Si avvicina la pausa natalizia, ma prima di lasciarsi andare a brindisi e festeggiamenti, diamo uno sguardo alle news letterarie di questa settimana! E apriamo con la novità firmata Eris Edizioni: Il focolare è una bestia affamata di Angelo Maria Perongini, una favola horror ambientata proprio a Natale. Proseguiamo con un saggio in libreria per Il Saggiatore dedicato a tutti gli amanti dei testi: Piccolo manuale illustrato per cercatori di font, con le illustrazioni di Giacomo Agnello Modica, per capire come e perché scriviamo certe parole. Per Arkadia Editore invece troviamo un romanzo su aspirazioni letterarie e delusioni, tra periferia e città italiana: Il buio delle tre di Vladimir Di Prima. Passiamo invece alla poesia con la silloge (anzi due) di Valerio Carbone, Ordàlia / La disciplina del tempo, edita da Edizioni Efesto. Si parla di madri e femminilità invece con la nuova uscita per Castelvecchi Editore: in libreria Donne che allattano cuccioli di lupo, di Adriana Cavarero. Recuperate anche Il fiore di Farahnaz di Yaprak Oz, in libreria per Edizioni le Assassine, un giallo sullo sfondo di una Turchia instabile. E infine, tra pirati e marinai, tra fuorilegge e idealisti troviamo Sotto il vessillo di re morte. Un mondo alla rovescia di Marcus Rediker, in libreria per Eleuthera.
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A tu per tu con la scrittrice Valeria Ancione, questa settimana a Messina per un firmacopie da Malatino concept store ed un evento speciale in programma oggi al Mondadori Bookstore. L’ispirazione dietro al suo ultimo romanzo “E adesso dormi”
MESSINA. In arrivo in città due eventi legati al libro, uscito lo scorso 3 novembre, “E adesso dormi” , della scrittrice Valeria Ancione. L’autrice, nata a Palermo ma cresciuta a Messina e trasferita a Roma (dove è anche giornalista per il Corriere dello Sport), è in città per incontrare i lettori e firmare il suo nuovo romanzo: oggi, 13 dicembre, dalle ore 17 sarà alla libreria Ciofalo – Mondadori Bookstore di via Consolato del mare; mentre venerdì 15 sarà al Malatino concept store di Ganzirri.
Quello di oggi, però, non sarà un semplice firmacopie. Alle 19, infatti, ad Ancione si affiancherà lo scrittore Mario Falcone per un dialogo che partirà dalla trama del libro per analizzarla e andare oltre, creando un confronto più intimo e particolare, che sia più di una semplice presentazione.
Sin da subito, facendo riferimento alla presentazione di oggi, hai parlato di un evento speciale. In che modo sarà diverso e com’è nata l’idea?
“Ho pensato di fare qualcosa di diverso perché comunque c’è già stata una presentazione a Messina, anche quella molto divertente. All’inizio avevamo addirittura pensato di fare qualcosa che durasse tutta la giornata, tanto io da Viviana (Montalto, libraia del mondadori bookstore ndr) mi sento a casa. Per la mia esperienza, se in libreria ti senti a casa tua, quello è il luogo ideale. Non è un negozio, è casa. Da Ciofalo ci sono tutti i miei libri, credo sia l’unica che vende ancora “La dittatura dell’inverno”, quindi ho la possibilità di firmare anche quelli. Ma la particolarità è che verso le sette subentra Mario (Falcone) e faremo qualcosa di divertente. Faremo “le confessioni”, sarà un momento di apertura.”
Da dove arriva, invece, l’ispirazione per “E adesso dormi”?
“L’ispirazione principale è Francesco, il figlio disabile di una mia amica. Sentivo proprio il bisogno di raccontare una storia in cui inserire questo bambino e la forza che una madre trova per il proprio figlio. Tutto il resto è venuto dopo. Ho complicato le cose aggiungendoci una relazione negativa e un mistero. Quindi ho introdotto la figura di Raffaele, questo marito violento che scompare e viene ritrovato morto.”
