“La vincita” su L’Unione Sarda
L’Unione Sarda
8 febbraio 2018
Il romanzo. Con “La vincita” lo scrittore nuorese Omar Onnis si interroga sulla Sardegna
L’ineluttabilità delle esistenze della famiglia Carroni
« Il camposanto era un fortilizio, sulla rupe. A guardarlo così, dall’esterno, non si capiva bene se servisse a tenere i morti dentro o i vivi fuori. Asfalto, pietra e cemento. Qualche cima di cipresso, oltre le mura. All’esterno, sotto l’altura su cui era ubicato, la vallata. Di fronte, sull’altro versante, biancheggiava su un cocuzzolo, come un nido di rapaci, il borgo di Orune». C’è l’eco del “Giorno del giudizio” di Salvatore Satta nell’incipit del romanzo “La vincita” (pp. 229, euro 16) di Omar Onnis, storico nuorese, attualmente residente a Trento.
In libreria con Arkadia, ricorre a quel riferimento letterario – è lecito intendere – non solo per rivendicare l’ascendenza culturale. La contiguità tra i vivi e i morti, la «demoniaca tristezza» del paesaggio e l’evocazione di un funerale – sicuro richiamo al modello che non può rinnegare chi voglia raccontare Nuoro – , sono procedimenti retorici utili a creare straniamento nel lettore e quindi a stimolare la riflessione. Le auto e il carro funebre attraversano il parcheggio del cimitero, in attesa dell’interro di Giuseppe Arca, noto Malasorte, «padrone di cose e di uomini». Apparente anacronismo, i motori portano la scena ai giorni nostri. Destrutturare schemi abusati e stereotipi, introdurre il dibattito sull’attualità della Sardegna e i suoi rapporti con l’esterno e ancora porre la questione dello sguardo che l’Isola ha su sé stessa e sul mondo, sono obiettivi dell’autore. L’analisi storica e politica – a cui Onnis ha dedicato i saggi “Tutto quello che sai sulla Sardegna è falso” e “La Sardegna e i Sardi nel tempo” – è base su cui s’innesta la finzione.
Protagonista della storia è la famiglia di Graziano Carroni, dipendente del printzipale a cui nell’incipit della vicenda si rende l’estremo saluto. Detentore del potere – vincolo allo sviluppo e al progresso, anche delle coscienze -, Malasorte è fantasma pronto a rigenerarsi in meccanismi ottusi e ineluttabili. Nemmeno il caso (la vincita inattesa a una lotteria istantanea) sembra farli saltare. Il dibattito è vibrante nella dialettica tra i tre figli di Graziano e di sua moglie Lucia: Andrea che ha lasciato l’Università di Edimburgo e, nell’imminente campagna elettorale, sostiene la volontà di carrierismo politico dell’amico Gianluca. Massimiliano, che è stato testimone dei fatti di Genova, si fa interprete di ideali e ansia di cambiamento. Sogna una Sardegna indipendente e socialista. Giovanna, infine, che ha voltato le spalle all’Isola, terra dannata a inseguire la speranza.