“Cantico dell’abisso” su Fattitaliani
Ariase Baretta e il “Cantico dell’abisso”: Lo considero il mio romanzo più profondo. L’intervista
di Maria Caffa – Ha un nucleo biografico, Cantico dell’abisso di Ariase Baretta (appena uscito nella collana Sidekar di Arkadia editore), come altri suo romanzi, in particolare Psicosintesi della forma insetto. La storia dei bambini Davide e Mauro, preda di adulti o adultescenti dalla mentalità deviata, è nata dalla sovrapposizione di fatti realmente accaduti a persone vicine all’autore napoletano, che vive tra Bologna, Napoli e Madrid. La realtà, come sempre nella trasposizione letteraria, appare frammista alla fantasia. Ma con il paradosso, che a ben vedere non è tanto tale, che i fatti riscontrabili o incontrovertibili appaiono ai lettori come quelli più inverosimili. O insostenibili, perché la verità è multiforme, cangiante, a tratti ambigua. Già autore tra gli altri di Litany, Darkene e H dalle sette piaghe, Barretta è anche un apprezzato traduttore, ad esempio per la casa editrice Vallecchi, per la quale ha appena congedato un testo di Gide, Prometeo male incatenato.
Il romanzo esce in piena bufera sul ddl Zan, bloccato nel suo iter parlamentare, non teme le polemiche?
Non voglio neppure pensarci. Ci sono alcuni che addirittura associano il riconoscimento dei diritti per le persone omosessuali, tra cui quello al rispetto e alla tutela dell’incolumità, al dilagare della pedofilia. Ma l’ambito in cui si registra la maggior parte dei casi di abusi sessuali sui minori non è certo il mondo Lgbt. Senza alcun dubbio.
L’editore Arkadia è stato coraggioso nel pubblicarla?
Credo che Arkadia possa essere considerata come una delle case editrici italiane più coraggiose di questi ultimi anni. Nella collana SideKar sono stati pubblicati autori che ho sempre amato molto, come Alessandro Zannoni, Luigi Romolo Carrino e tanti altri. È un onore per me far parte di questa squadra di folli e visionari.
Ogni romanzo ha un target di riferimento, direbbe un esperto di marketing, più semplicemente qual è il pubblico a cui si rivolge?
Idealmente mi rivolgo sempre a tutti, ma sono consapevole del fatto che ogni romanzo ha un proprio lettore ideale. Sinceramente non so ancora quale sia il mio. Mi dispiace molto per i miei editori ma io non sono per nulla bravo con le questioni di marketing e non riuscirei mai a cucire un romanzo su un segmento specifico di lettori.
Come si inserisce questo romanzo nella sua bibliografia?
Lo considero il mio romanzo più profondo. In qualche modo rappresenta un punto di non ritorno. Credo di essermi spinto oltre i miei limiti e l’ho fatto solo per amore: amore verso la verità, verso le persone che per me contano, e che desidero difendere, e verso me stesso.
Ha tradotto su incarico di Polillo Caroline Graham della serie Barnaby e ora il Prometeo male incatenato di Gide per la Vallecchi. Per tradurre bene è meglio essere scrittori o basta conoscere le lingue?
L’ideale è la coesistenza di entrambe le cose. Ad ogni modo, più che nella traduzione io credo nella transcreazione. La letteratura è il frutto di un atto creativo e la traduzione dovrebbe conservarne l’essenza. La formula definitiva non la troveremo mai, ma su un aspetto non ho dubbi: chi legge non deve inciampare negli ingranaggi della traduzione, altrimenti vuol dire che qualcosa non ha funzionato.
Maria Caffa
Il link all’intervista su Fattitaliani: https://bit.ly/2SMUG8C