Il mistero legato alla sua morte resta fino alla fine del libro, ma attorno a questo si sviluppano tante altre cose.
“Sì. Per tutto il romanzo è come se si arrivasse sempre sul bordo del burrone per poi restare bloccati. Questo bordo diventa la metafora di quello che non si vuole affrontare, per tutti i personaggi. È il punto fino al quale arriviamo a vedere noi stessi, poi ci ritraiamo per non fare i conti con le nostre decisioni. Questo è quello che succede un po’ a tutte e tre le donne di questa storia, ognuna ha il suo ciglio del burrone. La protagonista è Gina, ma anche le altre lo diventano. Anche Mara e Lola hanno le loro storie, hanno dei segreti. Certe volte un cambiamento diventa segreto e ci si porta avanti negli anni una cosa non detta. È una scelta di cui per qualche motivo pensi di doverti vergognare, solo quando la dici scopri che è coraggiosa e si alleggerisce la pesantezza che ti sei portato addosso.”
Si può dire che le protagoniste siano le donne e l’amicizia?
“È un romanzo di donne ma anche di uomini, c’è anche il vicino Oreste, che è come una figura paterna per Gina, e ci sono anche due poliziotti carinissimi e accudenti. Però sì, è soprattutto un romanzo sull’amicizia e alla fine risultano centrali queste tre donne: Gina, l’amica storica e vicina di casa Lola e l’avvocata Mara. In un’amicizia spesso il tre risulta essere un numero imperfetto, perché magari si creano gelosie, ma tra loro è come un cerchio magico, una pluriamicizia.”
Come ti sei preparata per affrontare una tematica importante e delicata come quella della violenza domestica?
“Partendo dalla morte di Raffaele, la violenza domestica non è raccontata in maniera così evidente, questo non vuole essere un libro sulla violenza. Volevo, però, raccontare la parte più sottile e nascosta. Faccio parte di una generazione in cui certa violenza era la normalità, anche se non in casa mia. La violenza, anche se non ci appartiene, comunque ci riguarda. Io lo vedevo tramite altre persone che la subivano dal padre. Infatti Gina viene da una famiglia così, con un padre violento e una madre succube. Pensa di fuggire da questa situazione lasciando la sua casa e il suo paese, l’America, con Raffaele. Invece cade nella stessa padella… che è una cosa purtroppo frequentissima. Gina è così perché il padre la sminuiva, le faceva sentire di non valere niente. Se non vali niente come ti ribelli? Solo quando diventa madre si scatena tutta la sua forza.”
Come mai una protagonista americana?
“Al giornale c’era una donna delle pulizie con cui mi sorridevo sempre. All’inizio ero convinta che fosse calabrese. Un giorno la incontro in bagno, la saluto e mi risponde con un accento strano. Subito le ho chiesto “non è italiana?” e lei mi ha detto di essere americana. Un’americana che fa le pulizie a Roma sembra strano. Allora mi è venuto in mente un discorso sui pregiudizi, che infatti poi ho inserito. Proprio da questo incontro ho preso ispirazione per scrivere l’incontro tra Gina e Mara.”
La figura di Mara è interessante, anche perché arriva dopo rispetto a Lola, ma Gina si fida immediatamente di lei. Il loro è un rapporto nato dai sorrisi di cortesia sul luogo di lavoro e sviluppato velocemente ma naturalmente. È stato difficile da scrivere?
“Mi è venuto naturale proprio perché con questa donna delle pulizie c’era questa cosa tenerissima ma quando ci siamo trovate vicine lei è stata molto timida. Molti rapporti nascono da uno sguardo, da una relazione inesistente, a pelle. Gina vede questa avvocata e le sembra subito una persona meravigliosa, allegra, elegante… quindi per lei era ovvio che sarebbe stata lei la sua avvocata. Poi diventano subito amiche proprio perché è una persona nuova. Con le amicizie vecchie abbiamo già dei codici. Con le amicizie nuove fai tabula rasa, puoi essere “nuova”, non quella che ci si aspetta ma quella che vuoi essere.”
