Boati di solitudine
Giustizia Giusta
2.12.2010
In occasione di un’altra presentazione del mio libro “Boati di solitudine” scritto con l’amico collega Bruno Furcas e pubblicato da Arkadia editore, abbiamo incontrato i cittadini e l’Assessore alle Politiche Sociali di Quartu S.Elena, la mia città.
I temi trattati sono stati i soliti: carcerazione minorile, disagio sociale e devianza giovanile.
Temi scomodi, poco “battuti” o peggio, affrontati faziosamente a seconda del filone politico o utilitaristico del momento.
Niente di nuovo insomma. Solita assenza totale delle istituzioni direttamente interessate, e dei soliti giornalisti impegnati in temi di gran lunga più commerciali e “vendibili”. Come dire, tutto nella norma.
La partecipazione dei cittadini invece è andata come al solito in controtendenza, dimostrando che evidentemente questi temi catturano ancora l’attenzione di coloro i quali non si vogliono arrendere alla logica dello stereotipo, alla politica del luogo comune tantomeno accontentarsi di visualizzare e commentare l’ennesimo plastico confezionato e trasmesso in tv.
Parlare “realmente” di carcere è difficile. Raccontare che dietro un detenuto non sempre si nasconde un mostro è destabilizzante, alle volte letteralmente inaccettabile.
Quando crollano le mura del pregiudizio, allora si viene inevitabilmente esposti al confronto, al dialogo, alle insidie della comprensione. “Il tuo prossimo è l’altra parte di te, quella dietro al muro. Nella comprensione tutte le mura crolleranno..” recitava Gibran.
E’ davvero di gran lunga più comodo e rassicurante proteggersi dietro idee preconcette e vecchie di millenni piuttosto che scavare fin quando si mette a nudo il problema e lo si riesce a guardare con gli occhi della criticità.
Tantissime le domande formulate dai partecipanti che chiedevano spiegazioni, delucidazioni e chiarificazioni in merito alle mie affermazioni che una carcerazione precoce porta solo a stigmatizzazione e destrutturalizzazione di un minore con una personalità fragile ancora in formazione.
Incontro stimolante e pieno di interrogativi ai quali non sempre è stato possibile fornire una risposta lineare e convincente ma che comunque ha sottolineato una volontà e un sincero intento nel voler capire prima di lasciarsi andare e rendersi vittime dell’etichettamento preventivo.
Si è ragionato sui motivi, sulle opportunità e sulle possibili strategie politiche per affrontare in maniera costruttiva il problema delle carceri. La discussione si è infiammata quando si è ragionato sul fatto che spesso è più semplice costruire nuove carceri piuttosto che potenziare i servizi e le strutture che fanno prevenzione nel territorio. Una società che taglia le spese sui servizi sociali e investe solo sulla repressione è una società destinata a non risolvere il problema ma a strumentalizzarlo. C’è una volontà populistica nell’interessarsi sempre degli effetti del crimine e mai seriamente delle sue cause.
Nel ricordare che la pena ai tempi del “carcere morale” è stata sinonimo di “redenzione” piuttosto che di “reinserimento sociale”, la platea si è letteralmente divisa. Anche Lombroso e Ferri con i loro studi di sociologia e antropologia criminale hanno incontrato tra i partecipanti dubbi e approvazione.
Dopo il sessantotto il carcere è stato “politicizzato” e vien difficile non accorgersi che oggi la logica è quella di insinuare la paura nel cittadino per sostenere chissà quale disegno utilitaristico. Un illustre studioso dell’argomento disse che “si tratta di alimentare insicurezza per governare con la paura”.
Ancora la discussione ha sfiorato temi importantissimi e delicati come il reale ruolo delle guardie e l’importante funzione che dovrebbero svolgere all’interno di un IPM; Sono stati affrontati i contenuti della Gozzini, si è parlato della legge svuota carceri e per finire si è discusso della sindrome da prigionizzazione e dei limiti delle Istituzioni Totali.
L’incontro ha scatenato quello che già immaginavo: dubbi, perplessità, dissensi, critiche e una serie di discussioni anche contrapposte ma sempre costruttive e utilissime per riaprire il confronto su un tema che oramai pare sepolto, rimosso e quasi inesistente.
Comunque tutti d’accordo sul fatto che i media hanno una responsabilità enorme sulla corretta e onesta gestione di queste problematiche.
E’ stato un altro incontro positivo e soddisfacente che lascia l’amaro in bocca per la solite “assenze ingiustificate”.
Il tour di presentazioni prosegue e sono diversi gli inviti da parte di Amministrazioni Comunali incuriosite dal vociare che pian piano sta generando questa piccola testimonianza. Un libro che da voce a pochi sfortunati ma che riveste un’importanza molto maggiore se valutata in termini di “riapertura del dialogo”
Un romanzo che mi sta dando la preziosa occasione di incontrare e discutere con persone e opinioni più disparate, un esperienza scritta che si muove tra grandi “sconfitte” e piccole soddisfazioni ma che comunque ha superato positivamente la mia più grande paura; quella che la sua lettura alimentasse ancora l’indifferenza.