Tra i comuni scelti per l’iniziativa ci sono anche Enego e Foza con la scrittrice di Civitavecchia Valeria Gargiullo, autrice di “Mai stati innocenti” Enego e Foza sono coinvolti nel progetto curato dalla Regione “i luoghi letterari del Veneto”. Un’iniziativa che mira a raccontare attraverso la letteratura le bellezze nascoste dei borghi del Veneto. Un gruppo di noti scrittori saranno coinvolti in una residenza artistica di una settimana in uno dei comuni interessati dal progetto. Durante il loro soggiorno visiteranno i siti culturali, storici, naturalistici e religiosi dei borghi e vivranno a contatto con la comunità del territorio frequentando le associazioni culturali le aziende agroalimentari e le botteghe artigiane locali. Gli autori in seguito alla residenza produrranno un racconto ambientato nel luogo in cui hanno risieduto e nel quale metteranno in evidenza, secondo le proprie inclinazioni e il proprio stile, quanto hanno visto e conosciuto. Ieri mattina gli scrittori coinvolti nell’iniziativa sono stati accolti a Palazzo Grandi Stazioni, sede regionale del Veneto a Venezia per la conferenza stampa di presentazione del progetto. Ad accoglierli anche il sindaco di Enego, Marco Frison che ha successivamente accompagnato in Altopiano Valeria Gargiullo la scrittrice assegnata ad Enego e Foza. L’autrice Valeria Gargiullo originaria di Civitavecchia ha frequentato il master in tecniche della narrazione della scuola Palomar e attualmente vive a Roma. Con il suo romanzo d’esordio Mai stati innocenti (Salani, 2022) ha vinto il John Fante opera prima. “Questo progetto – ha commentato l’assessore regionale alla Cultura, Cristiano Corazzari –, racchiude due anime distinte ma intrecciate, da un lato la valorizzazione di alcuni tra i più bei borghi che caratterizzano la realtà del Veneto con l’obiettivo di raccontarli per renderli ancora più attrattivi, e dall’altro un nuovo investimento nella letteratura, incentivando una produzione di qualità. Il Veneto è terra di grandi scrittori e nelle loro pagine da sempre il paesaggio è elemento fondante, un protagonista che affianca i personaggi che animano romanzi e racconti. Ma i dati dicono anche che ai veneti piace leggere: è la regione che ha più patti di lettura locali a livello nazionale, infatti dei 728 patti per la lettura in Italia 93 sono in Veneto. La stessa Regione del Veneto ha promosso nel 2022 il Patto Regionale per la lettura. Tra i Comuni veneti 98 hanno ottenuto la qualifica di ‘Città che legge’ dal Centro per il libro e la lettura – Cepell. Il Veneto conta circa 200 gruppi di lettura (ultimo censimento, aprile 2023); circa 2 milioni di accessi all’anno nelle biblioteche di pubblica lettura (dati 2021); 4 milioni di volumi prestati nelle biblioteche di pubblica lettura (dati 2021); le biblioteche di pubblica lettura hanno investito circa 1 milione di euro in promozione della lettura (dati 2021)”. Ricordo anche che si è svolta lo scorso 29 settembre la settima edizione della Maratona di Lettura “Il Veneto legge” che ha superato il record di partecipanti con 1.332 eventi che si sono svolti in tutto il Veneto”. Luoghi Letterari è un format nato in Sardegna nel 2022, consiste nel proporre a sette scrittori provenienti da luoghi differenti delle residenze letterarie di una settimana in alcuni borghi. Dalla loro penna nasceranno racconti che verranno raccolti nel libro Luoghi letterari in Veneto 2023, che sarà pubblicato dalla casa editrice Arkadia.