Giorgia Nunnari
Il link all’intervista su LetteraEmme: https://bitly.ws/35PW8
In libreria “Il buio delle tre” del regista siciliano Vladimir Di Prima. Non è un’opera a tinte rosa, e neppure gialle o nere come oramai impone il mercato. Quello di Di Prima è un romanzo-denuncia contro il declino culturale e intellettuale del Paese negli ultimi quarant’anni. Ed è per tale motivo che “Il buio delle tre” (Arkadia editore) sarà uno dei titoli più controversi e scoppiettanti del 2024. L’idea nasce dalla voglia di denunciare lo stato di degrado dell’industria editoriale che non guarda più alla qualità letteraria. Il romanzo è stato scritto da Vladimir durante la pandemia. La vicenda narrata inizia con rimandi all’incidente di Ustica, passando per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, attraversando poi alcuni dei momenti chiave della Storia in riferimento non solo al nostro Paese ma anche all’intero globo (l’elezione di Gorbaciov, la strage di Capaci, il crollo delle torri gemelle, la cattura di Bernando Provenzano, l’attentato al Charlie Hebdo, per citare qualche esempio). Questo pretesto narrativo permette di collocare in successione la vita del protagonista, Pinuccio Badalà, figlio di un sindacalista coinvolto nella strage di Bologna e poi morto qualche anno dopo in seguito a un bizzarro incidente, il quale, a un certo punto sogna di diventare uno scrittore affermato. La legittima ambizione lo porterà, però, a scontrarsi ripetutamente contro tutti quegli ostacoli posti in essere da un sistema refrattario alla meritocrazia e al talento, un sistema descritto minuziosamente nei suoi vizi e nelle sue miserie quotidiane. Ne viene fuori un amaro e grottesco affresco dell’editoria italiana, dei costumi, dei silenzi, financo della rassegnazione che serpeggia come un male oscuro fra i gangli della provincia più remota. Lo stile e la scrittura, elementi che caratterizzano il testo insieme alla costante ironia di fondo, restituiscono grande scorrevolezza alla lettura suscitando contrapposti sentimenti di rabbia ed empatia. Un romanzo insolito e molto coraggioso, in aperta rottura con le mode del momento e che sfida, senza timore di ripercussioni, la decadenza dei tempi.
Vladimir Di Prima
È nato a Catania nel 1977. Dopo la maturità classica si laurea in Legge e successivamente consegue un Master di secondo livello in Criminologia. Da oltre vent’anni fa parte del comitato organizzativo del Premio Brancati. Film-maker indipendente (ha collaborato, fra gli altri, con Lucio Dalla) ha all’attivo diversi riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale. È autore de Le incompiute smorfie (2014), Avaria (2020) e La banda Brancati (2021). Nel 2023 ha realizzato un docufilm con protagonisti Giuseppe Lo Piccolo, Marino Bartoletti e altri importanti attori del palcoscenico nazionale.
Il link alla recensione su Palermomania: https://bitly.ws/35s2J
L’idea nasce dalla voglia di denunciare lo stato di degrado dell’industria editoriale che non guarda più alla qualità letteraria.
