Vino, sangue e passione…
Vino, sangue e passione
L’Unione Sarda
20 ottobre 2012
È un paese di ombre e strade strette, Pagubene. Ma dalle sue terre nasce il vino più buono dei dintorni, un nettare degno di finire sull’altare di don Sebadda. Il vino è sacro, diceva Minniu a Mallena, prima e dopo i loro incontri d’amore. È un romanzo scandito dalla stagioni del calendario agricolo, Il sangue di Cristo, firmato da Michele Pio Ledda per i tipi di Arkadia. A settembre, tempo di vendemmia, Domanico Senes, vignaiolo provetto, viene trovato morto in cantina con un filo di ferro intorno al collo. Era bello, Minniu, e ricco, un possidente che lavorava come un bracciante e in segreto, ma non tanto, coltivava oltre i filari una passione infuocata per sua cugina Mallena. Donna bellissima, coraggiosa, libera. E perciò pericolosa.
Sul delitto indagano, vanamente, i carabinieri e il giovane sostituto procuratore venuto da Conegliano Veneto, un magistrato nervoso che quella lingua stretta dei sardi del Marghine neanche la capisce. Buio sul movente, buio sui possibili esecutori. Neppure il testamento del de cuius, letto con gravità professionale dal notaio Cuccu, chiarisce il come e il perché dell’assassinio. Ipotizzano e commentano, durante le loro partite di mariglia, il maresciallo e il veterinario, il prete e il medico condotto. Nessuno meglio di loro conosce la gente del posto, mai a Pagubene si è verificato un fatto di sangue così inspiegabile. Era benvoluto, il defunto, e pure generoso.
Nonostante ceda a un eccesso di similitudini e digressioni, Michele Pio Ledda conduce la sua narrazione con abile ritmo e penna sicura. Fa uso, moderato, di parole in dialetto per meglio far entrare il lettore nei pensieri e negli usi di una comunità – né buona né cattiva – che si incontra nei tzilleris e nella chiesa di Sant’Elena ed è sorpresa, in piena Quaresima, dalla notizia di altri due decessi misteriosi. I cadaveri sono privi di ferite, di tracce di strangolamento, di fori da arma da fuoco. Mezzo paese convocato in caserma e nessun risultato che porti a un’accusa e a un processo. Solo nell’ultima parte del libro, l’autore scioglie l’enigma di una vicenda incentrata sul fascino fatale di Mallena Senes e sul sapore fruttato dell’Arvisionadu, mirabile vitigno doc vanto di pagubene. Il vino, infatti, è corpo e anima nelle pagine di Michele Pio Ledda e liquido protagonista di una trama priva di folclorismi.
(Alessandra Menesini)