I comuni coinvolti
I comuni veneti scelti sono Sarmede (Tv), Arquà Petrarca (Pd), Cibiana di Cadore (Bl), Malcesine (Vr), Fratta Polesine (Ro), Noale (Ve) e Foza-Enego (Vi). Gli autori che hanno aderito al progetto sono: Carlo Martigli (andrà a Sarmede), Elisa Guidelli (in arte Eliselle, sarà ospitata a Cibiana di Cadore), Anna Martellato (a Malcesine), Meo Ponte (a Noale), Valeria Gargiullo (a Foza-Enego), Stefania Crepaldi (a Arquà Petrarca) e Daniele Furia (a Fratta Polesine). Il progetto ha già avuto un’ edizione in Sardegna e in Piemonte; per il Veneto è la prima. Si inserisce nelle diverse strategie utili a rivitalizzare i piccoli paesi attraverso azioni culturali, nel duplice intento di favorire un modello di turismo culturale destagionalizzato e aumentare la coesione tra i comuni, uniti in un lavoro che vuole raccontare i piccoli centri attraverso la letteratura.
Simone Turato
Il link alla segnalazione su 7 Comuni Online: https://bitly.ws/WY9j
Rosalia Messina torna in libreria con il romanzo Nulla d’importante tranne i sogni (Arkadia Editore, Collana “Eclypse”) in uscita il 15 settembre scorso dopo cinque anni di stesura. Giudice in pensione e lettrice appassionata, ha pubblicato racconti, romanzi, fiabe, testi teatrali e poesie, ottenendo consensi e riconoscimenti tra i lettori e le giurie di premi letterari. Con questo nuovo romanzo l’autrice racconta il difficile rapporto tra due sorelle e la passione totalizzante della protagonista per la scrittura. Rosamaria Mortillaro, detta Ro, nota scrittrice siciliana, ha infatti un rapporto altalenante e complicato con la sorella Annapaola, detta Nana, dalla quale cerca di farsi perdonare tutto ciò che ha avuto in più dalla sorte. Nana ogni tanto crea le condizioni per un allontanamento e rende difficili le riconciliazioni. Il filo usurato e più volte riannodato finisce per spezzarsi in modo irreparabile a causa di un banale contrasto innescato da Nana, a seguito del quale Ro decide, con dolorosa lucidità, di volersi sottrarre al gioco delle tregue e dei conflitti. Sarà un evento scatenante a dare il via a un percorso singolare e grottesco alla fine del quale emergerà l’autentica natura di Rosamaria. “La personalità della protagonista, Ro, è complessa, ricca di sfaccettature difficili da cogliere se non la si guarda con occhi affettuosi, cioè come l’ho guardata io, man mano che il suo personaggio prendeva corpo e sostanza nelle pagine che andavo scrivendo, e come la guardano gli amici di vecchia data, il nipote Fosco e, soprattutto, la cara amica Anita – ha spiegato la scrittrice. Ro vorrebbe essere all’altezza di un ideale di donna giusta e generosa, vorrebbe essere perdonata ‒ e soprattutto perdonarsi ‒ per essere così tanto più dotata della sorella, Nana, che a sua volta prova per Ro un’invidia che ogni tanto la porta a inscenare un conflitto e ad allontanarsi, lasciando poi a Ro il compito di ricucire lo strappo. È un gioco delle parti che dura, come tutti i meccanismi di questo tipo, fino a quando uno dei partecipanti perde la pazienza e si sottrae al ruolo assegnato (o peggio, autoassegnato), facendo saltare gli equilibri. Un aspetto che ho curato molto – ha aggiunto l’autrice – è l’ambientazione siciliana. La sicilitudine, come mi piace chiamarla, con i profumi, i colori, i sapori, la parlata, il paesaggio, ha un largo spazio in tutte le pagine del romanzo”.
Rosalia Messina ha iniziato a scrivere questo romanzo, al quale tiene molto, nel 2018. Rispetto alla primissima stesura ci sono stati numerosi cambiamenti: parti ampliate, parti soppresse, capitoli aggiunti, diversi editing e pubblicazione di altre opere, ma senza per questo mai dimenticare nel frattempo Ro, Nana e gli altri personaggi.
