Paola Musa con Go Max Go su Senzaudio.it
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12 aprile 2016
Paola Musa. Go Max Go
Vengo da un periodo in cui almeno 4 dei libri che ho letto avevano a che fare con la musica. In particolar modo con il Jazz. Non so di preciso definire il motivo per cui il Jazz e la letteratura si attraggano in maniera così forte e animalesca, presumo però che si possa dire che il Jazz ha una sua storia di genio e sregolatezza, di successo e autodistruzione. “Go Max go” di Paola Musa non si discosta da questi possibili binomi, ma invece di essere un lavoro di finzione totale si accosta al Jazz romanzando la biografia di uno dei più grandi sassofonisti italiani: Massimo Urbani. Urbani è morto nel 1993, a quanto pare, per un overdose. A quel tempo io il Jazz non sapevo nemmeno dove stesse di casa, credo piuttosto di aver tolto elasticità ai miei timpani con delle canzoni che nemmeno chi le ha scritte e cantate le reputa degne di essere ascoltate. Questo per dire che non conoscevo Urbani e mi sono dovuto andare a guardare le sue foto, ascoltare qualche sua performance. Tutto questo per dare una tridimensionalità a questo libro che si suo, ha già parecchie dimensioni. Ho capito subito che avrei divorato questo libro. Anche se, ammettiamolo, ci rendiamo perfettamente conto che stiamo per leggere la storia di una parabola e che quindi, per quanto la salita ci renda felici, la discesa che sta dietro l’angolo ci inquieta. Veniamo a conoscere Massimo da bambino, un bambino che brucia dalla smania di suonare, che vive per la musica e che arde. Tutto ciò che arde prima o poi si spegne. Lo seguiamo nei primi passi della sua carriera, fino alla consacrazione. E ciò che vediamo è sempre una certa inquietudine. Troppo sensibile per calcare questa terra. Troppo feeling e di troppo feeling si muore. Quello di Paola Musa è un libro coinvolgente ed è, secondo me, scritto da una persona che coglie tutta la tenerezza del personaggio Urbani. La scrittrice lo accompagna e sembra volerlo proteggere da una fine che, se ne rende conto lei per prima, è inevitabile. E’ lo sguardo di una compagna, si una sorella, di una madre, uno sguardo malinconico. Questo è un libro che consiglierei agli appassionati di musica, ma anche a tutti quelli che amano semplicemente una buona narrazione. Questa volta però rischierete di affezionarvi ad un personaggio, chiedervi cosa avreste potuto fare voi per salvarlo e poi ascoltare la sua musica come se fosse un’eredità arrivata da voi con un po’ di ritardo.