È uscito lo scorso 8 dicembre 2023 in libreria il libro dal titolo “Il buio delle tre” del regista siciliano Vladimir Di Prima. Quello di Di Prima è un romanzo-denuncia contro il declino culturale e intellettuale del Paese negli ultimi quarant’anni. L’idea nasce dalla voglia di denunciare lo stato di degrado dell’industria editoriale che non guarda più alla qualità letteraria. Il romanzo è stato scritto da Vladimir durante la pandemia. La vicenda narrata inizia con rimandi all’incidente di Ustica, passando per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, attraversando poi alcuni dei momenti chiave della Storia in riferimento non solo al nostro Paese ma anche all’intero globo (l’elezione di Gorbaciov, la strage di Capaci, il crollo delle torri gemelle, la cattura di Bernando Provenzano, l’attentato al Charlie Hebdo, per citare qualche esempio). Questo pretesto narrativo permette di collocare in successione la vita del protagonista, Pinuccio Badalà, figlio di un sindacalista coinvolto nella strage di Bologna e poi morto qualche anno dopo in seguito a un bizzarro incidente, il quale, a un certo punto sogna di diventare uno scrittore affermato. La legittima ambizione lo porterà, però, a scontrarsi ripetutamente contro tutti quegli ostacoli posti in essere da un sistema refrattario alla meritocrazia e al talento, un sistema descritto minuziosamente nei suoi vizi e nelle sue miserie quotidiane. Ne viene fuori un amaro e grottesco affresco dell’editoria italiana, dei costumi, dei silenzi, financo della rassegnazione che serpeggia come un male oscuro fra i gangli della provincia più remota. Vladimir Di Prima è nato a Catania nel 1977. Dopo la maturità classica si laurea in Legge e successivamente consegue un Master di secondo livello in Criminologia. Da oltre vent’anni fa parte del comitato organizzativo del Premio Brancati.
Film-maker indipendente (ha collaborato, fra gli altri, con Lucio Dalla) ha all’attivo diversi riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale. È autore de Le incompiute smorfie (2014), Avaria (2020) e La banda Brancati (2021). Nel 2023 ha realizzato un docufilm con protagonisti Giuseppe Lo Piccolo, Marino Bartoletti e altri importanti attori del palcoscenico nazionale.
Flavio Sirna
Il link alla recensione su Catania Today: https://bitly.ws/35rYw
Lui è un cinquantenne allampanato che, guardandosi nello specchio, si vede rassomigliare al salice piangente del giardino che gli fa venire ancora i brividi come da piccolo perché gli ricorda l’albero infestato di Poltergeist. Costretto dal ricatto emotivo dell’amore filiale, passa la notte di Ferragosto insieme ai genitori nella casa al mare di Fregene, dove la cosa più glamour che ci sia è la pletora di improperi dei villeggianti incolonnati in auto nel traffico asfissiante dell’Aurelia. L’umidità gli si incolla alla pelle, lo fa insonne. L’altro è un bambino, che ha dei pantaloncini troppo gialli per passare inosservato come vorrebbe, e con i quali, per giunta, correre è impossibile. Ha scritto a caratteri cubitali a Babbo Natale di volere come la cuginetta, con cui goffamente tenta di esplorare il corpo e i suoi misteri, il camper di Barbie, ma l’anziano panciuto di rosso vestito, bianco di barba e di capelli, gli ha portato quello dell’inutile Big Jim, e il desiderio resta irrealizzato, la felicità introvabile come le figurine dell’Atalanta, indispensabili per completare un album di cui non gli importa nulla e del quale conosce solo Cabrini perché piace alla cugina, ma vale tutto, a quell’età, per non sentirsi diverso, escluso, per non essere il bambino di cui i genitori parlano agli zii come problematico, per non sentirsi sbagliato, perché se ti ci sentirai una volta ti ci sentirai per sempre. Lui e l’altro si trovano in quella notte di Ferragosto, festa che non ha nulla di festivo se non una crassa malinconia, o meglio si ritrovano, perché lui è l’altro, e viceversa. Un bambino sbagliato è il nuovo splendido romanzo di Giovanni Lucchese (Arkadia), che commuove, diverte, emoziona: imperdibile.
Gabriele Ottaviani
Il link alla recensione su Convenzionali: https://bitly.ws/37tPq
Un affresco storico potente e originale, che ci racconta i primi anni di uno degli artisti più importanti di tutti i tempi.