Rosalia Messina, nata a Palermo nel 1955, giudice in pensione, è autrice della raccolta di racconti Prima dell’alba e subito dopo, (PerroneLab 2010), dei romanzi Più avanti di qualche passo (Città del Sole Edizioni, 2013), Marmellata d’arance (Edizioni Arianna, 2013), finalista al concorso “Una storia per il cinema 2022”, Gli anni d’argento (Algra, 2015) e del libro per bambini Favole a colori (Algra, 2015). Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Morivamo di freddo (Durango 2016); la versione teatrale del romanzo Marmellata d’arance, realizzata insieme alla sorella Anna, ha vinto il premio “L’Artigogolo 2017”, sezione “Drammaturghi esordienti” ed è stato pubblicato nella primavera del 2018, in forma monografica, dalla casa editrice Chipiuneart. Sempre nel 2018, in digitale, ha pubblicato La vera storia del gatto con gli stivali (Oakmond Publishing), rielaborazione della famosa fiaba classica, il testo teatrale Orfeo – Andata e ritorno dal mondo delle ombre (Il Convivio), che ha ricevuto una segnalazione di merito al premio “Antonio Borgese” − sezione teatro – del 2018 e una al Premio “Teatro Aurelio” 2018, oltre che il premio “San Domenichino”, sezione teatro, nel 2019. Nel 2019, inoltre, l’autrice ha pubblicato la silloge poetica Cronache del disamore, (ed. Nulla Die); il breve testo teatrale inedito La madre di Donato (un monologo) ha ricevuto una segnalazione al premio Teatro Aurelio 2020. Ha pubblicato nel 2020 il romanzo La stagione dell’angelo (Chipiuneart), finalista al concorso “Una storia per il cinema 2023”. Lettrice appassionata, collabora con Letteratitudine, Sololibri e 84 Charing Cross. Da pochi giorni è in libreria il romanzo Nulla d’importante tranne i sogni (Arkadia Editore 2023, Collana “Eclypse”, pp. 191, 16,00 euro), nel quale l’autrice racconta la passione totalizzante di Ro per la scrittura e il difficile rapporto che ha con la sorella.
Francesca Ghezzani
Il link alla recensione su Zarabazà: https://bitly.ws/WY8d
Al via il progetto “Luoghi letterari”. Sette autori risiederanno per una settimana in 7 Comuni (uno per ogni provincia): al termine realizzeranno un racconto che confluirà in una raccolta
Gli autori e gli organizzatori di “Luoghi letterari in Veneto”
È Noale il borgo scelto per rappresentare il territorio veneziano nel format “Luoghi letterari”, iniziativa che per i prossimi sette giorni vedrà protagonisti sette scrittori di fama nazionale, ciascuno dei quali dislocato in una delle sette province venete. Una residenza letteraria che vedrà gli autori immergersi in realtà nascoste al turismo di massa e produrre, al termine della permanenza, un racconto che confluirà poi in una raccolta edita da Arkadia Editore.
Luoghi letterari: scrittori e Comuni coinvolti
L’iniziativa, giunta in Veneto dopo il successo delle prime edizioni in Sardegna e Piemonte, è sostenuta da Regione Veneto, ufficio di rappresentanza del Parlamento europeo in Italia, e realizzata in collaborazione con l’associazione culturale Mediterranea. I sette scrittori selezionati sono Carlo Martigli, Elisa Guidelli (in arte Eliselle), Anna Martellato, Meo Ponte, Valeria Gargiullo, Stefania Crepaldi e Daniele Furia. Ognuno degli autori vivrà per un massimo di una settimana nei Comuni di Noale, Sarmede (Treviso), Arquà Petrarca (Padova), Cibiana di Cadore (Belluno), Malcesine (Verona), Fratta Polesine (Rovigo) e Foza-Enego (Vicenza). In particolare, spetterà a Ponte raccontare la città dei Tempesta.
