“I giardini di Leverkusen” su L’Unione Sarda

E Antero Congera scoprì a 15 anni la vita di sacrifici del padre emigrato

Arrogante, permaloso, sensibile, scettico. Antero Congéra si porta dietro il pacchetto completo in Germania quell’estate del ’72, quando decide di partire per Leverkusen, per lavorare assieme a suo padre in una fabbrica. La vita da emigrato è dura, soprattutto se hai 15 anni e li dimostra tutti nel proprio vortice di emozioni, dubbi e labili certezze. A raccontare questa sempre attuale realtà, tra il dramma e la commedia, è il cagliaritano Ilario Carta, nel suo “I giardini di Leverkusen”. Antero sale a fatica le scalette della Tirrenia, lasciandosi alla spalle le palme perfettamente allineate del porto di Cagliari, i palazzi ottocenteschi di via Roma, e il caldo sole che dà il benvenuto all’estate mediterranea. Da quel momento comincia un tumultuoso viaggio che scuoterà la su coscienza, sfatando miti e creandone di nuovi. «Sino ad allora avevo conosciuto un’altra Germania, filtrata dalle parole di babbo. E invece stavo scoprendo che potevano esserci due universi paralleli: quello dei tedeschi, fatto di villette e macchine lussuose; l’altro, sordido e fatiscente, costruito per gli emigrati come mio padre, fatto di magazzini con il tetto di lamiera, letti a castello tenuti con il fil di ferro e materassi senza lenzuola». Cosa rimane alla fine di un viaggio? Si ricomincia o si riprende dal punto in cui ci si era fermati? Antero capirà che fare solo quando rimetterà piede sulla sua terra. Perché «le radici non ti abbandonano mai, ti cercano e ti costringono a scegliere».

(Giulia Zuddas)


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