso, parole che andrebbero scolpite in un tempio, così infatti Cormac Mc Carthy scrisse nel suo capolavoro “La strada”: «La vita è una gran cosa anche quando sembra brutta, dovremmo apprezzarla di più, essere grati. Non so a chi, ma dovremmo essere grati per ciò che abbiamo».
Marilù Oliva
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TORINO – Perdiamo tutti, alla fine. Perdiamo perché vittime di quella ricerca del perfezionismo che droga i nostri tempi. Perdiamo perché invidiamo chi è all’apparenza perfetto, non accettando i nostri limiti o, semplicemente, il nostro essere differenti: non per forza peggiori. Perdiamo perché la trama della vita ci avviluppa come la tela di un ragno e diventiamo incapaci di liberarcene o lo facciamo con violenza, che è sempre sinonimo di sconfitta. Elena Mearini ha scritto un romanzo – “Corpo a corpo”, 112 pagine, 14 euro, arkadia – immerso nella realtà contemporanea, ma che avrebbe avuto eguale sviluppo e significato in una tragedia greca: non a caso, c’è un quasi totale rispetto delle unità aristoteliche di tempo, di luogo e di azione. Il pugilato non è soltanto il pretesto per il titolo o il fondale su cui va in scena l’azione: occupa un ruolo fondamentale, metaforico per quanto riguarda la storia, e tuttavia costanti sono i riferimenti a uno sport che in ambito letterario ha sempre occupato, e ancora oggi occupa, un ruolo molto importante.
La periferia milanese rappresenta il luogo perfetto per ospitare la palestra di Mario, dove Stefano, un tempo pugile semiprofessionista, si rifugia dopo avere assassinato la fidanzata Marta, sorella di Ada, creatura di inarrivabile perfezione, amata da tutti per la grazia e la luminosità che trasmette. C’è un lato oscuro in Ada, che – scopriamo – ha chiesto a Stefano di darle lezioni di boxe, quasi a volersi sporcare, a voler rovinare il quadro ideale costruito negli anni e ammirato da tutti. Ma, soprattutto, Ada decide di uccidersi per ragioni che restano misteriose (d’altronde, non è così per tanti suicidi?). È intensissima la scena del funerale, nella quale Marta si distrae a osservare i presenti e pensa che l’ostia le si attacchi al palato perché «Cristo non è convinto di scendermi in gola, dovrei essere più buona, bella e intelligente per invogliarlo. Ma io non sono Ada. Mi dispiace. Amen. La messa è finita. Invidio chi può andarsene in pace». Fino alla conclusione agghiacciante: «La fortuna stava dalla sua parte e io dovevo accontentarmi di giocare per perdere. Oggi, al cimitero, ho vinto per la prima volta».
Capite dunque che in “Corpo a corpo” a emergere sono i sentimenti più profondi dei quattro protagonisti, quelli di cui talvolta ci vergogniamo ma che ci appartengono non meno degli altri. Stefano, per dire, racconta a Mario l’accaduto leggendogli le parole del diaro di Marta e per lui quella figura di maestro e padre putativo rappresenta una sorta di specchio: «Ho usato male la forza, avrei dovuto tamponare il mio tempo con Marta, togliere a poco a poco quel male che ci stava inzuppando tutti i giorni. Invece no, mi sono messo a strizzare con la violenza dei barbari, ho voluto farlo uscire tutto in un colpo solo. Sono stato feroce con il male e lui si è vendicato. Mi ha fottuto, Mario». D’altronde, come scrive Mearini nell’incipit, «Non è mai il momento giusto, il tempo è tutto un errore. Qualsiasi cosa tu faccia, in qualche modo e per qualche ragione, sbagli». Siamo miseri ruscelli senza fonte, ci ammoniva Battiato. Quanto aveva ragione.