Il progetto nasce con diversi obiettivi, ha spiegato Gianmarco Murru, presidente di Luoghi letterari e dell’associazione culturale Mediterranea, «uno in particolare quello di far conoscere i territori della sconfinata provincia italiana attraverso la letteratura, far nascere la passione per la lettura, far incontrare le amministrazioni dei piccoli paesi tra di loro e creare una rete di “paesi letterari”». Il direttore artistico del progetto, Giulio Pisano, ha seguito gli scrittori per tutto il periodo di residenza letteraria nelle precedenti edizioni, e ha avuto modo di «conoscerli meglio fuori dal loro habitat e conoscere soprattutto i luoghi che sono i veri protagonisti del progetto. La fatica di spostarsi ogni giorno da un borgo all’altro non si sente nemmeno quando si sa che all’arrivo si vedranno persone e luoghi indimenticabili»
«La Regione Veneto sostiene questo progetto che racchiude due anime distinte ma intrecciate – ha commentato l’assessore alla Cultura, Cristiano Corazzari -: da un lato la valorizzazione di borghi che caratterizzano la realtà del Veneto con l’obiettivo di raccontarli attraverso la loro bellezza, storia e tradizioni, e dall’altro, un nuovo investimento nella letteratura, incentivando una produzione di qualità».
La storia del progetto
Luoghi letterari è nato in Sardegna nel 2022, un’avventura che ha messo insieme l’arte dello scrivere con l’accoglienza delle comunità dei piccoli borghi. Sette scrittori, catapultati dalle metropoli italiane in piccoli o piccolissimi paesi della Sardegna sconosciuta. Il risultato è stato il volume, pubblicato da Arkadia, Luoghi Letterari in Sardegna. L’idea alla base del progetto è sviluppare un nuovo modello di turismo culturale e di smart working in tutte le regioni italiane. Un’iniziativa che si inserisce nelle diverse strategie per rivitalizzare i piccoli paesi e combattere il fenomeno dello spopolamento attraverso azioni culturali.
Gianluca Anoè
Il link alla recensione su VeneziaToday: https://bitly.ws/WRZ5
“Nazifascismo” è un termine giusto per definire un’intesa militare e poliziesca, lo è molto meno se usato per considerare le due dittature come un unicum ideologico.
Il nazismo è segnato fin dalle origini dalla questione razziale e particolarmente antisemita; il fascismo nasce su istanze prevalentemente, e strumentalmente, patriottiche e sociali.
C’è, inoltre, un dato che a mio avviso fa riflettere su parte delle differenze.
Il “Mein Kampf”, scritto da Hitler è pubblicato nel 1925, otto anni prima della presa del potere dai nazionalsocialisti che avverrà nel 1933.
“La dottrina del fascismo” è del 1932, nata sotto l’urgenza editoriale dell’Enciclopedia Italiana di pubblicare una voce sul Fascismo; scritta con l’importante intervento di Giovanni Gentile anche se firmata solo da Mussolini,
Cioè, i fascisti prima vanno al potere nel ‘22 e poi dicono chi sono. Dieci anni dopo.
Una gag.
Il nazismo, nel suo delirio, è un’ideologia, il fascismo una linea mentale.
Hitler instaura un regime totalitario, Mussolini uno autoritario, modelli diversi fra loro.
Sia chiaro: l’autoritarismo mai è bonario come alcuni vogliono immaginarlo, non lo è neppure quello chiesastico franchista o salazariano. Dietro incenso e croci spuntano le mani insanguinate di polizie segrete.
Nel caso italiano (ricco di omicidi politici, provocazioni, carcerazioni, l’instaurazione di tribunali speciali) si può notare una particolarità: quell’autoritarismo fu condizionato dalla Monarchia e dal Vaticano forze assenti in Germania.
Forse per queste plurali ragioni non deve sorprendere troppo perché ai nostri giorni alcune organizzazioni estremiste di Destra s’ispirino al nazismo. Perché è un ben organizzato complesso d’idee filosofiche e storiche antiborghesi che valicano anche i confini di storia e tradizioni di una singola nazione, adattandosi a una visione della vita dai caratteri universali.
Il nazismo è interpretato da fanatici estremisti capaci di ogni gesto estremo.
Il fascismo è indossato su corpi panciuti da borghesi nerovestiti intolleranti e prepotenti
Nascono da origini diverse finiscono in modo diverso assai.
Si assiste in una tragica atmosfera alla caduta dei capi nazi che si credono dei, mentre il duce, dopo tonitruanti discorsi, fugge, in Svizzera travestito da soldato tedesco (ve lo immaginate il suo compare Hitler finire così?) portando con sé un bottino di ricchezze sottratte al popolo italiano.
