“Spiritus Templi” su Aula Blog
Aula Blog
13 giugno 2014
Certo recensire positivamente, come intendo fare, un romanzo storico sui templari è dura, qualcuno potrebbe dire: “ancora un romanzo storico sui templari, basta!” Potrei rispondere che sarebbe come affermare di un giallo “ancora assassini e investigatori, basta!” o di un fantasy “ancora maghi, eroi e cavalieri, basta!”. Ma non farò così, risponderò invece con le parole di un tale Giuseppe Verdi, famoso perché il suo volto stava sulle mille lire, il quale sosteneva che compito dell’arte fosse non copiare il vero ma inventare il vero.
Spiritus Templi di Paolo Negro è in primo luogo una storia che inventa una verità sui templari in particolare e su un momento emblematico della storia e della cultura medioevale in generale. I tanti personaggi si muovono nella Francia dei primi del XIV secolo, tra ardue dispute filosofiche e teologiche, intrighi della corte di Filippo il bello, giochi di potere, la costruzione della cattedrale di Notre Dame di Parigi, tradizioni misteriche ed esoteriche oscure, morti misteriose; al centro dell’intreccio un enigma e la ricerca della sua soluzione da parte del protagonista, Goffredo De Lor, e del suo compagno Edmund.
Ciò che differenzia il romanzo di Paolo Negro dalla maggior parte dei romanzi dello stesso genere è appunto, la capacità di inventare il vero, la tessitura della storia non ricalca un’immagine del medioevo grossolanamente ricalcata da un modello trito e frutto di un copia e incolla storiografico, né affastella confusamente elementi dal sapore di un finto medioevo di cartapesta, ma si riallaccia in maniera puntuale alle vicissitudini e agli eventi della vita e della cultura medioevale che sono inseriti al momento giusto e nel punto giusto della trama. Così i riferimenti alle dispute tra la tradizione allegorico – semiotica della scolastica occidentale in cui si riconosce Goffredo e quella della nuova scienza penetrata nell’occidente latino tramite la mediazione araba, a cui si rifà Edmund, sono precise e non sono fini a se stesse, ma funzionali alla strategia narrativa e al percorso verso la verità dei due personaggi. La stessa cosa vale per gli altri elementi storici, il processo ai templari; le lotte di potere tra mercanti, banchieri e Filippo il bello. Il risultato è una narrazione scorrevole in cui, come diceva un tal Baldassarre “lo sforzo che la produce deve essere celato” e questo è forse il maggior pregio del romanzo, un intreccio di storie che scorrono fluidamente, di pagina in pagina, verso lo sbocco finale, senza forzature e con naturalezza.
All’ottima qualità della scrittura si accompagna una suggestiva ipotesi narrativa sulla quale si regge l’intreccio e che concerne le basi stesse della verità cristiana su cui il medioevo aveva costruito le sue cattedrali di idee e la sua concezione della vita. Sarà proprio la ricerca di questa verità a costituire la meta del percorso dei protagonisti e per trovare la verità dovranno spogliarsi di molte delle credenze e convinzioni più care alla christianitas medioevale, spogliarsi della propria identità e conquistare una nuova verità che sarà il punto di partenza di una nuova ricerca, perché la ricerca, come il raccontare, non hanno mai fine. Nell’invito a mantenere sempre aperta la possibilità del falso, della parzialità e caducità delle proprie convinzioni, sta la verità che in questo romanzo viene suggerita al lettore.