Giovanni Tosco
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Questa settimana le nostre news letterarie si aprono con il nuovo saggio della preziosa collana BookBlock di Eris Edizioni: Decostruzione antiabilista. Percorsi di autoeducazione personale e collettiva di Claudia Maltese e Gresa Fazliu. Un importante contributo per comprendere l’abilismo e decostruirlo ogni giorno. Passiamo ora ad un romanzo thriller, in uscita per La Corte editore, che ci porta nel bel mezzo di intrighi legali: Tunnel di Maria Masella. Sempre per La Corte, ma passando a una vicenda profonda e che cambia la vita, vi presentiamo anche Un senso di te di Eleonora Geria. Nostalgia e lacrime, crescita e legami, il tutto attraverso il filo conduttore dei libri: è Lungomare Nostalgia di Andrea Malabaila in libreria per da Edizioni Spartaco. Ci tuffiamo nella Ferrara del passato con il romanzo di Girolamo de Michele, Lo scacchista del diavolo in uscita per Alegre. Perché in fondo il passato può insegnarci ancora molto sulle dinamiche del presente. Sempre in bilico tra passato e presente, questa volta partendo da Venezia, è anche il nuovo libro in uscita per Arkadia: Il codice Stradivari di Mauro Caneschi. Torniamo ora all’attualità e alla società presentando il nuovo saggio di Jessica Mariana Masucci in libreria per nottetempo: Il fronte psichico. Inchiesta sulla salute mentale degli italiani. Come si intuisce dal titolo, l’autrice indaga salute mentale e le attività e le pratiche sanitarie in vigore al momento. Passiamo ora alla poesia con l’uscita di Il giorno sulla foglia di Gabriella Maleti per Il ramo e la foglia, in cui troviamo il canto per la vita e le creature della terra. Dalla poesia alle graphic novel, con l’attesissima uscita per Atlantide: Ogni cosa è bellissima, e io non ho paura di Yao Xiao, una storia queer profonda e dal successo internazionale. Ci spostiamo invece nelle Filippine con il romanzo, o meglio, con il libro multiforme, in uscita per Utopia: La rivoluzione secondo Raymundo Mata di Gina Apostol. Diario, testimonianza, vicenda storica e critica si mescolano in questo sorprendente romanzo sulle Filippine. E chiudiamo con il grande ritorno di Ali Smith, sempre per Sur, con Coda. Un romanzo di grande empatia, tra favola e realtà.
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L’Assessorato alla Cultura di Monsummano Terme organizza la presentazione del libro “LA SCRITTRICE OBESA” – Arkadia Editore di Marisa Salabelle, ospite del Gruppo di Lettura Il tè delle quattro che si confronterà con l’autrice in un incontro aperto al pubblico giovedì 22 giugno 2023, alle ore 18, nel Parco “David Bowie” di Villa Renatico Martini a Monsummano Terme. La protagonista è una donna sola, scontrosa, posseduta da due passioni: il cibo e la scrittura. Da anni conduce un’esistenza sedentaria scrivendo improbabili romanzi e ingozzandosi di cibo spazzatura. Per molto tempo nessuno si accorge della sua scomparsa, nessuno si preoccupa di cercarla. Ma chi è veramente Susanna? Perché ha deciso di condurre un tipo di vita che la isola dal resto del mondo? Pagina dopo pagina la sua vita si snoda tra vicende drammatiche e situazioni comiche narrate in modo coinvolgente, rivelando un’eroina del tutto particolare. Marisa Salabelle è nata a Cagliari e vive a Pistoia dal 1965. E’ laureata in Storia all’Università di Firenze e ha frequentato il triennio di Studi teologici presso il Seminario vescovile di Firenze. Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola italiana. Suoi articoli e racconti sono apparsi su numerose riviste online e antologie cartacee. Nel 2015 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio “L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu” (Piemme), con cui ha ottenuto significativi riconoscimenti, nel 2019 “L’ultimo dei Santi” (Tarka), nel 2020 “Gli ingranaggi dei ricordi” (Arkadia), nel 2022 “Il ferro da calza” (Tarka). Ma il 2022 è l’anno in cui esce anche la sua ultima fatica letteraria “La scrittore obesa” (Arkadia), candidata al “Premio Campiello”.
In caso di maltempo, l’evento sarà spostato nella Sala “Walter Iozzelli” della Biblioteca “Giuseppe Giusti” in Piazza Martini, 99 a Monsummano Terme.
Per informazioni:
Tel. 0572 959502 – 959500
mail: biblioteca@comune.monsummano-terme.pt.it
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