Mi sono soffermato sulla differenza tra fasci e nazi perché meglio, a mio avviso, s’intenda – come dirò fra poco – come sia stato possibile che ingenti energie organizzative e finanziarie siano state spese in Germania dal partito nazista, per imprese oggi favoleggiate al cinema da Indiana Jones. Il tutto per volere dello stesso Hitler, già in gioventù affascinato dal misticismo antiebraico del monaco austriaco Lanz von Liebenfels, fondatore nel 1907 della setta esoterica “Ordine del Nuovo Tempio”
Nel nazismo, infatti, si mosse anche una corrente di pensiero caratterizzata dal misticismo.
Anche qui niente da vedere con la “Mistica fascista” voluta da Nicolò Giani che tra i suoi punti riconosceva come «l’unica fonte della dottrina fascista fosse il pensiero del suo Capo».
Metafisica poca, insomma.
Nel vocabolario storico alla voce “misticismo nazista” invece leggiamo: “Il misticismo nazista è un termine generale per indicare le correnti semireligiose presenti nel nazismo, vere o presunte, che spesso confinano con l’occultismo, l’esoterismo, la criptostoria, il paranormale”.
Questo spiega anche perché tra i gruppi neonazisti ci fu anni fa, specie a Roma, una corrente in cui erano presenti aspetti occultistici e interpretazioni esoteriche del nazismo.
Gli appartenenti venivano chiamati, pure per celia da altri neonazi: “i maghetti”.
Su quelle correnti, poco sotterranee, del Partito nazista la casa editrice Arkadia ha pubblicato un intenso saggio intitolato Nazismo esoterico Il lato oscuro del III Reich. Dal Santo Graal all’Ultima Thule.
Una ben condotta esplorazione della storia, i protagonisti, i miti, gli aspetti esoterici, filosofici e gli enigmi che hanno caratterizzato parte del nazismo.
Ne è autore Mauro Tonino.
Friulano, animatore di circoli culturali. Da ricercatore ha curato, per un’emittente televisiva, un lungo ciclo di approfondimenti storici sulle vicende del confine orientale durante il secondo conflitto mondiale (1943-1945). È coautore de “Il prezzo del lavoro” (2014), e di “Storie spezzate. L’Italia al tempo del coronavirus” (2020).
È presente con vari racconti in diverse antologie.
Dalla presentazione editoriale
«Un saggio dirompente che porta il lettore nel lato più oscuro di un’ideologia che ha sconvolto il mondo. Personaggi, teorie, fatti, vicende, in un racconto avvincente e tumultuoso.
Fin dalle sue origini il Nazismo s’impregnò di misticismo ed esoterismo. I suoi esponenti di spicco, Adolf Hitler, Rudolf Hess, Heinrich Himmler e altri, erano fortemente suggestionati e attratti dall’occulto e dall’alone di mistero che avvolgeva questi argomenti. La tragica esperienza del III Reich non può essere letta solo attraverso gli accadimenti storici principali, ovviamente fondamentali, ma per comprendere che cosa realmente fu il Nazismo va anche tenuto conto di quell’insieme di fenomeni e attività che, per semplificare, possiamo ricomprendere nel termine Misticismo Nazista, che a sua volta racchiude molti elementi, sui quali peraltro si è anche fantasticato molto, come l’occultismo, l’esoterismo stesso, il paranormale, la pseudostoria, il culto della Dea Madre, il richiamo alle antiche mitologie nordiche, la criptoarcheologia, la Teosofia, l’Ariosofia. Questi ambiti, che furono parte integrante dell’esperienza nazista, per il fanatismo degli adepti e il livello dei gerarchi coinvolti, assunsero un carattere quasi religioso».
Armando Adolgiso
Il link alla recensione su Nybramedia: https://bitly.ws/WRUN
“Mi chiamo Emilie, nome ordinario che in germanico significa lavoratrice, ma mi chiamano tutti Milly le petit rat”.
Inizia così il romanzo, La Ragazza dell’Opera, di Adriana Valenti Sabouret, edito da Arkadia Editore.