Il Caffè Letterario Codroipese ha il piacere di invitare soci ed amici ad una serata speciale per ascoltare la storia della vita di un famoso artista e brindare con un abbraccio d’augurio a tanta futura felicità.
Federica Ravizza dialoga con Alberto Frappa Raunceroy.
Canti del Coro 5 diretto dalla M° Elena Blessano.
Informazioni sull’evento
Giovedì 14 dicembre 2023.
Inizio ore 20.30.
Luogo dell’incontro: Biblioteca Codroipo, Via XXIX Ottobre 3.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.
È gradita la prenotazione
Servizio di Prenotazione
Il servizio di prenotazione è gratuito e se sei Socio del Caffè Letterario Codroipese, avrai i posti migliori.
Per prenotare un posto all’evento si deve dichiarare il nome, cognome, numero di cellulare, e-mail.
Puoi prenotare anche al numero: 335 6645827 signora Gaetana, tutti i giorni dalle 9.00/12.00 – 18.00/20.00.
Il link alla segnalazione su Caffè Letterario Codroipese: https://bitly.ws/35dN4
È uscito l’8 dicembre “Il buio delle tre” del regista siciliano Vladimir Di Prima. Non è un’opera a tinte rosa, e neppure gialle o nere come oramai impone il mercato. Quello di Di Prima è un romanzo-denuncia contro il declino culturale e intellettuale del Paese negli ultimi quarant’anni. Ed è per tale motivo che “Il buio delle tre” (Arkadia editore) sarà uno dei titoli più controversi e scoppiettanti del 2024. L’idea nasce dalla voglia di denunciare lo stato di degrado dell’industria editoriale che non guarda più alla qualità letteraria. Il romanzo è stato scritto da Vladimir durante la pandemia. La vicenda narrata inizia con rimandi all’incidente di Ustica, passando per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, attraversando poi alcuni dei momenti chiave della Storia in riferimento non solo al nostro Paese ma anche all’intero globo (l’elezione di Gorbaciov, la strage di Capaci, il crollo delle torri gemelle, la cattura di Bernando Provenzano, l’attentato al Charlie Hebdo, per citare qualche esempio). Questo pretesto narrativo permette di collocare in successione la vita del protagonista, Pinuccio Badalà, figlio di un sindacalista coinvolto nella strage di Bologna e poi morto qualche anno dopo in seguito a un bizzarro incidente, il quale, a un certo punto sogna di diventare uno scrittore affermato. La legittima ambizione lo porterà, però, a scontrarsi ripetutamente contro tutti quegli ostacoli posti in essere da un sistema refrattario alla meritocrazia e al talento, un sistema descritto minuziosamente nei suoi vizi e nelle sue miserie quotidiane. Ne viene fuori un amaro e grottesco affresco dell’editoria italiana, dei costumi, dei silenzi, financo della rassegnazione che serpeggia come un male oscuro fra i gangli della provincia più remota. Lo stile e la scrittura, elementi che caratterizzano il testo insieme alla costante ironia di fondo, restituiscono grande scorrevolezza alla lettura suscitando contrapposti sentimenti di rabbia ed empatia. Un romanzo insolito e molto coraggioso, in aperta rottura con le mode del momento e che sfida, senza timore di ripercussioni, la decadenza dei tempi.
Il link alla recensione su InfoOggi: https://bitly.ws/35dJ9
Un viaggio nella memoria, nella sensibilità e nella cura delle complesse vite dei personaggi
“Il passato non se ne va così rapidamente come si potrebbe pensare. Diventa friabile come il muro di chi è scomparso senza memoria.”
