“Bruciati vivi” su Contorni Noir
Daniela Stallo – Bruciati vivi
“Ho pensato, mentre quelli prendevano i libri con rumore piegandosi sugli zaini abbandonati, che accorciamo il nostro tempo in attesa della morte. Che speriamo finisca presto, e così ci avviciniamo alla fine, e l’anno scolastico è solo un’attesa prima della successiva, attesa che tutto passi, che questo lavoro finisca, che la vecchiaia arrivi presto…” È un noir molto singolare, questo. Uno di quei romanzi che decollano tranquilli, presentandoci una protagonista, Luisa, insegnante di Diritto in una scuola superiore, che a prima vista parrebbe come molti altri. Parrebbe. O forse lo è davvero, come tanti suoi colleghi, e questo è il lato drammatico della storia. La vita di un’insegnante donna, scandita nella sua quotidianità. Chi crede di conoscerla, questa quotidianità, sbaglia, perché non sono le azioni comuni che contano, ma i dettagli, le sfumature. Quello che uno – una, in questo caso – si porta dentro. La vicenda è una sorta di diario di un intero anno scolastico. Per gli addetti ai lavori (ad esempio, chi sta scrivendo questo commento, ex insegnante) è tutto un déja vu: l’ambiente, i colleghi, gli alunni, il lavoro quotidiano. Poi, la programmazione, i Collegi docenti, il dirigente scolastico, perfino i bidelli: ciò che nel suo insieme compone il mondo della scuola. Per una donna, bisogna poi sommare al resto la famiglia, il lavoro domestico, le incombenze extra scolastiche. Questo è, press’a poco, il mondo dell’insegnante Luisa: un marito che gestisce un negozio di ferramenta; un figlio, lontano da casa per scelta; dei genitori a cui fare visita ogni tanto; un’amica con cui confidarsi. Ci sono molte crepe in questa vita. La donna vive una situazione di scontentezza, di stress perenne; nulla la soddisfa, a cominciare dall’insufficiente retribuzione, per un lavoro assai logorante e sottostimato. A scuola si sente poco gradita da alunni e colleghi; soprattutto la vicepreside, Leonella, pare avere una spiccata antipatia nei suoi confronti, accrescendo così i suoi complessi. Le giornate e le sere, a casa, si trascinano stancamente: sempre gli stessi dialoghi col marito, con qualche variante (trapani difettosi invendibili o simili); noiose relazioni su giornate di lavoro sempre uguali; lamentele. Pasti tristissimi, fatti di minestrine al burro o cibi scongelati. Una pulizia e un riordino della casa che rasentano la mania. E poi, ultimo, ma non meno drammatico, il pendolarismo. Questi viaggi mattina e sera che rubano tempo, energie, altre occupazioni, alla vita. E, come contorno, pioggia. Tanta pioggia. Luisa è logorata da queste giornate scandite tristemente: viaggio, scuola, viaggio, casa…e di nuovo il giorno successivo. Alla fine si aspettano solo le vacanze, quelle estive soprattutto, già sapendo che a settembre ricomincerà tutto come prima, all’infinito. Ma la scuola “felice” esiste? Si domanda e domanda agli altri Luisa. L’insoddisfazione sale. I silenzi aumentano, ma “dentro” ribolle una marea di rabbia che rischia di traboccare. Un giorno la donna trova casualmente un pacco di banconote, una cospicua quantità, che le cambierebbero, almeno per un po’, la vita. Pur sapendo chi le ha smarrite, le tiene in un primo momento e infine decide di restituirle, per non essere travolta dai sensi di colpa. Ma questo episodio, apparentemente banale, segna come una svolta nella sua vita già tormentata e la manda in tilt. Dopo qualche tempo di inquietudine, la vita scolastica riprende come prima, ma non per Luisa, che si avvia verso una nevrosi sempre più accentuata e pericolosa. Lascio il finale, con sorpresa, al lettore. Con un linguaggio asciutto ed estremamente efficace, l’autrice ci guida attraverso due percorsi: il mondo della scuola, innanzitutto, che conosce molto bene, e che qui è rappresentato sotto una luce negativa, direttamente proporzionale agli stati d’animo della protagonista. Non è sempre così: la vita dell’insegnante, seppure sottopagata e molto faticosa, riserva tante gioie e soddisfazioni, a chi svolge il suo lavoro con amore e impegno. A chi non si aspetta miracoli. A chi sa accettare le sconfitte e farne stimolo per migliorare. Il secondo percorso è nell’animo e nella nevrosi dell’insegnante Luisa: con frasi brevi e concise, esprime tutto lo scontento, l’amarezza, le delusioni che fanno della sua vita un ripetersi di giornate negative. Anche i rapporti umani sono fallimentari, a tutto tondo: in famiglia, con l’amica, a scuola. Un romanzo amaro, dunque, ma proprio per questo molto toccante. Qui non è il noir la parte cruciale della storia, ma la vicenda personale della donna. Luisa è una vittima, infine, o un carnefice? Una storia che, quando si inizia, si legge tutta d’un fiato: la tristezza che pervade ogni riga entra sottopelle e non abbandona fino all’ultima pagina.
Rosy Volta
Il link alla recensione su Contorni Noir: https://bit.ly/3g3DdlD