Con questa breve e concisa frase si apre il sipario sulla vita di Emilie Desmoulins, nome d’arte Milly, il minuscolo “ratto” dell’Opera di Parigi.
Verso la fine dell’Ottocento Parigi respira l’atmosfera incantata della Ville Lumiere in piena modernità.
La protagonista nasce nel quartiere popolare di Pigalle. Sua madre cerca, attraverso lei, la più bella delle sue tre figlie, una sorta di riscatto a una vita di stenti e di umiliazioni. Determinata a inseguire il successo porta Milly, ancora bambina, al Teatro dell’Opera perché possa intraprendere i corsi di danza per diventare una famosa ballerina, ma la sua ambizione non si ferma qui. Lei non aspira soltanto a un futuro di successo per la figlia, ma spera che attraverso quel successo possa esercitare anche e soprattutto l’arte della seduzione, ottenendo così la “protezione” di qualche gentiluomo facoltoso in modo che anche l’intera famiglia possa godere dei benefici.
“Alla mia epoca l’infanzia non era tutelata, la scuola primaria era facoltativa e la maggiore età a livello sessuale era da poco tempo fissata a tredici anni per correggere la precedente e precoce soglia degli undici anni. Tutto ciò che ci accadeva di brutto era in qualche sorta legale o legalizzata.”
Con questo racconto, viene sfatato un mito come quello della danza, mostrata in tutta la sua durezza, delle piccole danzatrici, presentate come “topolini grigi”, dai cosiddetti “gentiluomini” delineati come protettori. Un tema trattato in tutta la sua crudezza, in prossimità tra il mondo della danza e quello della prostituzione: capitava spesso, infatti, che le giovani ragazze, quando non venivano scritturate, finissero a lavorare in un bordello.
Un passato ricostruito con cura, un racconto struggente di bambine che suscitano ammirazione e tenerezza.
Lo sguardo di quella Parigi di fine Ottocento, si concentra su quella spinta elementare che porta ogni essere umano a combattere per riscattarsi dalle proprie sconfitte e frustrazioni: espressioni dei ceti più umili della società. Sono toccanti le rappresentazioni che pittori famosi dell’epoca fanno delle mamme popolane che scortano fiduciose le loro bambine al primo esame.
In uno dei suoi quadri più famosi, “L’attesa”, Edgar Degas, espone in maniera reale tutte le speranze che le famiglie meno abbienti ponevano nell’avere una figlia all’Operà. Piegate su se stesse, mamma e figlia, sono commoventi, schiacciate dall’attesa del verdetto: l’artista, ha colto in maniera straordinaria quel momento, carico di angoscia senza tempo.
“Erano lungi dall’immaginare quanto stanche potessimo essere dopo aver trascorso ore e ore a danzare contorcendoci in orribili ed estenuanti pliès, in prove e spettacoli ricompensati da un pugno di vaghi ed effimeri applausi. Per i galantuomini eravamo sifilidi, sultane, leggiadre farfalle, creature alate, insetti dalle ali dorate che si libravano nell’aria emanando essenze vanigliate e speziate. Fremevano di piacere nell’osservarci.”
Adriana Valenti Sabouret, con il suo stile narrativo ricco di neologismi e di sinestesie che danno colore e fluidità alla narrazione, ci racconta il mondo dell’Opera da un punto di vista insolito, in una delle sfaccettature che pare essere un mondo a sé: separato dalla realtà e forse lo è, ma non nel senso di un mondo ribaltato, per innalzare il rispetto e la dignità femminile: anzi il potere maschile si manifesta con certezza e si acutizza, senza quei limiti, seppur imposti dalle regole sociali.
Si acuisce la distanza socio-economica tra spettatori e ballerine e “istituzionalizza” il corpo femminile, che fa cadere ogni forma di decoro, che mai nella vita reale un aristocratico avrebbe guardato come una bestia rara una sua pari rango. Questo è il mondo che traspare dai capolavori di Degas; in essi si rivela la profonda malinconia che emerge da certe sue danseuses.