Il libro
Petare, sobborgo di Caracas, è un quartiere sordido, un luogo in cui le persone che vi abitano lottano quotidianamente con la povertà, la violenza, l’immoralità e lo squallore: è qui che hanno vita le vicende dei protagonisti del romanzo. Helena, George, Henrique “Diego”, Maria, Salvador, Pablo, Luigi, Rodrìguez… le loro storie si incontrano, si scontrano, si intrecciano. Qualcuno di loro in Venezuela dall’Italia ci era arrivato per amore, come Maria, altri in cerca di fortuna, attirati da una terra fertile, ma i sogni vengono infranti da una realtà cruda e spesso disumana. La nostalgia, i ricordi delle proprie origini affiorano in quella quotidiana sopravvivenza, nella quale si è alla continua ricerca di una sottile traccia di tenue bellezza.
“L’inferno visto da lontano ha un suo fascino e una sua bellezza; per chi lo attraversa giorno dopo giorno, tutti gli anni della propria fottuta vita, è un esercizio di sopravvivenza. A Petare si muore giovanissimi e gli anziani che ci vivono diventano santi e reliquie.[…] la parola “morte” a Petare ha un significato strano, qui le cose si mescolano e l’abbandono al destino è l’unica scelta di senso.”
Anche nell’inferno in cui sono relegati, volendo, si può trovare un barlume di speranza, aggrapparsi a qualcosa a cui dedicarsi, curare anime morte, sofferenti, che solo l’amore e la perseveranza possono salvare, dargli una possibilità di ripresa, di riscatto. Qualcosa che purifichi la vita dei nostri personaggi, li aiuti a ricucire le ferite, rendendogli quella dignità violata da una umanità crudele. D’altronde come si fa con le piante: le curiamo dalle radici, gli parliamo, le rinvigoriamo e aspettiamo che crescano, che fioriscano.
“Il mio reparto di rianimazione mi ha insegnato molte cose, soprattutto la pazienza e la determinazione, mi ha insegnato a credere nei miracoli che partono dalla terra e non dal cielo, o, forse, non nei miracoli, ma nel fatto che l’impegno, che non cede mai, trova qualcosa lungo il suo percorso.”
Un romanzo corale, quello che Antonella Presutti ci ha consegnato. L’orchestrazione dell’intera storia ci offre una dinamica che passa lenta dal cupo all’arioso, dall’andante al vivace, il tutto composto con un’armonia tale da rendere il tragico meno doloroso, condito da bagliori di luce e speranza. La scrittura è diretta, incisiva, brutale, quando serve, con pagine di elegante lirismo e suggestione, che “curano” i passi crudeli del racconto. Il rianimatore è un romanzo di speranza, che mette in relazione umanità e natura, trovandone punti d’incontro e assonanze possibili. Il genere umano come il genere vegetale ha bisogo di cura e di attenzione, di ascolto e di dialogo. Una drammaticità esistenziale raccontata con una delicata e immensa sensibilità umana.
Metaforicamente parlando:
“… ci sono anime vegetali sole almeno quanto quelle umane, con la differenza che non hanno la possibilità di chiedere aiuto. Io sento le loro voci, perché le emettono con chiarezza per chi sa ascoltarle. Ogni cosa nel mondo parla, ogni cosa si esprime, anche ciò che sembra inerte, perché nulla è inerte e tutto mantiene memoria di gesti e di storie…”
L’autrice
Antonella Presutti insegna Italiano e Latino nei Licei. Ha scritto alcuni saggi con Simonetta Tassinari: Un processo carbonaro, Il Molise prima del Molise, La miseria della democrazia e un romanzo, Lascia che spunti il mattino americano alla sua seconda edizione. Con Licia Vigliaridi il pamphlet Il fu Mattia Bazar e con Rossella Gianfagna Lettera agli studenti sulla politica. Ha pubblicato i romanzi Stabat Mater e Nevica poco e male. È in fase di stampa un suo nuovo romanzo. Numerosi contributi e saggi sono inseriti in riviste e pubblicazioni specialisti.
Giovanna Ferro
Il link alla recensione su Emozionando: https://bitly.ws/35dHu