Molto ben delineati i profili delle persone più importanti della vita di Milly: dal padre al principe Valerio, da Lord Sanbury, dal direttore del teatro Roche, alla madre; ognuno di essi spunta dalla narrazione come un unicum.
“Academie royale du Musique, Paris, France, 1849”
È la stessa Milly a raccontare in prima persona quel mondo nel quale l’ha catapultata, l’ambizione e l’egoismo di sua madre.
“Noi petits rats eravamo le figlie della miseria, proprio come i gamins des rues, (ragazze di strada), e le altre figure del popolo parigino onesto e industrioso. Sorrisi mesti e innocenza perduta, lavoravamo per non morire, barattando i nostri esili corpi per un tozzo di pane costretti dalla sorte matrigna.”
In questa bambina, sbocciata in una meravigliosa ragazza bionda con gli occhi azzurri, ricca di una grazia e di un’attitudine innata si sviluppa la passione per la danza, accompagnata da un rigore che le fa prendere la sua professione come una missione.
Valerio, il suo grande amore romantico, il principe italiano, bello e sensibile. A lui segue la complicata storia con un lord inglese. Anche se non molto fortunate, queste due storie, si rivelano i cardini sentimentali più importanti della sua vita.
Malgrado le traversie che deve superare nell’arco della sua vita, Milly, si rivela una donna molto forte con una grande carica di vitalità. Capace di far fronte alle avversità, uscendone ogni volta rafforzata; capace di trasformare l’evento negativo in una fonte di apprendimento che le consente di acquisire competenze utili per migliorare la propria vita.
La sua storia è un continuo scendere a patti con la vita, che spesso la lascia nella disperazione ma, ogni volta, si rialza sperando che ci sia ancora una briciola di felicità per lei.
“Il tratto di matita nera attorno agli occhi cominciò a declinare sciogliendosi sul bianco di piombo della palpebra inferiore. Sentivo il fiato caldo del pubblico quasi invisibile, annegato nel buio. Danzavo alla cieca, portata dal demone del ricordo e piangevo.”
La lettera finale è un vero colpo di scena. Densa, profonda, sincera. In essa c’è l’anima e lo sguardo di Milly; sul mondo e su noi stessi.
PRO
Il crollo di un mito, soprattutto di quei “gentiluomini” descritti come protettori.
CONTRO
Alla fine alcuni personaggi si riscattano, ma la storia lascia l’amaro in bocca
Trama
Milly Desmoulins è una splendida creatura che la povertà della famiglia e l’ambizione della madre spingono nelle fauci dell’Opera de Paris per lavorarvi come petit rat. Sottoposta a una disciplina ferrea, patisce la fame, conosce l’ignoranza, subisce l’interesse spesso vizioso di gentiluomini che la mantengono agli studi in cambio dell’innocenza che presto sfiorirà fra le loro mani. La sua vita romanzesca, sullo sfondo di una Parigi ottocentesca, è costellata di aneddoti curiosi sul suo ambiente e di episodi che travolgono Milly senza mai toglierle la linfa vitale che la anima. Due amori, quello del principe italiano Valerio Cedronio e per l’inglese Lord Sutton Bunbury, la salveranno in maniera diversa dall’abisso che avrebbe potuto risucchiarla.
Raffaelina Di Palma
Il link alla recensione su Thriller Storici e Dintorni: https://bitly.ws/WRRP
E’ un libro davvero originale questo, appena edito da Arkadia, di Giovanni Granatelli che ho avuto il piacere di leggere e che ho molto apprezzato perché sfugge a qualunque definizione sin dal titolo che echeggia il gioco che abbiamo fatto tutte/i noi a scuola, nei momenti di pausa, bastava un foglio e una penna e via a chi otteneva più punti scegliendo le parole meno usate., spesso inesistenti o comunque altamente improbabili. E su questa struttura l’autore ci regala tanti brevi capitoli che sono flash di chilometri percorsi, di luoghi visitati, di persone incontrate (con la moglie), di musiche ascoltate, soprattutto di tanta arte che sa descrivere con appassionati e minuziosi dettagli che ha appuntato, nel corso del tempo, su un quaderno (regalatogli dalle figlie) e che ora trovano spazio in questa opera: complimenti! Le note distintive di questo libro sono, secondo chi scrive, la leggerezza, il continuo stupore, l’assenza di giudizio che vengono sempre colorate/i da una delicata ironia: bravo!
Daniela Domenici
Il link alla recensione su Daniela e Dintorni: https://bitly.ws/WMPz
SINOSSI:
Il pittore-copista Cosimo Armagnati riceve la commissione di riprodurre un ritratto di donna conservato nella Galleria di Palermo: per straordinaria coincidenza, questa tela rappresenta per lui il punto di riferimento di tutti i suoi pensieri amorosi, definendosi come l’obiettivo di una lunga ricerca, tutta astratta e interiore, dell’amore assoluto e per questo inattingibile. Il quadro si rivela il punto di convergenza di diversi destini, anche lontanissimi nel tempo, che portano Cosimo a immergersi in una intricata tela di riferimenti storici che hanno a che fare con la pratica della stregoneria, con l’operato della Santa Inquisizione in Sicilia e con il vissuto di alcuni personaggi storici che sono collegati in modo indissolubile al protagonista e a coloro che gli stanno intorno. Un romanzo ricco di suggestioni e di riferimenti che affonda le sue radici in un passato a tratti lontano, a tratti vicino, in cui le esistenze dei personaggi narrati si incrociano dando vita a una storia originale e affascinante.
PAOLO CODAZZI, fiorentino, per alcuni decenni consigliere delegato di un’impresa nel ramo delle costruzioni, si è dedicato fin da giovane al suo amore principale, la scrittura. Appassionato di varie discipline, prima fra tutte la Storia antica, ha fondato nel 1983, con Franco Manescalchi, la storica rivista fiorentina “Stazione di Posta”. Ha ideato e presiede il Premio Letterario Chianti. Ha pubblicato due raccolte di poesie (Il primo viaggio, 1980; L’inventore del semaforo, 1985), i romanzi Come allevare i ragni (Lalli Editore, 1982), Caterina (Amadeus, 1989), Il cane con la cravatta (Mobydick, 1999), Il destino delle nuvole (Mobydick, 2009), La farfalla asimmetrica (Tullio Pironti, 2014), Il pittore di ex voto (Tullio Pironti, 2017), le raccolte di racconti Nei mattatoi comunali (Solfanelli, 1992) e Segreteria del caos (Mobydick, 2002). Con Arkadia Editore ha pubblicato Lo storiografo dei disguidi (2021).
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Venerdì 20 ottobre l’appuntamento è Al Covo con Massimo Cassani.
Torna al Covo della Ladra, l’autore Massimo Cassani e lo fa con il suo nuovo romanzo, “Nonostante le apparenze”, Arkadia editore.
Un romanzo profondo e intenso, fatto di “fantasmi”, ricordi e segreti nascosti.
A presentare la serata Giovanni Zucca.
Prenotazione consigliata scrivendo direttamente al Covo della Ladra:
Whapp: 3487459627
Mail a booskhop@ladradilibri.com
Scopri e ordina il libro con dedica dal nostro sito www.ladradilibri.com
Il link alla segnalazione su Covo della Ladra: https://bitly.ws/WIPw
Esce oggi, venerdì 6 ottobre 2023, il nuovo libro di Giovanni Granatelli: Nomi, cose, musiche e città. Lo pubblica Arkadia Editore nella collana di narrativa SideKar curata da Ivana Peritore, Patrizio Zurru e Mariela Peritore. Giusto tra una settimana, venerdì 13 ottobre alle ore 19.00, avrò l’onore, ma soprattutto il piacere, di presentare il libro insieme all’autore alla Libreria Verso di Milano, in Corso di Porta Ticinese 40. Così Granatelli, nella premessa, presenta i testi che compongono questa raccolta di prose:
“Testi autobiografici ma si spera non egocentrici bensì scritti con gli occhi bene aperti, che trovano la loro ragione innanzitutto nel desiderio dell’autore di conservare e comprendere, illustrare e spiegare, almeno un poco e in primo luogo a se stesso, avvenimenti, circostanze e incontri”.
Saul Stucchi
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